Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

STORIE/LEWIS "Sarà così, se lo dice lei, sarà così, certo. Ma sull'Inghilterra che ha da dire, eh? Sull'Inghilterra! L'Inghilterra! L'Inghilterra!" cortese risoluzione di evitare spiacevoli realtà apparteneva ormai al passato. I fatti devono stagliarsi con tutti i loro autentici colori, e anche gli uomini. In conseguenza di questo atteggiamento più aspro, sembrò dubitare della sincerità e dell'autenticità di qualsiasi cosa dicessi. La sua barba si rizzò tutt'intorno alla bocca, dalla quale uscivano parole strascicate, i pollici si diressero verso le ascelle, le scarpe di vernice a disegni stampati si sollevarono aggressive sui talloni. Il mio tentativo subdolo e infelicemente scoperto di riportare la conversazione al francese scatenò in lui un moto di indignazione allarmante. Ero curioso di vedere che cambiamento si sarebbe prodotto nel mio compagno se fossi riuscito con l'inganno a fargli usare nuovamente la sua lingua natia. La sensazione prodotta dalla presenza di quella lingua più umile sulle sue labbra avrebbe avuto, ne ero certo, effetti immediati. Si rese conto soltanto gradualmente della perfidia del mio intento. Sembrò colto alla sprovvista. Per alcuni istanti rimase in silenzio, come stordito. A quali astuzie, a quali ironie sono esposti gli americani! "Oui, c'est vrai", continuai, assumendo un'aria accigliata e professionale e fingendomi così assorto nella discussione da non essermi accorto di star parlando in francese, "les Espagnols ont du chic à se chausser. D' ailleurs, c'est tout ce qui'ils savent, en fait de toilette. C'est les Américains surtout qui savent s'habiller!" I suoi occhi allora si fecero teITibili.Aveva scoperto il manège, non c'era alcun dubbio; e par surcroit de perfidie non lo stavo ora perfino adulando - adulando gli americani? E per di più lodando il loro modo di vestire! Il suo sigaro si sporse dall'angolo destro della bocca. Con una serie di evoluzioni, digrignando i denti e facendolo ruotare, lo portò ali' angolo sinistro. Mi squadrò con una ferocia decisamente poco ortodossa. Nella lingua della sua teITa d'adozione, ma esprimendo con il suo atteggiamento impassibile una violenza selvaggia d'importazione, sentenziò, sputacchiando pezzetti di sigaro umidi di saliva: "Sissignorrre, e mille volte meglio degli inglesi!" Non vi erano dubbi: da perfetto americano qual era-e in quel delicato momento il suo impeccabile accento veniva minacciato da un nemico privo di scrupoli che tentava momentaneamente di soffocarlo - gli si presentò alla mente un'analogia ben precisa. Gli apparvero le vivide immagini dei pellerossa, nemici astuti ed eterni del cittadino americano, e dei loro stratagemmi. Sì, erano proprio quelli, li conosceva bene gli stratagemmi usati contro di lui, tattiche come quelle dei Sioux e dei Piedi Neri. Doveva combatterle come aveva sempre fatto il cittadino americano che era riuscito, alla fine, a sconfiggere i Sioux e i Cherokee. Mi lanciò un'occhiata, come a lasciarmi intendere che mi aveva smascherato, e il suo accento si fece più rauco e spaventoso. L'essere primordiale presente in lui e che spesso, suppongo, si risvegliava, si manifestava nell'accento americano, mezzo, più di ogni altro, atto a esprimere la sua vitalità. Dopo un'altra pausa eloquente, tutt' a un tratto scelse un nuovo argomento di conversazione. Era chiaro che si trattava di un argomento sul quale, ne era persuaso, sarebbe stato del tutto impossibile per noi trovare un'intesa. Bevve un lungo sorso di quel portentoso fluido che veniva servito a ciascun commensale. Mostrai dapprima il mio dissenso per