STORIE/LEWIS grosse padelle di rame, mentre i relativi coperchi venivano sollevati con forza: stavano per pescarmi dei pezzetti di cibo che nuotavano nell'olio. Da un'altra parte del cortile, una giovane strega, bella e sinuosa, lasciò il suo calderone, mi passò accanto e si diresse verso la sala da pranzo. La seguii e la locandiera ritornò da dove era venuta passando dalla porta di vetro lavorato. Viveva là dietro. La sala da pranzo era inondata di luce fredda. In quel bagliore niente passava inosservato, e quindi essa simboleggiava da una parte l'onestà, dall'altra la novità. Si poteva vedere ed esaminare ogni cosa, fin troppo bene. Tutto ciò su cui cadeva lo sguardo non sapeva affatto di possedere scarso valore e molti limiti. Studiaci! Studiaci! esclamavano la tovaglia bianca di lino grezzo sulla tavola, un liquido di marca Condy dentro una caraffa, il pane che sembrava carta, le comici orribili sul muro - Siamo gli oggetti della casa! Presi posto al tavolo lungo. Dei due commensali, ne era rimasto uno solo. Mi versai un bicchiere di rosé di Chissàdove, lo portai alle labbra. hevvi e rahhrividii. Due cucchiai di una minestra innominabile e !"appetito veniva placato per sempre. Seguì il bacalao, cioè il merluzzo, terrore dei mari spagnoli sul versante adriatico. Lasciai nel piatto la sua pelle bianca e insipida che, con i segni dei miei denti bianchi impressi tutt'intorno, somigliava a un calco fatto dal dentista. Avevo proprio fame e la portata seguente, lo stufato, raggiunse lo stomaco fra sorsate glutinose. Mangiai anche la frutta sciroppata. Vennero poi gli helados, che erano stati senza dubbio conservati in ghiaccio puzzolente. Alla fine mi abbandonai sulla sedia con il caffè davanti e mi voltai a guardare l'altra persona che si trovava nella sala da pranzo. Anche lui mi fissò, con aria assente. Avevo appena distolto lo sguardo che esclamò, quasi come se le parole fossero sorte automaticamente in risposta al mio desiderio: "Il fait beau ce soir!" 54 Feci finta di niente ma qualche secondo dopo mi volsi di nuovo verso di lui. Mi fissava senza mostrare la minima sorpresa. Immediatamente le sue labbra si riaprirono e ripeté con tono ieratico e a voce alta (pensava senza dubbio che fossi sordo): "Il fait beau ce soir!" "Niente affatto. Non è davvero una bella serata. Fa freddo e poi sta per piovere". Non so perché lo contraddissi in quel modo. Forse fu per l'aria divertita di sfida, insolente e mistica, che sprigionava dal suo aspetto. Non avevo motivo di credere che a Bayonne il tempo non fosse bello e stabile. Avevo formulato la mia risposta in modo da sembrare francese e conclusi che il mio vicino mi aveva preso per tale. Accettò la mia replica senza scomporsi. Probabilmente questo mio primo atto di scortesia non avrebbe avuto alcun effetto su di lui, se una rivelazione fatta da lì a poco non avesse d'un tratto mutato le nostre reciproche posizioni, facendo sì che mi guardasse con occhi diversi. Ripensò allora a quanto era accaduto. ricordò la . i /. . \' mia maleducazione iniziale e, retrospeuivamentc, la considerò sotto una luce diversa da quella mostrata al momento. Per ora, si limitò a chiedere: "Viene da lontano?" "Da Parigi", risposi, con gli occhi fissi su un pezzo di formaggio di cui l'alto voltaggio della luce elettrica rivelava tutta l' inconsistenza. Mi misi a riflettere sulla pessima qualità del cibo locale paragonato al suo equivalente spagnolo, e mi domandavo se avrei avuto il tempo di andare in città prima della partenza del treno. Poi guardai il mio vicino e mi chiesi che specie di stomaco avesse. Tutto in lui mostrava un'incredibile capacità di adattamento. Se ne stava appoggiato allo schienale della sedia, il cappello in testa buttato ali' indietro, e terminava con spavalderia una bottiglia di vino. Il panciotto aperto era l'unico elemento in lui che indicasse
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==