CONFRONTI I tassisti, le donne del mercato e la Storia secondoChinuaAchebe Annalisa Oboe Foto "ufficiale" di Chinuo Ache e per il suo sessantesimo compleonno (Università di Nsukka). Viandanti della storia, pubblicato di recente dalle Edizioni Lavoro (trad. F. Cavagnoli; intr. I. Vivan), è l'ultimo attesissimo romanzo di Chinua Achebe, scrittore nigeriano di lingua inglese ormai conosciuto e apprezzato anche in Italia. Uscito 21 anni dopo Un uomo del popolo ( 1966), quarto romanzo di Achebe, Viandanti della sioria è il prodotto raffinato di lunghi anni di riflessione e di esperienza politica da parte di uno scrittore convinto degli obblighi morali della letteratura e del suo dovere di insegnare e guidare attraverso la scrittura. In esso Achebe affronta il problema del fallimento, del cinismo e dell'attaccamento aJ potere delle élite che hanno guidato i governi postcoloniali in Africa, e discute il necessario superamento delle corrotte politiche nepotistiche che ne hanno caratterizzato la storia negli anni Sessanta e Settanta. La complessità di tali argomenti e la difficoltà di trovare soluzioni praticabili ai problemi posti si avvertono ovunque nel romanzo, che riflette anche a livello formale il disagio di una situazione che è innanzitutto umana e politica. La struttura narrativa di Viandanti è frammentata, complicata da mutamenti repentini di punto di vista e di narratore, punteggiata da scatti nervosi e percorsa da tensioni che sgretolano la trasparenza e la pacata serenità espressiva cui ci avevano abituato i romanzi precedenti. Nonostante ciò, o forse proprio per 26 questo, una grande forza pervade il racconto tragico della caduta del triumvirato che per anni ha detenuto il potere di fare e disfare la storia della Kangania, un immaginario stato africano dietro cui si cela la Nigeria contemporanea. L'atteggiamento "dialogico" di Achebe nei confronti della materia della sua narrazione viene esplicitamente confermato nel romanzo da lkem Osodi, la figura del giornalista-poeta: lkem infatti dichiara che, attraverso le sue parole, egli intende stimolare la gente a pensare, ad analizzare le condizioni della propria vita piuttosto che additare dall'alto la via da seguire. Ed è sempre Ikem, veicolo principale del messaggio dell'autore, a identificare la situazione disastrosa della Kangania col fallimento della leadership che l'ha governata finora, il quale consiste "nel!' incapacità dei nostri governanti a rinsaldare legami interiori vitali con i poveri e i diseredati del paese, con quel cuore ferito che batte dolorosamente nel petto della nazione"(p.169). Achebe rivede dunque la concezione politica sottesa all'ethos dell'élite che ha ereditato il potere statale negli anni dell'indipendenza dai poteri coloniali, aggiorna la filosofia di quei primi interpreti del nazionalismo africano, rinnegandone soprattutto l'esclusivismo e I' intransigente mascolinità. La società postcoloniale, corrotta e allo sfascio, potrà essere riformata solo se chi detiene il potere saprà aprire le porte a gruppi tradizionalmente esclusi: Achebe introduce perciò nella sua storia tassisti, gommisti, donne del mercato, commesse e cameriere, meccanici e studenti, che sono il vero volto del paese, senza cui qualsiasi governo è votato alla sterilità. E assieme alla loro presenza entra nel romanzo anche il Joro discorso, la loro parlata popolare in inglese pidgin, che vivacemente esprime l'umorismo, l'ira o l'intensità passionale ed emotiva del popolo nigeriano. Purtroppo l'efficacia di questo mezzo espressivo si perde nella versione italiana, che ha dovuto affrontare e risolvere I' intraducibilità del pidgin attraverso accorgimenti grafici (usando il corsivo) piuttosto che linguistici o stilistici. Sembra che siano soprattutto le donne, fra coloro che avranno nuovo accesso alla guida del paese, ad avere in sé il potere di cambiare in meglio le cose. Viandanti inizia con le manovre volte al mantenimento del potere da parte di un ristretto gruppo di uomini, ma termina con una cerimonia tutta al femminile, un rito di battesimo presieduto da sole donne, che sembrano rappresentare la speranza di una nuova era per la Kangania. Si tratta di un momento nuovo ma anche relativamente incerto nell'opera di Achebe, la cui incertezza dipende da una serie di questioni irrisolte sulle quali egli interviene trasportando le apparenti difficoltà sul piano dell'immaginario e del mito. Non si capisce, per esempio, in che modo avverrà la riforma auspicata da Ikem, attraverso quali forme si estenderanno i limiti precedentt:!mente definiti dalla classe sociale, dal sesso, dall'istruzione, dalle gerarchie politiche, né come farà la donna a mantenere la sua carica rinnovatrice e la sua "purezza" una volta invischiata nei meccanismi del potere. Sembra inoltre che la donna, pur diventando il soggetto privilegiato di una nuova visione sociale e politica, di fatto mantenga i ruoli a essa attribuiti da una tradizione che incarna desideri e ideali maschili, quelli cioè di guida spirituale, musa ispiratrice, profetessa. Queste funzioni vengono simbolicamente attribuite a Beatrice, protagonista femminile del romanzo, grazie all'operazione con cui Achebe la inserisce nel culto dedicato alla dea Idemili. Principio femminile della cosmogonia ibo, Idemili viene inviata dall'Onnipotente al mondo per ricordare e testimoniare la natura morale del Potere. Come la dea, Beatrice raccoglie attorno a sé coloro che, avendo assistito alla morte fisica e storica della leadership maschile, hanno subito la catarsi e compreso il messaggio di "pace e modestia" che deve accompagnare la costruzione del futuro del paese. Ciò che in realtà sai va Achebe dal le pastoie politico-ideologiche è l'arte redentrice della narrazione che, spostandosi verso il mito, proietta la visione del futuro in termini metaforici e allusivi. Affinché la nazione africana, che per ora può essere redenta solo metaforicamente, possa interpretare la confusione del presente e concepire un nuovo futuro, Achebe ritorna a figure di dei e rituali propri della cultura nigeriana, perché il mito, come ribadito più volte nel romanzo, vale più della teoria'politica ed è chi!lve di lettura della Storia. Questo salto dalla Storia alla profezia, dal dato concreto al simbolo, è sapientemente preparato fin dall'inizio di Viandanti per mezzo della celebrazione della potenza del mito e della storia con la "s" minuscola che, come dice il saggio e canuto cittadino della provincia di Abazon, ha il potere di "sai vare la nostra progenie dal ridursi a un branco di mendicanti ciechi che vanno a sbattere contro le spine del cactus. La storia è la nostra scorta; senza di essa, noi siamo ciechi"(p.148). Si ribadisce qui un principio che sta alla base di tutta la produzione letteraria di Achebe, già eloquentemente espresso nel saggio La verità dellafinzione, apparso qualche tempo fa su questa rivista. Laddove i problemi della vita concreta e,della politica rimangono per il momento insolubili, la scrittura, il simbolo, il mito possono fornire un mezzo per vedere al di là della cortina di nubi che acceca il presente. E lo fanno a modo loro, per proiezione e per immagini che offrono spunti di riflessione e di analisi, piuttosto che risposte. Ma del resto, come lo stesso Ikem afferma, "gli scrittori non danno soluzioni ... Danno grattacapi!" (p.191 ).
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