Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

CONFRONTI Abitanti di un mondo capovolto Jerzy Kosinski dalla Polonia agli Usa Vincenzo Mantovani Nel 1971, scrivendo sul "New Yorker" di Being There (il romanzo di Jerzy Kosinski uscito quell'anno, tradotto successivamente in italiano col titolo Presenze e trasformato da Hal Ashby e Peter Sellers in un film di successo che da noi si è chiamato Oltre il giardino), il romanziere americano John Updike concludeva la sua analisi dell'opera (non troppo favorevole, per la verità) con una frase apparentemente sibillina: quanto all'autore di quell'apologo sull'establishment statunitense e sulla forza dei mass media e della TV, si poteva avanzare l'ipotesi che "la sua biografia" fosse "l'ultimo capitolo". Che intendeva dire John Updike? Tiriamo giù dallo scaffale Presenze (magari nell'edizione più recente "postfata", se così ci si può esprimere, da Beniamino Placido) e apriamolo all'ultimo capitolo. Sono meno di quattro paginette nelle quali, come forse qualcuno ricorderà, un gruppetto di industriali e di uomini politici americani convenuti in un appartamento di Manhattan si consultano sulla nomina del candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Scartato questo per "le inquietanti scoperte sul suo passato che disgraziatamente sono venute a galla", quello perché "non molla la sua azienda", l'altro perché ha fatto una "pessima riuscita come presidente dell'università" e l'altro ancora perché "ha appena subito la seconda operazione in tre mesi" e perciò rappresenta "un grosso rischio", la scelta dei presenti cade su Chauncey Gardiner, il candido giardiniere analfabeta che la morte del padrone e l'imbecillità dei media hanno rapidamente trasformato in apprezzato consigliere del presidente in carica. Perché proprio Chauncey Gardiner, obietta uno, se di lui non si sa nulla? "O'Flaherty prese un tono disinvolto. 'Qual è stato il guaio di Duncan?Di Frankedi Shellman, seè per questo, editanti degli altri che' abbiamo preso in considerazione e che abbiamo dovuto scartare? Il guaio, perdio, è stato che avevano tutti un passato, e che anzi ne avevano troppo! È il passato che paralizza l'uomo: diventa una palude e lo espone alle critiche!"' Si prenda Gardiner, invece. "Gardiner non ha un passato! E dunque non è e non può essere criticato da nessuno! È un uomo attraente, sa parlare e vien bene alla TV! E, quanto al suo modo di pensare, sembra uno di noi. Tutto qui. Quello che è chiaro è ciò che Gardiner non è. Gardiner è la nostra unica occasione." Jerzy Kosinski nel 1971, come del resto negli anni seguenti, somigliava a Chauncey Gardiner almeno in questo: era un uomo attraente (qualcuno sosteneva addirittura che con i suoi capelli ricci, l'occhio vivo e il naso aquilino era lo scrittore americano più bello del momento), sapeva parlare (anche se con un chiaro accento polacco) e veniva bene alla TV (dove era ormai un ospite fisso dei più seguiti talk show, cioè di quei dibattiti televisivi, spaventosamente moltiplicatisi negli ultimi anni anche da noi, nei quali viene offerta a scrittori e giornalisti di grido la possibilità di proferire davanti a milioni di spettatori le stesse banalità che tutti gli altri comuni mortali sono costretti a scambiarsi nel chiuso dei loro salotti). Ma non basta. Anche Kosinski, come il suo personaggio, non aveva un passato. Sarà meglio essere precisi. Sotto l'aspetto strettamente biografico un passato ce l'ha anche Kosinski, ed è un passato tutt'altro che piacevole. Nato a Lodz il 14 giugno 1933, figlio unico di genitori ebrei (la madre, Elzbieta, era un'ottima pianista, anche se non si esibì mai in pubblico; il padre, Mieczyslaw, era un industriale tessile, filologo per hobby, fuggito dalla Russia durante la rivoluzione d'ottobre), allo scoppio della seconda guerra mondiale, quando ha appena compiuto sei anni, Jerzy Nikodem Kosinski viene fatto "sfollare" in campagna, dove la vita dovrebbe essere un po' meno rischiosa che nelle città polacche ben presto occupate dai tedeschi. In un certo senso questo è vero. Nei villaggi sperduti nel folto delle foreste polacche e ucraine il piccolo Jerzy sfugge alle conseguenze più immediate dell'incredibile brutalità nazista ma, costretto a girovagare da un paesino all'altro dopo la morte della donna alla quale era stato affidato, incappa quasi subito nella brutalità dei contadini. "I villaggi nei quali doveva trascorrere i quattro anni successivi" scrive Kosinski nella prima pagina dell'Uccello dipinto, il romanzo fortemente autobiografico con cui nel 1965 debuttò nella narrativa (edito in Italia da Longanesi), "differivano etnicamente dalla regione in cui [il ragazzo] era nato. I contadini, isolati e tutti imparentati tra loro, avevano la pelle chiara, i capelli biondi e occhi'azzurri o grigi. Il ragazzo aveva una carnagione olivastra, capelli castani e occhi neri. Parlava la lingua della classe colta, una lingua a malapena intelligibile per i contadini delle regioni orientali." L'occupazione tedesca di quelle terre, già misere e arretrate, non fece che aumentarne la miseria e l'arretratezza. I contadini dovevano cedere una parte del raccolto agli occupanti Jerzy Kosinski !Archivio longonesi).

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