pura formalità. Dato però che sembrava intenzionato a lasciarsi lentamente riprendere dalla passione per la sua nazione, cambiai idea e mi dichiarai d'accordo con lui. Per un istante mi puntò gli occhi addosso. Si sentì messo alle corde per quest'astuzia tremenda che doveva sopportare a causa della sua americanità; poi con circospezione cambiò la propria posizione nella discussione, difendendo quel punto di vista che prima aveva attaccato. Per un po' ognuno dei due andò avanti cambiando parere. Era un gioco davvero divertente. A un certo punto, mentre dicevo la mia su qualcosa, venne fuori che avevo mutato opinione troppo alla svelta, o forse era lui che non aveva cambiato opinione con sufficiente rapidità. Fatto sta che quando cominciò a parlare si scoprì che era d'accordo con me. Fu un istante da mozzare il fiato. Eravamo ormai alle strette. Mi sentivo come chi, a uno spettacolo, si trovi a dividere il sedile con una persona alquanto irascibile. Con inquieta prontezza mi lanciai a difendere il punto di vista opposto. Almeno per quel momento, la situazione era salva.Un attimo ancora e ci saremmo gettati l'uno sull'altro, o meglio lui si sarebbe gettato su di me. Nascose di nuovo il viso nella sinistra bevanda che aveva di fronte e consumò gli ultimi resti dello spaventoso cibo al suo fianco. Nessuno ci aveva interrotto. Una figura non bene identificata, credo si trattasse di uno spagnolo, era andata in cucina passando per il corridoio. Dall'interno, il rombo attutito dei macchinari della cucina ci raggiungeva incessante. Con fare stizzito e strascicando le parole, si gettò in una nuova discussione su un altro argomento, ancor più delicato. Io ripetei la mia tattica, lui la sua. Si passò a un nuovo argomento, poi a un altro e un altro ancora. I suoi voltafaccia, il mutare delle sue posizioni nel corso della discussione, si susseguirono con sempre minore calma. Grazie alla mai capacità di cambiare continuamente parere riuscii a oppormi senza difficoltà ai suoi metodi. Più andavamo avanti, più lui, brutalmente e senza pensarci, diceva esattamente il contrario di quello che sostenevo io. Infine, scostando violentemente la sedia con un suono stridulo e spaventoso e ficcatesi le mani in tasca - in quell'attimo cruciale tornò sul suo volto un'espressione assente - disse con tono flemmatico: "Sarà così, se lo dice lei, sarà così, certo. Ma sull'Inghilterra che ha da dire, eh? Sull 'InghilteITa! L'Inghilterra! L'Inghilterra!" C'eravamo arrivati! Ripeteva "Inghilterra" come se la parola fosse stata di per sé una domanda - una domanda a cui non si poteva rispondere. "Inghilterra" è quel tipo di domanda alla quale si ricorre quando i mezzi forniti dalla normale cortesia non servono più a nulla. E comunque era una cosa che incombeva su tutti gli inglesi, e che avrebbe potuto ridurli al silenzio in qualsiasi occasione. "L'Inghilterra! Ah, l'Inghilterra! L'Inghilterra!" ripeteva, quasi ipnotizzato da quella parola, quasi che pronunciandola volesse stringermi sempre più stretto e infine "inghiottirmi in un boccone". "Ma andiamo, mon vieux!" dissi improvvisamente, alzandomi, "come lamettiamo allora con il sud della Francia- il sud della Francia! Il sud della Francia! Il maledetto Midi, la sua terra natia, povero il mio barbone!" e mentre pronunciavo queste parole digrignavo i denti. Se avessi detto "America" avrebbe reagito immediatamente, ne ero certo. Ma "il sud della Francia"! Sul suo viso comparve un'espressione di indescrivibile vaghezza. Il sud della Francia! Queste parole persero di colpo il loro significato, una pugnalata 57

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