CONFRONTI all'uniformità, più esso, osservato da vicino, appare come un fitto intreccio di minuscole culture diverse. Forse dovremmo dire subculture, se la parola potesse perdere ogni risonanza di inferiorità. Mi chiedo se quel che sto ora per raccontarti riguardi interculturalismo e teatro. Credo di sì. Ogni quattro ore, nell'area di un grande parcheggio sul tetto di un supermercato, si presentavano gruppi di persone legate da uno stesso mestiere, da uno stesso hobby o da una stessa condizione: il club degli arcieri o dei canottieri, i padroni di cani schaefer ammaestrati o di vecchie automobili americane, gli studenti di musica o i poliziotti in moto, le associazioni delle casalinghe o i pompieri. Una dozzina di reclute scesero da un camion militare e si misero sull'attenti -in mutande. Mostrarono l'elaborata vestizione che trasforma l'uomo in soldato: uniforme quotidiana, d\ libera uscita, di parata, di guerra, il viso dipinto di nero e l'elmetto coperto di foglie, fino all'immagine di un extraterrestre catafratto, col volto abolito da una maschera antigas. Lì accanto, un attore Kathakali, ingigantito dal costume e dalla corona, si applicava a dilatare il suo viso nel trucco verde e bianco di un personaggio del mito. Vennero i cavalli della scuola di equitazione, i suonatori di corno appassionati di caccia alla volpe. E vennero i centauri, quei ragazzi in moto, rivestiti di cuoio nero, che quando attraversano le nostre città sentiamo come una minaccia. Dettero spettacolo con il loro rombo e dialogarono con un violino. Ne soffocarono il suono, lo lasciarono risorgere spegnendo all'improvviso i motori. Esibirono la loro minaccia di violenza trasformandola in vitalità ed apertura. Ragazze e ragazzi in bianchi pigiami smettevano di parlare danese ed emettevano grida e segnali in una lingua sconosciutail coreano - muovendosi secondo il balletto marziale del taekwondo. Era interessante notare lo sconcerto e lo stupore degli spettatori. Sicuramente sapevano che esistono a Holstebro queste attività come possono sapere che esistono uomini con quattro mogli o persone che bruciano i loro morti per poi fare una minestra con le ceneri e mangiarle. Le subculture che vedevano erano riconoscibili. Sconosciuta era la ragione, il perché venissero allo scoperto e invadessero il tempo e lo spazio di questo parcheggio, giorno e notte, con o senza osservatori, anche sotto la pioggia. Al centro del parcheggio veniva costruita una barca di 15 metri, secondo l'elegante disegno di un architetto, in legno leggero, inadatta a navigare (non è possibile costruire una vera barca in soli nove giorni e nove notti). Ciò che avveniva sembrava non tener conto dello spettatore, ma essere fatto solo in onore di quella barca in costruzione. Le numerose, piccole subculture di Holstebro, esposte, mostravano che l'esotico è tuo vicino di casa. Qui ametà settembre comincia a far freddo. Le prime notti, sul tetto del supermercato, non c'era molta gente. Ma col passar del tempo, quel luogo è diventato il centro della città, una sorta di tempio laico del quale, dopo questa settimana, non resterà nulla di solido se non nella memoria, e dove lentamente cresceva la lunga barca incapace di navigare. In questo "tempio" all'aperto e asfaltato, ad ogni mezz'ora del giorno e della notte una campana di bordo suonava, e veniva cantata Skibet Bro di Frans Winther. Ogni quattro ore, giorno e notte, comparivano cavalli, attori, automobili, cani, soldati e altri rappresentanti della Holstebro invisibile. Era una liturgia laica, creata dall'Hotel Pro Forma di Copenaghen. Noi dell'Odin abbiamo partecipato ad ogni mezzanotte rievocando fantasmi di marinai. 34 Jon Ferslev, lben Nogel Rosmussene Koi Bredholt in uno scena di /tsi-Bitsi, scritto do I. Nogel Rosmussene diretto do Barbo (foto di Poul Ostergoord/ Odin Teotret). L'ultimo giorno abbiamo portato la lunga barca al parco e l'abbiamo sepolta mentre un piccolo veliero prendeva il volo verso il cielo. Gli alberi del parco avevano fiori rossi tra mele d'oro. Alcune isole galleggianti hanno preso fuoco in mezzo al laghetto, solcato dalla navicella dell' Angelo-Trixter e dal remo della Morte in gonna nera. Nella navicella sedeva una madre con la sua neonata. Gli attori, lungo tutta la settimana, si erano disseminati nella città. All'alba, gruppetti di due-tre di loro andavano a salutare i panettieri con un breve spettacolo. Si recavano, a sorpresa, in case private, alle feste di compleanno. Accoglievano i treni in arrivo. Alcuni si introdussero quietamente in una seduta del Consiglio comunale, suonarono come giullari e poi, come autorevoli monaci di altri tempi, ammonirono il sindaco e i consiglieri. C'erano veri e propri spettacoli: i nostri dell'Odin Teatret e quelli di un gruppo italiano capace di mostrare sui trampoli l'eleganza di un valzer dei tempi di Anna Karenina. Sono esperti nel danzare il Kathakali con una maestria che li fa accettare come specialisti anche in India. Danzava con loro il loro maestro indiano, accompagnato dai suoi musicisti. Questo teatro viene da Bergamo, un'antica città fra i monti, vicina a Milano e vicina a Bellagio, dove nel febbraio scorso, nella villa della Fondazione Rockfeller, tu hai organizzato il colloquio sull'interculturalismo. Oltre al Teatro Tascabile di Bergamo, era qui anche il gruppo Akadenwa. Viene da Aarhus, la seconda città della Danimarca. Gli attori sono membri di un club di alpinisti. Fanno spettacoli scalando i muri delle case, i campanili, le torri dei palazzi comunali, le ciminiere vertiginose. In Danimarca non esistono montagne. Uno scalatore danese non è, in fondo, meno strano di un attore Kathakali nato e vissuto a Bergamo. Per l'uno e per l'altro
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