CONFRONTI ripresenta i suoi dubbi sull'efficacia del "bagno in pubblico" a cui costoro si sottopongono, con maggiore o minore entusiasmo, su richiesta delle autorità politiche. .Nella prefazione scrive: "Il romanzo descrive il primo movimento di riforma del pensiero a cui furono sottoposti gli intellettuali dopo la Liberazione, noto comunemente all'epoca sotto il nome di 'Tre Anti' o 'abbassare i pantaloni per tagliare la coda'. Alle orecchie delicate degli intellettuali quest'ultima espressione non suonava bene e preferirono parlare di 'farsi un bagno', espressione più vicina a quel 'lavaggio del cervello' di cui parlano gli occidentali ... Se le code spuntano dall'intelletto e dal pensiero, forse con una buona strigliata possono essere eliminate. Ma se spuntano dietro un corpo umano, vuol dire che sono attaccate alla colonna vertebrale e alla carne. Basterà un bagno, sia pure acido, a far cadere queste code? Un bagno in pubblico implica eviden~mente spogliarsi in pubblico, ma la coda non è necessariamente evidente per tutti. È ben difficile stabilire se in tali condizioni il bagno è stato efficace, e chi, in definitiva possedeva una coda". Aggiunge inoltre di essersi fondata su una realtà che conosce bene, pur avendo utilizzato nomi di fantasia: "Ho ricamato basandomi su facce, peli, unghie, capelli, ed anche code, che mi erano familiari". Ed in effetti lei e il marito sono stati tra i protagonisti del mondo accademico e letterario cinese partecipando alle sue alterne vicende. Avendo scelto gli anni Cinquanta per l'ambientazione, ed una campagna che fu relativamente mite e incruenta verso gli intellettuali, senza prevederne massicce dislocazioni in zone remote del paese, né messe alla gogna ad opera delle "masse", Yang Jiang sembra voler schivare i nodi più drammatici della storia della Cina comunista. Ma in questo modo può permettersi di scavare più a fondo, di affondare senza scrupoli il coltello nella piaga: di denunciare il patto d'origine da cui scaturiranno le alterne vicende di liberalizzazioni e persecuzioni, in cui vittime e carnefici si scambiano di frequente i ruoli. I fatti si svolgono in un centro di studi sulla letteratura, inaugurato a Pechino nell'ottobre del 1949, all'indomani della Liberazione, con finalità di ricerca sulle letterature straniere. Vi si raccolgono, sotto la bandiere del "fronte unito" lanciato verso gli intellettuali, veri e falsi specialisti della letteratura occidentale (c'è anche chi confonde Balzac e Stendhal), affiancati da intellettuali provenienti dalle zone liberate, controllate dai comunisti durante la guerra civile e giovani diplomati. I personaggi sono in genere mediocri e grigi: tra loro si intrecciano rapporti di convenienza e di competizione. La vita si ritma sulle gelosie, le rivalità accademiche e i sospetti reciproci. L'unico soffio d'aria fresca in questa noiosa convivenza accademica sembra immesso dalla nascita di un sentimento amoroso tra il professor Xu Yancheng e la bibliotecaria Yao Mi: ma i cauti approcci della coppia, la cui affinità elettiva si fonda su una minor dose di volgàrità e disonestà intellettuale rispetto a quelle predominanti, non sfuggono agli sguardi inquieti della moglie di Xu, nonché alla maldicenza di un ambiente invidioso e puritano. Ed ecco che su questo piccolo mondo si abbatte la campagna dei Tre Anti e che i diversi personaggi devono preparare le loro "confessioni". Per farsi un'idea di che cosa si attende da loro, sono inviati ad ascoltare le sedute di confessione che si svolgono all'università. Uno dei professori ne ritorna con le seguenti impressioni: "Ora ho capito: più sei brutto e più sei bello, più puzzi, più profumi. Che ha da confessare della gente come noi? Più misfatti hai commesso, e meno c'è da preoccuparsi, perché almeno hai qualcosa da raccontare nella confessione, il discorso fa buona impressione, e si dimostra un alto livello di coscienza e una profonda sincerità". I "candidati al bagnò" si preparano dunque all'autoumiliazione, badando al contempo a non esagerare nell'autodenuncia per non attirarsi ulteriori noie. I più zelanti si precipitano per primi, altri hanno dei dubbi e temporeggiano: tra questi Xu Yangcheng, che coglie l'ipocrisia a cui si è spinti: "Ora siamo sotto la pressione del movimento, le masse ci aiutano a capire in che cosa non siamo buoni. Non potendo resistere, è meglio confessare. Ma ciò che si pretende volontario è in verità estorto. E come ciò che è estorto potrebbe