Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

INCONTRI/COMPTON-BURNEff Lei ama cogliere i suoi personaggi di sorpresa, vero? Oh, ma bisogna farlo. C'è molto abbandono nei suoi personaggi. Non fanno molto caso a quello che dicono di se stessi, no? No. Se si scrive con la tecnica del dialogo, questo è indispensabile. Se si taglia il dialogo, non resta molto. Lei trova che le persone che conosce rivelino molte cose di se stesse tramite il dialogo? Sì, secondo me sì. Ma credo che nei libri sia necessario fare in modo che rivelino più di quanto non rivelerebbero nella vita. Credo che l'atmosfera dei libri debba essere più eccitata di quella della vita. Le persone sono troppo piatte, nella vita, non si può infilarle nei romanzi così come sono. Bisogna spingerle un po' più in là. Ma anche nella vita vengono spinte un po' più in là, a volte? A volte, sì, in certi momenti. E possono essere momenti molto sconcertanti. Qual è la domanda sul suo lavoro che più la irrita? Le domande che mi vengono rivolte con maggiore frequenza - a parte quelle sulla mia opera giovanile 5 - sono di solito così semplici, così superficiali. Mi viene chiesto," A che ora del giorno preferisce lavorare - e per quante ore? Trova utili le conversazioni che ascolta?" L'altro giorno sono andata a un cocktail party, e una donna con la quale stavo parlando mi ha chiesto, "Non trova che la nostra conversazione potrebbe esserle utile?" Assolutamente improbabile. A che mi sarebbe servito scrivere, "La sente, questa corrente d'aria?" e "Sicura di non volere un altro sandwich?" La gente è presuntuosa, e di solito non dice niente di interessante. Sarei fin troppo contenta di prendere appunti, se mi capitasse di ascoltare qualcosa di profondo, o rivelatore, o interessante. Di certo non capita mai ai cocktail parties, che sono trattenimenti orribili di per sé. Non li sopporto. A questo ci sono andata perché veniva offerto dal mio padrone di casa. Siamo in termini di grande cordialità. Vale a dire, lui è molto cordiale con me. Credo che sia per via dell'enorme affitto che gli pago. La mia fama non gli dispiace, ma dà molta più importanza all'affitto che pago. Se dovesse fare una domanda a se stessa, quale sarebbe? Non mi sembra necessario porre domande a me stessa, dovrei conoscerle già, le risposte. lo credo che la gente conosca se stessa. Sono sicura di conoscere me stessa. La gente cambia. Capita anche a lei di cambiare? Non credo di essere cambiata molto. Naturalmente, credo che con l'esperienza si impari, ma non credo che si cambi. Per quanto ne so della gente, l'essenza di una persona, dopo i quattordici o quindici anni - sì, secondo me è a quell'età che si forma - rimane più o meno la stessa. Naturalmente subentrano nuove esperienze che producono cambiamenti, in un certo senso, ma c'è 50 una specie di nucleo vivente, dentro, che rimane sempre lo stesso. Sir Henry Head - lo psicologo, sa - mi ha detto una volta che le persone possono cambiare a qualunque età, in un certo senso. Che finché c'è energia, c'è possibilità di cambiamento. A me non sembra che sia così, a quanto ho potuto capire osservando la gente - e l'ho osservata, naturalmente - secondo me c'è una specie di essenza vivente che è molto diversa da una persona all'altra. E che è sempre presente, credo. Probabilmente questa essenza viene determinata al momento del concepimento. Qualcuno ha detto che finora non si sono trovate prove del fatto che esista una moralità innata, che ogni cosa si impara. No, credo che la moralità si debba in gran parte imparare, e direi anche che l'essenza innata delle persone subisce cambiamenti rilevanti grazie all'esperienza, viene influenzata dalle esperienze della prima infanzia e della prima adolescenza, età in cui si è ancora malleabili. Ma credo comunque che esista qualcosa di innato, qualcosa che non cambia mai. Crede che le persone diventino quello che sono in partenza? Sì. Naturalmente possono esserci differenze superficiali, differenze di classe o altro. Quando si conosce qualcuno da molti anni ci si rende conto dei cambiamenti che la vita produce. Le disgrazie, le delusioni, il successo, l'insuccesso. E in generale la vita sembra produrre cambiamenti in peggio, più che in meglio, mi pare. Crede che sia così per via delle persone stesse? No, credo che sia così e basta. Non mi sembra che le persone cambino mai, in realtà. Può darsi che escano diversamente da diverse circostanze, ma credo che sarebbero usciti allo stesso modo dalle stesse circostanze, anche se queste non si fossero verificate. Secondo lei la vita porta più male che bene? Be', così sembra, no? Nel complesso. È più facile prendersela per le disgrazie che apprezzare la buona sorte. Credo che si tenda a dare per scontata la buona sorte. Ma alla gente succedono cose tremende, in realtà, no? A volte. Non nei fatti. Voglio dire tremende per loro. Oh sì, spesso. Oh, sì, è terribile. Note I) Autore di opere di architettura e altrp . 2) L'eponimo protagonista di un romanzo di Keith Waterhouse. 3) Un tentativo di suicidio. 4) L'ultimo romanzo pubblicato prima della morte di Dame Ivy. 5) Dolores. Copyright Kay Dick, dal libro lvy and Stevie, Allison and Busby, Londra 1983

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==