Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

POESIA/KIRSCH propaganda politica per essere concretamente ed essenzi~lmente politica. Quello di "soggetto politico" o di "interessi politici" è un concetto elastico. Io non ho mai fatto politica militante, né in un partito né tantomeno nel movimento delle donne, ma cerco di produrre arte che abbia a che fare con la gente ed è mia convinzione che ogni persona è anche, ma non solo un soggetto politico. Nella poesia scritta a Wiepersdorf il politico è lì, tra le righe: " ...quan1o scriviamo ai re. A quelli del cuore e a quelli dello Stato". E chiaro che non si tratta solo dell'amato, bensì che rivolgendosi a Bettina s'intende anche rivolgersi al proprio re, al Presidente della Repubblica o al Presidente del Consiglio con cui si vorrebbe parlare, a cui si dovrebbe scrivere. Bettina ha scritto al re. I re ci sono familiari da sempre, sin dalle fiabe. E il re è sempre colui che comanda: re è una parola dietro cui ognuno di noi può immaginare chi meglio crede. Per chi è cresciuto nella RDT il privato e il politico sono strettamente collegati. Lo stesso avviene nelle mie poesie. Prendiamo per esempio Volevo uccidere il mio re: lì c'è il re di cuori, qui quello dello Stato e così via. Forse dipende dal fatto che nella RDT ci si è sempre sentiti molto coinvolti, si è sempre voluto fare qualcosa per lo Stato. In Occidente è diverso. Qui alla gente, dello Stato non gliene importa molto. Un uccello selvaggio Sciorinato nel vento e ancora ignaro Veleggia nell'aria. Vede te Col suo occhio sud, me con l'occhio nord? Come siamo stracciati, e integri Solo nella testa dell'uccello. Non sono affatto scontenta della mia biografia, tanto a lungo legata alla RDT. Sono straordinariamente contenta di esservi cresciuta e di non essermi trovata per caso in un'altra zona della Germania nel 1945. Nella RDT ho avuto la possibilità di sviluppare una coscienza di classe e un incredibile senso della giustizia e del!' ingiustizia, opportunità che altrove non avrei magari avuto. Ma naturalmente sono stata delusa, perché quello Stato non si è sviluppato così come io avrei voluto: una grande occasione andata perduta. Nella RFT non mi sento affatto in esilio: qui non sono all'estero, ho solo traslocato. Si parla la stessa lingua e poi per me non è difficile entrare in un'altra mentalità. Io mi considero uria scrittrice di lingua tedesca, nient'altro. La RDT è un po' come la casa dei genitori, una casa un po' rigida, a cui si è affezionati, ma ... Sono nata nel 1935 e quando scoppiò la guerra ero ancora una bambina. L'8 aprile 1945, poco prima che arrivassero gli americani, Halberstadt fu distrutta per l' 85% da un terribile bombardamento. Dopo la guerra per i bambini era una pacchia. Stringemmo subito amicizia con i soldati americani che ci regalavano cioccolata mentre le ragazze flirtavano un po'. Poi un bel giorno ci dissero: bambini, lavatevi le mani, arrivano i russi. Allora furono i soldati russi a montare la guardia. Poi si ricominciò ad andare a scuola. Ognuno dovette procurarsi il banco e la sedia, e non c'erano né quaderni né libri. Nella mia scuola - avevo circa dodici anni allora - fu fondata la prima sezione dei Pionieri. Fui la prima nella mia classe ad andare in giro con un fazzoletto blu attorno al collo. Era bellissimo. Si facevano passeggiate, si 92 giocava tutti insieme in una grande villa circondata da un giardino, si organizzavano spettacoli teatrali. Durante le vacanze si facevano delle gite, poi si scrivevano articoli sui viaggi fatti. Ricordo benissimo quel che scrissi su un dazebao nel centro della città: "Se tutti i bambini del mondo fossero amici, non ci sarebbero più guerre". Sono stata molto fortunata, sono cresciuta relativamente libera e senza costrizioni. Mio padre era un operaio, lavorò prima da un orologiaio, poi come meccanico specializzato. Non era quasi mai in casa e quindi io ero sempre sola con mia madre, una meraviglia! Con la mamma facevo passeggiate anche di 16 km al giorno; la sera potevo restare alzata fino a tardi e durante il giorno giocare inmezzo alla strada con gli altri bambini. Poi più tardi entrai nella FDJ, l'organizzazione giovanile del partito e scrissi dazebao con slogan a caratteri cubitali: "Se la teoria colpisce le masse diventa violenza materiale". Dieci anni più tardi era molto eterogenea: figli di avvocati, di medici e così via, ma anche figli di operai come me. Le classi allora venivano letteralmente riempite di figli di operai, il rapporto era di uno su due. C'è solo una cosa del periodo dello stalinismo che mi è sempre sembrata assai divertente: quando ci si sedeva al tavolo della presidenza, si lasciava una sedia vuota, così Stalin era per così dire presente ... Era davvero buffo, ma eravamo abituati così. Poi quando andai all'Università mi resi conto che fino a quel momento avevo vissuto secondo regole imposte. Me ne accorsi quando conobbi gente nei guai per motivi politici: all'università se la base voleva prendere qualche iniziativa, le conseguenze potevano essere fatali. Fu allora che toccai per la prima volta con mano certe cose. E fu allora che lessi Bloch. Una bella utopia, la sua. Ma non si riuscirà mai a giungere a tanto. Dovrebbe funzionare tutto senza partito, senza niente, e non credo che gli uomini ce la facciano a vivere senza il potere. L'uomo che va sempre oltre, che si mette continuamente in discussione - tutto ciò è meraviglioso, ma ci riuscirà mai? Benché in Occidente la democrazia sia sempre qualcosa di discutibile, ciò nonostante qui non si è verificata quella sclerosi che si è avuta nei Paesi dell'Est. Nella RDT alla fine non avrei più potuto scrivere, mi sentivo come paralizzata. Non ho intenzione però di morire di nostalgia. Non sono un'emigrante, non sono una dissidente. Me ne sono andata di mia spontanea volontà. Dapprima a Berlino Ovest, perché questa è una città che somiglia molto a Berlino-capitale-della-RDT. La gente si somiglia, i cortili delle case mi sono familiari, la metropolitana va su e giù per la città, ma tutto questo sembra molto superficiale. Mi mancano solo un paio di amici. Nostalgia non ne ho, solo del Meclemburgo. Ma la speranza vuole danzare. ... Ora si legge e si sente ovunque parlare della soave, civile rivoluzione di novembre - la prima su suolo tedesco. Ma questa è una credenza impalpabile come una farfalla. Quando sento parlare di rivoluzione e vedo che la gente crede di averla già in pugno, il mio cuore sussulta e batto i denti dalla paura. Penso a tutto quello che succederà, prima'che possa dirsi compiuta, la bella rivoluzione. Naturalmente mi chiedo se su questo pianeta si sia mai avuta una rivoluzione compiuta, se mai ciò possa accadere. Interrogo quanto ho appreso da Fratello Marx, da Sorella Rosa, le sublimi e grandiose idee che abbiamo veduto risplendere. Non dimentichiamo che questo è solo l'inizio! E mentre ancora ci occupiamo della rivoluzione, ancora nel bel mezzo della gioia,

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==