IL DOMINIO DELLA LINGUA Seamus Heaney a cura di Giovanni Pillonca Il dominio della lingua è la prima delle T.S. Eliot Memoria/ Lectures tenute da Seamus Heaney (Castledawson 1939; vedi in "Linea d'Ombra", n. 42 sue poesie e un'intervista con C. de Petris) all'Università di Kent nel 1986. È la conferenza che dà il titolo al libro ove sono raccolte, insieme con interventi vari, articoli, recensioni, anche le altre tre conferenze del ciclo, dedicate rispettivamente a W.H. Auden, Robert Lowell e Sylvia Plath. È questo il secondo volume di saggi del grande poeta del- [' Ulster. Mentre nel primo (Preoccupations, 1980) Heaney aveva rivolto la sua attenzione soprattutto a scrittori e problemi irlandesi, qui egli si confronta con altre tradizioni, altre esperienze storiche. Questa ricognizione, lungi dall'allontanare il poeta dalle sue "preoccupazioni" primarie, gli consentirà di focalizzarle meglio attraverso il raffronto. In questa raccolta, infatti, Heaney riprende e sviluppa i temi principali che da almeno un quindicennio caratterizzano non solo la sua attività critica, ma soprattutto la sua produzione poetica e che trovano il loro nucleo genetico nel tormentato ambito delle responsabilità etiche dello scrittore di fronte alle sofferenze e alle ingiustizie patite dalla comunità di appartenenza - quella cattolica del Nord Irlanda -e dinanzi alle richieste che quella stessa comunità avanza e che il poeta non può sempre far proprie, pena la rinuncia alla propria autonomia e integrità artistica. È, questa, una riflessione che quasi tutti ipoeti nord-irlandesi hanno intrapreso con l'esplodere della crisi dell'Ulster nei primi anni Settanta. A quell'epoca, Heaney ha già pubblicato tre raccolte: Death of a Naturalist ( 1966), Door into the Dark( 1969) e Wintering Out ( 1972). Lo straordinario risultato dello scompiglio e del rovello di quegli anni sarà uno dei libri più importanti del poeta, North, pubblicato nel 1975. Non si trattava di una risposta diretta agli eventi, ma, come ha sostenuto ilpoeta in più di un'occasione, di una riflessione sull'energia che stava dietro agli eventi. In questo libro, la violenza della attualità è trasposta, per essere indagata, in un passato preistorico che ha da poco cominciato a cedere i suoi inquietanti documenti, i corpi di vittime sacrificali che le torbiere hanno conservato nei secoli e che ora restituiscono nella loro commovente integrità. Attraverso quei "documenti", quel passato, prima nebuloso, oscuro, ottiene di diritto accesso nel mondo della storia. Heaney sembra, per un momento, accogliere l'idea di Yeats secondo cui ogni civiltà, e l'arte in primo luogo, hanno origine nella violenza o sono da essa toccate. Ad un esame più attento, risulta tuttavia evidente la distanza che separa _lavisione di Heaney non solo dal convincimento di Yeats, ma da tutte le violenze che la poesia è costretta a registrare. Nella poesia di Heaney, quei corpi assumono il valore di un icastico correlativo oggettivo nel processo di rappresentazione di una difficile condizione esistenziale. Quei corpi costituiscono un punto di partenza per sviluppare un "nuovo livello di consapevolezza" difronte a quello che appare come un conflitto insolubile. Un'occasione per ripensare la questione della liceità stessa del canto in presenza del dolore e la funzione dell'arte in una società divisa. 38 L'approdo della meditazione di Heaney è indicato chiaramente nelle pagine che seguono, straordinaria dichiarazione di poetica ove sono delineati in modo esemplare il ruolo del poeta e lafunzione dell'arte. In un excursus che va da Dante a Elizabeth Bishop, Heaney affronta il mistero della poesia illustrandone il carattere visionario, istintivo, assolutamente necessario, di forza che si autogiustifica e non ammette controlli. Deter111ilw1lle,in questo processo di chiarificazione, è stato per Heaney il contatto con l'esperienza e l'opera dei poeti dell'Europa orientale. Egli trova, infatti, i suoi consanguinei più prossimi tra i poeti russi degli anni Venti e Trenta - Mandel 'stame Pasternak soprattutto -e quelli polacchi del secondo dopoguerra - Czeslaw Milosz e Zbigniew Herbert, in particolare - scrittori, come quelli irlandesi sottoposti a tensioni e lacerazioni, per i quali il rapporto arte-vita trov(! la sua definizione nel contrasto e nel conflitto: un rapporto liberato di colpo, per la drammaticità delle condizioni in cui il poeta è costretto ad operare e a testimoniare, dalle incrostazioni retoriche che il trattino tra i due termini immancabilmente evoca. (G. P.) · La poesia di T.S. Eliot e i libri su T.S. Eliot hanno costituito esperienze ugualmente formative per la mia generazione.Uno dei libri che mi colpì in modo particolare quando lo lessi la prima volta negli anni Sessanta fu The New Poetic, del poeta e critico neozelandese C.K. Stead. Il titolo rimandava a quel movimento, critico e creativo, avviato alla fine del secolo scorso in opposizione alla poesia discorsiva, che, secondo Stead, aveva raggiunto il suo culmine in Inghilterra, nel 1922, con la pubblicazione della Terra desolata. Stead si prefiggeva, tra l'altro, di mostrare la completa frattura operata da Eliot rispetto a quei poeti, allora di moda, che il poeta russo Osip Mandel'stam, coetaneo di Eliot, avrebbe definito "fornitori di banalità", decorosi commentatori in versi di temi e argomenti che avrebbero potuto benissimo essere trattati in prosa. La terra desolata, secondo l'interpretazione di Stead, rappresenta l'affermazione di una poesia di immagini, composita ed evocativa; di ispirazione; una poesia che si scrive da sola. Rappresenta una sconfitta della volontà, l'emergere dell'irrefutabile, del simbolicamente fulgido, dalle profondità del subconscio. La
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