Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

proprietà non è affatto scomparsa nelle economie industriali e c'è perfino qualche ragione di sperare (come hanno sostenuto Piore e Sabei nella loro analisi della produzione post-fordista) che essa diventerà sempre più importante man mano che quelle economie superano la fase della produzione di massa.L'idea che la produzione su piccola scala sia "profondamente anacronistica" è anacronistica a sua volta; essa appartiene alla mentalità convenzionale del recente passato. Coloro che si vantano di affrontare coraggiosamente la moderna condizione di esilio, come Isaac, sembra spesso che siano gli ultimi a prestare ascolto ai cambiamenti sociali ed economici che stanno rendendo obsolete le definizioni convenzionali di modernità. Non solo il declino della produzione di massa (che viene sostituita da una produzione flessibile per mercati specializzati), ma la crisi di stati nazionali troppo grandi e la nascita di movimenti per l'autonomia regionale indicano che la tendenza storica non è più diretta verso la centralizzazione economica e politica. Le ultime notizie da quella che un tempo era l'Unione Sovietica non lasciano dubbi sul destino delle strutture centralizzate di tutti i tipi. Il collasso di queste strutture comporta dei pericoli, ma non quelli che lsaac ha in mente quando mi accusa di nostalgia per un ideale "profondamente anacronistico" di localismo e controllo decentralizzato. Ma Ilparadiso in terra parla del futuro solo in maniera indiretta e discontinua; il suo argomento principale è il passato. Non nego che sia anche "un'opera di critica politica" e che debba essere giudicata di conseguenza. Ma in questo caso la critica politica nasce dalle interpretazioni storiche, che devono essere comprese nei termini loro propri prima di poter incominciare una corretta valutazione politica. Il problema da me sollevato non è se sarebbe una buona idea tornare a un'economia precedente al mercato, ma che cosa è stato detto della democrazia quando è diventato evidente, nella seconda metà del secolo scorso, che la piccola proprietà stava scomparendo. Era possibile conservare, in forma diversa, le virtù IL CONTESTO un tempo associate con la proprietà, in condizioni economiche che sembravano rendere la proprietà indifendibile? Ho ricordato ai miei lettori che la democrazia un tempo era stata legata, sia in teoria che in pratica, a un'ampia diffusione della proprietà privata. Prima della Guerra Civile si riteneva comunemente, anche da parte di persone con opinioni politiche divergenti, che la democrazia non potesse svilupparsi in un paese di mercenari. L'emergere di una classe permanente di salariati, dopo la guerra, rappresentò uno sviluppo profondamente problematico, che metteva in difficoltà i commentatori della politica americana molto più profondamente di quanto ci eravamo accorti. I movimenti agrari che raggiunsero il loro culmine con il Partito del Popolo non erano soli nel tentativo di preservare laproduzione su piccola scala attraverso lecooperative di commercio. Anche liberali comeE. L. Godkin, influente direttore di "Nation" e dell'"Evening Post" di New York, sostennero i movimenti cooperativi fino a quando si resero conto che il loro successo dipendeva dal modo in cui il governo regolava il credito e le banche. Nei primi anni del XXsecolo, inEuropa, il sindacalismo e il socialismo corporativo proposero soluzioni audaci e originali (benché in fondo irrealizzabili) al problema del lavoro salariato, in un'epoca in cui i social-democratici capitolavano di fronte alla "logica della storia" - il movimento ritenuto inesorabile verso la centralizzazione e la corrispondente riduzione del cittadino a consumatore. Perfino negli Stati Uniti, dove non si è mai sviluppato un forte movimento sindacale, i problemi sollevati dai sindacalisti suscitarono unbuon numero di riflessioni durante l'epoca cosiddetta progressista. Il pensiero progressista era vivace e suggestivo proprio perché in gran parte si opponeva alle ortodossie politiche associate all'idea di progresso. Numerosi progressisti importanti rifiutavano di accettare che una delle conseguenze del progresso fosse la divisione della società in una classe colta e in una classe lavoratrice. Disoccupati Usa (foto Feanny/Saba/Rea/Contrasto) 21

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