essere volontario? E poi, ci resta sempre una via di uscita: per quanto malvagi, la colpa non è nostra, ma delle vecchie idee. Purché si esprima la propria esecrazione per la società feudale e la borghesia, si dà prova di aver modificato le proprie posizioni e di essere perfettamente puliti." Anche Xu finirà comunque per fare la sua confessione, ricattato com'è dalla sua storia sentimentale: una passeggiata in collina, un appuntamento mancato, gli possono valere l'accusa di adulterio, aggravando la sua posizione nel "bagno". Per quanto infastidito dalle patenti di fedeltà al marxismo leninismo che gli altri si stanno guadagnando battendosi il petto, anche lui non può esimersi dal rituale. Dopo il "bagno", c'è chi si consola di essere riusciti tutti a "varcare la soglia", nella convinzione di essersi guadagnato una volta per tutti una patente di lealtà; ma chi la sa più lunga lo avverte che bisognerà "lavarsi" spesso, una sorta di toilette quotidiana. Xu, terminato il suo velleitario romanzo d'amore, ripiega su una carriera di specialista: chiede di poter insegnare grammatica inglese convinto che sia meglio tenersi alla larga dalla letteratura: "Se dovessi insegnare l'arte della metamorfosi, finirei per scartarmi dalla politica e per fare dell'arte per l'arte. Oramai, più starò lontano dalla letteratura, e meglio sarà". Anche gli "specialisti" come Yang Jiang non sfuggiranno comunque alle campagne successive. Nel 1966, quando deve sfilare in pubblico con un cartello al collo ed un cappello a punta in testa, può tutt'al più consolarsi di essere definita "sommità scientifica borghese", accusa meno grave di chi è classificato come "spia del Guomindang" o "spia al soldo dei revisionisti sovietici". La pena inflitta non è dunque troppo severa, occuparsi di pulire le latrine (e Yang Jiang si fa un punto d'onore di eseguire il compito alla perfezione, tanto che ancora adesso c'è chi ricorda con nostalgia la lucentezza della porcellana del bagno turco quando era lei ad occuparsene), ed avere la testa rasata a metà (una testa Yin-Yang, si diceva all'epoca). Nelle Cronache degli anni Bing Wu e Ding Wei (la denominazione secondo il calendario cinese del 1966 e 1967) racconta come si era ingegnosamente confezionata una parrucca con le trecce tagliate della figlia, per coprirsi la testa. Era infatti rischioso girare in città con il segno infamante della rasatura: chiunque era autorizzato ad insultarti e malmenarti. Un'altra astuzia era di infilarsi il cappello a punta inclinato il più orizzontalmente possibile, in modo da dare l'impressione di avere la testa abbassata, quando si saliva sulla tribuna per le sedute di critica di massa: in questo modo si evitavano i colpi per farti abbassare la testa. Yang Jiang insiste insomma a evidenziare il comico ed il senso del ridicolo nelle persecuzioni subite, come quando si paragona al banditore pubblico del Lazarillo de Tormes, descrivendo la scena della sfilata in mezzo a due ali di folla durante la quale deve alternare i colpi di gong all'annuncio: "Sono una intellettuale borghese!": "Dentro di me pensavo: c'è forse qualcosa di insormontabile in tutto ciò? In fondo gli intellettuali non sono tutti degli 'intellettuali borghesi'? Non vedevo nessun inconveniente a gridarlo. Mi ritrovavo ad occupare il ruolo del 'pubblico banditore' nel Lazarillo; con la sola differenza che ero contemporaneamente il criminale e colui che ne dà notizia". In conclusione, di quegli anni oscuri Yang Jiang si sforza di ricordare i momenti di luce, ispirandosi al detto che "non c'è nuvola nera senza frangia d'argento": "Se per coloro che subirono insieme la grande calamità degli anni Bing Wu e Ding Wei, che furono perseguitati o tormentati in diversa misura, l'esperienza è servita a rafforzare, sia pur minimamente, la comprensione reciproca e a diffondere un po' di simpatia e di amicizia, si può ben parlare della frangia d'argento che orna le nuvole nere, se non addirittura di una frangia d'oro. Giacché più le nuvole si ingrossano, e più il colore argentato si muta in un colore dorato. Secondo il proverbio, 'le nuvole colorate si disperdono facilmente'. Si è mai visto un cielo coperto in eterno di nuvole nere? Voltare la testa in direzione delle nuvole che pesavano sul nostro povero cielo in quegli anni è insopportabile. Ne è rimasta però una traccia indeleb.ile nella mia memoria, l'immagine di una frangia dorata che irradia calore". 25
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