Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

ILCONTESTO siero finora trascurate, derivanti dal repubblicanesimo classico e dalla prima teologia protestante, che non hanno mai coltivato alcuna illusione sulla scarsa importanza della virtù civica. Quanto più arriviamo ad apprezzare "i patti che un tempo univano gli individui, che li sostenevano, li guidavano e li rendevano partecipi di una visione della vita", tanto più avremo bisogno di cercare maestri fra i filosofi che hanno capito che la democrazia deve avere scopi più im!)Qrtantidell'interesse personale, dell"'apertura" e della tolleranza. Non è in gioco solo la sopravvivenza della democrazia. Questo basterebbe per dare nuova urgenza ai problemi che persone come Isaac sono sempre stati liete di evitare, malgrado il loro aperto interesse per i "problemi della democrazia". Ma il problema più importante, naturalmente, è se la democrazia meriti di sopravvivere. Malgrado tutte le sue intrinseche attrattive, la democrazia non è in sé un fine. Deve essere giudicata a seconda della sua capacità di produrre beni superiori, opere d'arte e di cultura superiori, un tipo di carattere superiore. "La democrazia non sarà mai esente da critiche", scrisse Walt Whitman in Democratic Vistas, "finché non troverà e non svilupperà appieno le proprie forme di arte", il proprio "carattere religioso e morale", le "personalità perfette" che renderanno "il nostro mondo occidentale una nazione superiore a qualunque altra". La prova della democrazia, secondo Whitrnan, consisteva nella sua capacità di produrre un "aggregato di eroi, caratteri, imprese, sofferenze, fortune o disgrazie, glorie o tragedie, comuni a tutti, tipiche di tutti". Per Isaace quelli come lui,pacifici accademici che si crogiolano nell'ideale della mentalità aperta (anche se questa si dimostra una mentalità vuota), questo discorso di eroi, imprese, glorie e tragedie è automaticamente sospetto - addirittura temibile. L'invito a forme di eroismo "comuni a tutti" sembra minacciare il pricipio la "pluralità degli impegni etici" di cui parla Isaac, che la democrazia è obbligata a difendere. In assenza di modelli comuni, però, la tolleranza diventa indifferenza e il pluralismo culturale degenera in uno spettacolo anestetico in cui le strane usanze dei nostri vicini sono assaporate con il gusto dell'esteta, ma i nostri vicini in quanto persone non sono mai sottoposti ad alcun tipo di giudizio. La sospensione del giudizio etico, secondo la concezione corrente di pluralismo, rende impossibile parlare di "impegni etici" tout court. L'apprezzamento estetico è il massimo a cui si può aspirare secondo la definizione corrente di diversità culturale. Le domande per cui non è possibile dare "una sola risposta giusta", secondo Isaac, si rivelano essere le domande sullo stile di vita. "Come devo vestirmi? Cosa devo mangiare? Chi devo sposare? Come devo vivere? Con chi devo associarmi?" In questo contesto anche la domanda più importante- "come devo vivere?" - diventa una questione di gusti, di preferenze o di idiosincrasie personali, nel migliore dei casi di identità religiosa o etnica. Ma la domanda, correttamente intesa, ci obbliga a parlare di virtù impersonali come la forza d'animo, l'operosità, il coraggio morale, l'onestà e il rispetto per gli avversari. Se crediamo in queste cose, inoltre, dobbiamo essere pronti a consigliarle a tutti, come precondizioni morali peruna vita buona. Riferire tutto a una "pluralità di impegni etici" significa che non chiediamo niente a nessuno e non riconosciamo a nessuno il diritto di chiederci niente. La sospensione del giudizio ci condanna logicamente alla solitudine. Se non siamo pronti a farci delle richieste a vicenda, possiamo godere solo delle forme più rudimentali di vita in comune. Anche se non riusciamo ametterci d'accordo sulla definizione di vita buona - e si potrebbe sostenere che non abbiamo ancora fatto nessuno sforzo serio in questo senso - possiamo però accordarci su modelli minimi di operosità, cultura e competenza generale. Senza di ciò, non abbiamo elementi su cui basare il nostro rispetto per gli altri e richiedere il loro. Dei modelli comuni Hans Blumenberg La legittimità dell'età moderna Un'analisi dei percorsi che hanno portato, dal medioevo ad oggi, all'affermarsi del concetto di modernità come categoria esistenziale. Una panoramica approfondita e affascinante del tentativo da parte dell'uomo di trovare, attraverso una ragione "secolarizzata", un senso al proprio essere al di fuori di ogni motivazione trascendente. A. Heller - F. Fehér La condizione politica postmoderna Indagini e interventi sul concetto di postmodernità, inteso come spazio-tempo delineato da coloro che abbiano problemi o quesiti da porre alla modernità. Dall'etica del cittadino alle forme di moralità della politica, dalla giustizia sociale al ruolo dei movimenti culturali, un itinerario attraverso le emergenze del dibattito contemporaneo. Paolo Branca Voci dell'Islam moderno Le testimonianze dei più significativi protagonisti del pensiero arabo-musulmano degli ultimi due secoli, precedute da un ampio e illuminante inquadramento di Paolo Branca. Uno strumento per capire il mondo islamico, diviso tra rinnovamento e tradizione, e le tensioni che lo agitano. A. Giolo - B. Salvarani I cattolici sono tutti uguali? Una mappa dettagliata dei movimenti, delle associazioni e dei gruppi nell'arcipelago cattolico. Un contributo critico interdisciplinare, decisivo per cogliere le attuali dinamiche della Chiesa italiana. Giancarlo De Carlo Progetti per il porto vecchio I progetti elaborati dagli allievi della scuola di architettura di Giancarlo De Carlo per il risanamento e la valorizzazione del porto vecchio di Genova: un insieme coerente di elaborazioni pensate per restituire alla città uno dei complessi monumentali più ricchi del Mediterraneo. Francesca Brezzi A partire dal gioco li rapporto tra gioco e sacro in un saggio che, recuperando la linea di pensiero ludico da Eraclito a Heidegger, propone nuove possibilità d'interpretazione sul tema del libero arbitrio e della gratuità. Prefazione di Paul Ricoeur. Iter Un nuovo numero della rivista di sociologia interamente dedicato alla Rete di Leoluca Orlando. Un'analisi, all'interno del complesso fenomeno del localismo politico, che riflette le questioni irrisolte nell'Italia della crisi dei partiti. 23

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