Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

CONFRONTI Peter Sellers in una scena di O/tre il giardino, tratto da Presenze di Kosinski. prensibilità. "Questo fu lo stadio iniziale della mia carriera di scrittore" disse una volta Kosinski. "Cercavo il lettore ideale e lo trovai nella centrale dei telefoni di New York." In realtà quei suoi primi libri, usciti nel 1960 e nel 1962, non erano ancora dei romanzi veri e propri ma dei semplici saggi sociologici - cioè, nell'ironica definizione di Kosinski che abbiamo registrato, poco meno che romanzi - sul comportamento collettivo dei russi nell'Unione Sovietica. Basati sulle sue esperienze di ricercatore universitario, esaltavano l'individualismo, c,ondannavano il collettivismo in ogni sua forma, tradivano l'anticomunismo "viscerale" dell'autore e dovettero essere pubblicati sotto lo pseudonimo di Joseph Novak per non esporre Mieczyslaw ed Elzbieta Kosinski a possibili rappresaglie in Polonia. Romanziere Kosinski lo divenne un po' più tardi, dopo l'incontro e il matrimonio con la vedova di un magnate dell'acciaio (Mary Hayward Weir, di dieci anni più vecchia di lui, avida lettrice dei suoi pamphlet anticomunisti morta di cancro nel 1968), che doveva assicurargli otto anni di una vita dorata e principesca. Nella primavera del 1963 Kosinski si trova a Ginevra con la moglie, che da mesi sta lottando contro un male ritenuto inguaribile ed è venuta in Svizzera per consultare alcuni specialisti. Quel ?iorno, remando sul lago in una barca presa a nolo, mentre Mary m una clinica si sottopone a nuove terapie, il "çenerentolo polacco" -come lo ha chiamato Oreste del Buono in un articolo - decide di abbandonare definitivamente lo studio delle scienze sociali per dedicarsi alla narrativa. Risultato di questa decisione è, nel 1965, il suo primo romanzo, L'uccello dipinto, un ricco campionario degli orrori vissuti durante la seconda guerra mondiale da un ragazzo che somiglia straordinariamente, nell'aspetto e nelle peripezie, all'autore bambino. L?dato_ da Arthur Miller e da una critica letteraria quasi unamme, Ii romanzo (che ottenne in Francia il premio per il migliore libro straniero) porta il nome di Kosinski alla ribalta e fa di lui un personaggio famoso. Tradotto in più di trenta lingue, non verrà mai pubblicato in Polonia, dove l'impietosa descrizione delle superstizioni, della miseria, dell'ignoranza e della brutalità dei contadini ·fatta da Kosinski in quelle pagine sarà ritenuta un'?ffes~ a_ll'~norenazionale. Il romanzo fa discutere anche per a_ltnmot1v1:_siafferma che l'autore ha falsato la realtà; gli si nmp~o~~ra~1~ve_redescri~tocon un compiacimento eccessivo gli mdIC1b11aItti d1v10lenza (m gran parte sessuale) che costellano il racconto; si giunge ad accusarlo di plagio e di sfruttamento del lavoro di alcuni "negri" (un'accusa che tornerà a perseguitarlo e che fu riformulata nel 1982 a proposito di altre sue opere). Nel 1968esce il suo secondo romanzo, Passi (Mondadori), altra sequenza di scene crudeli miste a un dialogo tra un uomo e una donna che gli fa conquistare il National Book Award, uno dei maggiori premi letterari americani. Passi è il libro di Kosinski stilisticamente più riuscito, quello in cui la lingua nella quale lo scrittore ha scelto di "nascere" tocca il suo massimo livello espressivo. Con Presenze (1971) Kosinski offre invece ai suoi lettori un racconto filosofico che ha potuto essere letto come una storia umoristica (ed è stato trasformato in un film divertente anche se fragile) mentre forse era solo una favola amara. "La filosofia di Chance-Kosinski" ha scritto Beniamino Placido nella postfazione all'ultima edizione, "è pessimistica come quella di Voltaire. Pessimistica e antiutopica. Nel supporre l'uomo buono, diventato improvvisamente un uomo nuovo e migliore, diverso dallo sparviero che naturalmente è, gli utopisti sono capaci di costruire mondi orrendi, peggiori persino di quello - mediocre - in cui viviamo." L'allusione è senza dubbio all'utopismo marxiano che ha portato alla costruzione di quel "socialismo reale" dei paesi dell'Europa orientale da uno dei quali Kosinski è riuscito rocambolescamente a fuggire. Già in Presenze, tuttavia, l'autore comincia a esprimere la sua innata diffidenza anche verso la patria di adozione (di cui ha preso la cittadinanza nel 1965). Agli occhi di questo individualista senza freni, che deve la sua formazione letteraria e filosofica più al superomismo di Nietzsche e di Stimer che al pessimismo di Shakespeare e Voltaire, anche l'America capitalistica è una società collettivizzata o in via di collettivizzazione, resa sempre più grigia e uniforme dalla liturgia dei mass meeting (i grandi concerti di musica rock, tanto per fare un esempio) e dai mass media come la TV. In questa società massificata (migliore, ma non poi tanto, di quella che Kosinski si è lasciato alle spalle) il protagonista dei suoi romanzi (e, si dice, lo stesso autore) vive come un esploratore nel deserto: ben armato per difendersi da chiunque pensi di attaccarlo; munito di abbondanti provviste per sopravvivere nei casi di emergenza; pronto a cambiare aria al primo segnale d'allarme. I suoi rapporti col prossimo sono di semplice uso: non coinvolgono i sentimenti perché i sentimenti offuscano la ragione e riducono la prontezza di riflessi, con grave rischio dell' incolumità personale. Rimarrebbe da chiedersi che cosa viva a fare un individuo in tali condizioni, non molto diverso, mi sembra, da una belva braccata o da un evaso in fuga. Ma a questa domanda ha già risposto Kosinski col suo gesto. A una belva, a un evaso, ma soprattutto a un vendicatore deciso a farsi giustizia da sé per motivi non sempre facili da capire, somiglia anche Tarden, il protagonista di Abitacolo. Tarden, ha scritto un critico americano, "è un agente segreto 31

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