Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

IL CONTISTO familiare ai poveri. È vero che la burocratizzazione dello stato del benessere è moralmente alienante e politicamente dispendiosa. Ma, specialmente di fronte ai danni del mercato capitalistico che Lasch stesso esamina, è possibile negare che l'istituzione di questi diritti sociali rappresenti un progresso?Nell'ultima pagina del libro, Lasch ammette che il populismo "ha prodotto molto poco in termini di teoria economica o politica - il che è la sua debolezza maggiore". Ma da questa osservazione egli non trae la necessaria conclusione - cioè che l'idea di una società di piccoli proprietari liberi e indipendenti è profondamente anacronistica, per quanti pregi possa aver avuto in passato. L'etica del produttore basata sul duro lavoro e sul senso di responsabilità può avere ancora un senso, ma nell'economia globale di oggi, per promuovere la libertà, deve essere inserita in un sistema di regole economiche e di diritti assistenziali. Lasch sembra restio a fare tali concessioni alla realtà contemporanea. Nel suo resoconto non esiste ambivalenza, né viene affrontato il problema del necessario rapporto fra 1 limiti del liberalismo e del socialismo moderni e i loro fondamentali successi. Il segnale più esplicito di questo fatto nel libro è la mancanza di attenzione al problema della democrazia. Non che il libro debba essere letto come una critica delle politiche democratiche. Ma sembra senza importanza il fatto che molti degli scrittori da cui Lasch ha tratto ispirazione, in particolare Emerson e Carlyle, sono difficilmente citati per la loro sensibilità democratica. Dopo un'analisi dettagliata delle critiche progressiste alla società di massa, Lasch liquida in sole due pagine Il pubblico e i suoi problemi di John Dewey, uno dei più importanti testi teorici sulla democrazia del nostro secolo. Ancor più fastidioso è il modo in cui Lasch affronta Georges Sorel. Sfidando una serie di critiche che di solito vengono mosse a Sorel, Lasch scrive: "Anche il suo disprezzo per la democrazia parlamentare deve essere eliminato dalla lista delle imputazioni contro Sorel, a meno che non si dimostri che la democrazia incarna un tipo di comportamento che spinge all'elevazione morale". Ecco la debolezza fondamentale del discorso di Lasch in quanto discorso di critica politica. Pensa davvero che la democrazia, se non si dimostra che essa incarna un tipo di comportamento elevato, meriti di essere disprezzata? Questo non è chiaro, ma ciò che è chiaro è che per Lasch, come per Sorel, la democrazia è sintomatica dei fallimenti della modernitàperlascarsaimportanzacheessadàallasolidarietàeall'impegno morale. La democrazia universalizza, omologa, include, tollera. Ma è difficile considerare questi caratteri debolezze della democrazia, dato ciò che sappiamo del mondo moderno. Io sosterrei invece che l'apertura e la tolleranza della democrazia sono la sua grande forza e la rendono la forma di governo adatta alla modernità. Con gran dispiacere del populismo neocalvinista, una delle caratteristiche della modernità è l'impossibilità di basare la nostra cultura politica su una cosmologia onnicomprensiva di trovare una concezione della vita "che spinge all'elevazione morale". Pensatori diversi come Miche! Walzer e Ji.irgenHabermas hanno insistito sul fatto che la modernità è caratterizzata non solo da un disincanto nei confronti dell'universo, ma da una corrispondente pluralità di impegni morali. Come devo vestirmi? Cosa devo mangiare? Chi devo sposare? Come devo vivere? Con chi devo associarmi? Se abbandoniamo l'idea ingenua che sia possibile dare aqueste domande-un' unica risposta derivata da Dio, dalla Storia o dalla Natura, dobbiamo ammettere che vi sono più possibili risposte che dipendono dalla particolare eredità culturale con cui ciascuno si identifica. I cattolici daranno risposte diverse dai protestanti; i musulmani dagli ebrei; gli eterosessuali dai gay; i neri dai bianchi ... Il grande pregio della democrazia è che essa fornisce un contesto legale per dialogare e negoziare in vista dell'interesse comune. Da questo punto di vista l'ideale della democrazia incarna davvero "un tipo di comportamento che spinge all'elevazione morale" - quello dell'intelligenza critica e dell'apertura alla diversità. Ji.irgenHabermas ha espresso enfaticamente questo concetto: "Sotto lo sguardo instancabilmente moralizzatore di coloro che partecipano al discorso, questa totalità [di impegni etici particolaristici] ha perduto il suo carattere di accettazione ingenua e il potere normativo dei fatti si è indebolito. Istituzioni familiari possono essere trasformate in altrettanti esempi di giustizia problematica". Questo "sguardo moralizzatore" del discorso democratico, consentendo che diverse prospettive etiche entrino in contatto fra loro, incoraggia la tolleranza e il rispetto della diversità. Vedendo come gli altri attribuiscono i valori diversamente da noi, giungiamo ad apprezzare la contingenza dei nostri valori particolari. Da un lato questo ci permette di apprezzare meglio questi valori proprio perché sono nostri specifici, e