STORIE/LEWIS Ci sono momenti in cui tutte le persone dello scompartimento accanto si mettono a fissare quello in cui siete seduto voi, con lo sguardo impassibile e malinconico delle bestie. Quella supplica diretta poteva forse colpire nel segno. Andai a letto con un senso di insicurezza estrema. Pensai che se non fosse riuscito nel suo scopo, forse avrebbe dato fuoco all'albergo. Ma nonostante gli evidenti pericoli celati ovunque in quello sventurato edificio, dormii abbastanza profondamente. Mi svegliai il mattino dopo, scosso da un baccano terribile, e mi alzai con il puzzo del cibo meridionale nelle narici. La colazione trascorse senza incidenti di sorta. Giunsi alla conclusione che quell'Americano Perfetto apparteneva al lato notturno della Fonda del Mundo e non aveva niente a che fare con la sua normale vita diurna. La piazza era piena di contadini con il basco in testa e casacche di colore scuro. I tavoli vicino al mio, nella salle à manger, erano occupati da gruppi di persone. Sedie e tavolini disposti in modo intricato, simili quasi a una grossa trappola per uomini, si estendevano per qualche metro fuori dall'albergo, nella piazza. Di tanto in tanto si vedeva qualche contadino maldestro inciampare o impigliarsi in qualche modo in quei congegni di ferro. Poi, prendendola per una fatalità, finiva col sedere e ordinare da bere. Era questa, almeno, l'impressione che si ricavava dai movimenti imbrazzati e riluttanti compiuti da costoro prima di scegliere un posto. Notai diversi gruppi addentrarsi in quella pericolosa estensione del Fonda del Mundo. Ogni tanto la proprietaria usciva e li fissava di malumore. Verso di me non guardò mai. Di ì a poco sarebbe partito un treno diretto alla frontiera. Salutai la patrona e le chiesi se sapeva consigliarmi un albergo a Burgos o a Pontaisandra. Quando nominai Pontaisandra, mi chiese immediatamente: "Va a Pontaisandra?". Con l'ombra di un vago sorriso sulle labbra si voltò versouncameriere che gironzolava nei paraggi e poi disse: "Sì, a Pontaisandra può scendere al Burgalèsa. È un buon albergo". Entrambi misero in mostra una fila di denti irregolari e macchiati, cosa che succede solo quando entra in ballo un'astuta burla. La sera prima le avevo detto di essere diretto a Pontaisandra e lei mi aveva fissato con aria risentita, come se le avessi detto che ero diretto in Paradiso e che avevo intenzione di occupare il posto a lei destinato. Ma questo era successo la sera prima e ora sembrava che Pontaisandra avesse assunto per lei un altro significato.L'episodio in sala da pranzo della sera precedente cominciava ad apparirmi come un'emanazione di quel luogo. Il Fonda del Mundo era un albergo pieno di mistero, anche se alla luce del giorno i suoi segreti sembravano meno nascosti. Lo immaginai abitato da esseri solitari e allucinati, come il mio amico, l'Americano Perfetto - o come anch'io sarei potuto diventare. Il numeroso personale addetto alla cucina era stato impegnato fino a notte fonda a preparare una table d 'hote insolita ed esagerata. La spiegazione che mi diedi di questo fatto, quando vidi il mattino seguente la folla di contadini, non cancellò l'impressione notturna, pur mitigandola. Forse quel luogo era ossessionato da sogni e visioni evocate dai suoi pranzi e dalle sue cene. Questo era lo stato d'animo con cui ricordavo l'episodio della sera precedente. Quando infine partii, diretto alla frontiera, sperando di ben disporre la mia lingua all'arduo cimento di formulare del passabile castigliano con unaboccata dipicadura, nonmi ero ancora reso conto né che quell'avventura americana era solo la prima di una lunga serie, né che i sogni del Fonda del Mundo mi avrebbero accompagnato fin nel cuore della Spagna. III Secondo i miei progetti iniziali, Burgos doveva essere la prima tappa del viaggio. Poi avevo cambiato idea e avevo preferito San Sebastiàn e Leòn. I quattro giorni di viaggio furono un entr'acte con un accompagnamento musicale del tutto appropriato; lungo il percorso ebbi modo di conoscere i tetri e splendidi paesaggi castigliani, lo spirito estremamente deciso, pignolo e indipendente dei suoi abitanti. Il secondo giorno di viaggio cambiai treno e cenai a Venta de Bafios, città da cui si dirama la linea ferroviaria in direzione di Palencia, di Leòn e della Galizia. Quando viaggiano i contadini spagnoli mostrano una spiccata preferenza per lo scompartimento vicino a quello in cui sono seduti. Il treno non è ancora partito che, una dietro l'altra, teste, braccia e spalle compaiono al di sopra del tramezzo di legno. Ci sono momenti in cui tutte le persone dello scompartimento accanto si mettono a fissare quello in cui siete seduti voi, con lo sguardo impassibile e malinconico delle bestie. Se si tratta di un rozzo figuro che chiaramente proviene dalle Sierre e che solleva davanti a voi una testa scarmigliata, in posa di ardente abbandono, e se si attarda a fumare come una ciminiera, allora è chiaro che solo una grandiosa reazione d'orgoglio gli impedisce di restarsene in una posizione priva di dignità, stipato con gli altri in una stretta vettura. Negli altri casi, si tratta probabilmente soltanto della convinzione che gli occupanti degli altri scompartimenti siano persone più interessanti di quelle sedute nel proprio. Nel tratto da Venta de Bafios a Palencia, la vettura si riempì di gente. Tantissimi contadini si riversarono nel treno con le loro pesanti coperte per cavalli dai colori vivaci, fagotti e cesti vistosi; e questa profusione di materia allo stato puro, mischiata alla loro esuberanza, rendeva l'intero scompartimento pullulante di vita animale. Salivano in massa in una stazioncina e scendevano tutti poco dopo a un'altra, dove andavano loro incontro orde di parenti che li stavano aspettando. Si precipitavano fuori dalla porta o ondeggiavano intralciando l'uscita, carichi dei loro beni o di recenti acquisti, e afferravano l'uomo o la donna più vicini, del loro stesso sangue, con una turbolenza che superava di gran lunga la più veemente situazione in cui uno di noi nordici potrebbe trovarsi. Il gruppo in attesa diventava due volte più vivace della media quando il treno arrivava in stazione, come se nelle vene di quegli uomini fosse stata immessa una quantità spropositata di sangue. A poco a poco superammo la zona in cui si improvvisavano queste Fieste e alle prime ore del mattino arrivammo a Leòn. Il giorno successivo, il viaggio verso il litorale atlantico giunse alle ultime fasi. Arrivammo in vista della città mentre il sole tramontava. Con le sue case verdi, rosa e bianche, l'effetto complessivo di un bouquet appassito e le tonalità di un ricordo appena colorato, somigliava a una città levantina raffigurata sulla fredda tempera di un vecchio muro. La sua insenatura si estendeva fra le colline per molte miglia, fino ad arrivare all'oceano che si trovava al di là di un'isola di rocce appena visibili. Il treno non si era ancora fermato alla stazione che le truppe d'assalto armate sia dagli scalcagnati caffè che dai regali alberghi della città si scagliarono contro di noi. Avevo perduto l'indirizzo che mi avevano dato a Bayonne. Volevo una sistemazione dignitosa e i dipendenti dei vari alberghi cominciarono a urlare con 59
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