Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

STORIE/FAGUNDES TELLES Come un corpo solo i due erano caduti sul divano e per un a~timo, un brevissimo attimo, gli indovinai quella stessa espress10neferoce con la quale egli galoppava afferrato alla criniera del cavallo, ansante e teso verso la dirittura finale. Ricordo che furono dei giorni di calore atroce, quelli che precedettero la tempesta. Giorni di ansietà, di attesa. Zia Olivia portava il negligé bianco, scioglieva i capelli e si stendeva sull'amaca, facendosi vento con la ventarola. A volte portava anche le ciliege che si sparpagliavano sul collo impolverato di talco. Spesso, una ciliegia scivolava nel solco dei seni e spariva in fondo alla scollatura. - Soffro tanto, con questo calore ... Madrina cercava di farle coraggio. Non era ancora riuscita a trovare i suoi occhiali ed era stata costretta ad abbandonare il filet per un lavoro a maglia. - Quando pioverà, Olivia, quando pioverà vedrai come farà fresco. Le nubi si.stanno addensando, la pioggia è ormai vicina. E sarà terribile, ho solo paura che il bambino non faccia in tempo a ripararsi. Che strano bambino, non è vero Olivia? Così indocile, non pai_:laquasi mai, sempre con quel sorrisino di disprezzo ... - E colpa dell'età, cara. È colpa dell'età. Lo difendeva sempre. Al contrario, egli la attaccava implacabilmente ogni volta che si parlava di lei. "È troppo affettata, non sopporto la gente così affettata. E come recita! Sembra che stia tutto il giorno su un palcoscenico!" Io replicavo furiosamente, ma in fondo, proprio in fondo, lo facevo perché egli continuasse ad attaccarla. - Somiglia tanto a suo padre; anche Romeu, con la sua stessa passione per i cavalli- brontolò Madrina dipanando una matassa di lana. Zia Olivia sorrise reticente, osservando con curiosità il proprio piede che pendeva dal bordo dell'amaca. - Cavalca molto bene. È un cavaliere perfetto. Quando venne sera, caddero le prime gocce di pioggia, ma la tempesta si faceva ancora attendere, facendo sì che la cena si svolgesse in un'atmosfera soffocante e densa. Col pretesto del1'emicrania, zia Olivia era rimasta in camera sua. Marcello, più silenzioso che mai, non toccò cibo. - Vado a leggere un poco - avvertì quando ci alzammo da tavola. Andai in salotto con Madrina. Scoppiò un fulmine, molto vicino: fu come il segnale perché la casa rimanesse completamente allo ~curo, mentre finalmente iniziava il temporale. - E saltata una valvola - gemette Madrina. - Vai bambina, vai in fretta a cercare le candele, ma prima portane un paio in camera di zia Olivia. E i fiammiferi, non dimenticarti dei fiammiferi! Salii la scala. L'oscurità era così vischiosa e umida che se io avessi steso la mano l'avrei potuta toccare, in agguato come una bestia che mi stava spiando. Tentai di accendere una candela. Un disperato colpo di vento soffiò improvvisamente. La porta della stanza si spalancò. E al chiarore del fulmine che squarciò l' oscurità, vidi i due corpi allacciati, completamente azzurri, che cadevano sul divano. Mi allontanai barcollando. Ora le ciliege si sparpagliavano 86 sonore come enormi gocce di pioggia. Chiusi gli occhi. Ma la casa continuava a girare scomposta, scomposta e livida in mezzo alla bufera. - Hai portato le candele a zia Oli via? - chiese Madrina dal fondo delle scale. Mi rannicchiai in un angolo del salotto, evitando la luce del candelabro acceso sopra la tavola. - Non risponde nessuno, la zia starà dormendo. Anche Marcello non risponde. Madrina si avvicinò. - Che cosa hai, bambina? Stai male? Non avrai la febbre, no? La fronte ti brucia ... Ancora oggi non so per quanti giorni mi dibattei ardendo, il viso rosso, gli occhi rossi, bruciando sotto la luce vermiglia che illuminava tra lampi di fuoco migliaia di ciliege che rotolavano sul pavimento come tizzoni viventi. -È stata una rosolia così violenta! -disse Madrina, entrando in camera una certa mattina. -A volte piangevi così forte non ho mai saputo che una rosolia potesse far tanto male! ' Mi sedetti sul letto e rimasi a fissare una farfalla che si era posata sul capelvenere del mio davanzale. La mattinata era luminosa. Nella "painera" c'era un uccellino che cantava. Madrina disse: - Ah, sì, me ne stavo già dimenticando! Marcello se ne è andato ieri notte. È venuto qui per salutarti ma tu stavi dormendo così profondamente ... Due giorni dopo, se ne andò anche zia Olivia. Aveva il vestito nero e il cappellino coi due spilloni appuntati nella treccia. Sulla blusa bianca, fissato al vertice della scollatura, c'era il ciuffo di ciliege. Cessai di respirare per non sentire il suo profumo. - Non ti bacio perché non ho ancora avuto la rosolia - disse infilando i guanti. Rise, facendo il rumore della cascatella. - Sarebbe buffo se alla mia età mi buscassi una malattia da bambino! Mi scostai. Ma il mio sguardo non abbandonava le ciliege. Ella se le tolse rapidamente: . - Mi sono accorta che ti piacciono. Eccotele, per mio ricordo! Per tutto quel giorno il suo profumo di gelsomino non abbandonò la stanza. Ma verso sera, spalancai le finestre e del profumo non rimase più traccia. -È così incantevole, Olivia! - sospirò Madrina sedendosi vicino a me col cestino da ricamo. - Sentirò molto la sua mancanza, sai? Un vero incanto, così bella, così delicata ... La stessa cosa non posso proprio dirla di quel ragazzo. Romeu ha educato i suoi figli in un modo tale, immaginarsi se una educazione così poteva dar frutto! Avre~be ripetuto la stessa frase esattamente un anno dopo, quando ncevette una lettera nella quale Romeu le comunicava laconicamente che Marcello era morto cadendo da cavallo. - Un angioletto cieco, che idea! - proseguì Madrina, mentre spiegava la tendina di filet sulle ginocchia. Sorrise felice. Aveva ritrovato i suoi occhiali. Copyright Lygia Fagundes Telles.Questo testo è apparso in Le più belle novelle di tutti i paesi (Martello 1963).

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