sono nostri perché 18 scegliamo di accettarli come tali anziché ascriverli al mistero della natura. Dall'altro una consapevolezza della contingenza di tutti i valori li problematizza e non lascia nulla immune dalla questione della giustizia. Così, da ebreo, nato nella tradizione ebraica e allevato come ebreo in un ambiente secolarizzato e multi-culturale, in cui ho scelto di identificarmi come ebreo, le mie idee su come vivere saranno diverse da quelle della maggior parte dei protestanti. In una moderna democrazia mi è possibile apprezzare la contingenza della mia identità ebraica e apprezzarla tanto più in quanto rispetto l'esistenza di altre identità etniche e religiose ugualmente contingenti. Il secolarismo e l'universalismo della democrazia lasciano prosperare le tradizioni particolari, ma pongono loro dei limiti in campo penale e civile, proibendo certe forme di violenza fisica e permettendo procedure come il divorzio civile e la mobilità geografica. E la libertà democratica di associazione, permettendoci di identificarci con tutte le comunità esistenti, ci permette anche di fondare i nostri stili di vita e le nostre comunità alternative. Non c'è nulla nell'etica democratica che ci chieda di vivere tutti _nellostesso modo. Ma c'è un impegno al rispetto reciproco e alla partecipazione a un mondo comune più vasto che rende l'isolamento difficile, se non impossibile. Idealmente, noi potremmo imparare a rispettare le nostre differenze e a unirci con forza in quanto cittadini per costruire forme più ampie di identità collettiva. Poiché siamo tutti membri di molte comunità sovrapposte e poiché siamo tutti cittadini di uno stesso mondo, la formazione dell'identità e l'impegno etico in una moderna democrazia pluralistica sono questioni molto complesse. Sembriamo privi della sicurezza e della convinzione etica cl).enascono solo dall'abitare un universo morale chiuso; in questo mondo spietato facciamo fatica a trovare un rifugio ed è impossibile ritrovarci tutti nello 'stesso. Ma è difficile immaginare un'alternativa, data la diversità di culture, religioni e società che caratterizza il mondo moderno. Lasch non è inconsapevole di ciò. Ma il suo libro curiosamente lascia sempre queste considerazioni ai margini. Egli afferma quindi nella Prefazione: "Non intendo minimizzare la piccineria e il provincialismo culturale della piccola borghesia; né negare che esso abbia prodotto il razzismo, il nativismo, l'anti-intellettualismo e tutti gli altri mali tanto spesso citati dai critici liberali". Una simile avvertenza è ripresa solo nell'ultima pagina del libro. Ma in mezzo questo sgradevole aspetto del "populismo" non viene preso in considerazione, né lo sono le virtù della moderna teoria e pratica democratica nel sostenere ciò che io definisco una politica più razionale e accettabile. Da questo punto di vista il tono sfrontatamente protestante e maschile del libro è ingannevole, perché ci fa quasi dimenticare che profondi antagonismi etnici, razziali e di genere definiscono il nostro paesaggio culturale e che qualsiasi pensiero sociale deve affrontarli direttamente. Paradossalmente, proprio mentre rimprovera alla moderna teoria politica la sua presunta "assunzione di uniformità", Lasch non riconosce che solo la democrazia moderna si è dimostrata adeguata alle concrete differenze umane a cui egli fa riferimento. Alla base della mia critica al libro sta un argomento ancor più centrale, che riguarda il genere stesso della critica populista di Lasch. Lasch scrive che "il senso del limite [è] il filo unitario della seguente trattazione". La grande forza del libro è in effetti nel modo in cui tratta questo tema, invocando con intelligenza figure diverse come Thomas Carlyle eAbraham Lincoln per sottolineare il carattere tragico e provvisorio della condizione umana. Ma Lasch ignora che quello del limite non è l'unico tema che possiamo individuare. Malgrado si basi su scrittori il cui provato scetticismo non può essere considerato altro che moderno, il libro sviluppa una concezione particolarmente limitata di limite, legata alla prop1ietàpiccoloborghese, allo stretto rapporto con la terra e con i cicli della natura, e dal carattere apertamente religioso. Lasch emblematizza questo carattere citando Martin Luther King: "Noi sbagliamo profondamente a pensare che la religione ci protegga dal dolore e dalle sofferenze della vita mortale. La vita non è un seguito di piaceri puri e di gioie senza problemi ... Per essere cristiani, bisogna accettare la propria croce", e dichiarandosi d'accordo con l'affermazione di King a proposito deJla "bontà di un mondo pieno di difficoltà immeritate". In questo caso mi sembra che Lasch confonda due idee molto diverse fra loro. Una è la convinzione che tutto ciò che è umano sia limitato, finito e mortale, e che non sia mai possibile avere una fiducia totale nei nostri progetti e nelle nostre aspirazioni. L'altra è la convinzione che la nostra condizione sia non solo inevitabile, ma anche giusta, essendo in accordo con qualche proprietà misteriosa dell'universo che non possiamo capire e

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