Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

macerie, infagottato in una divisa che sembra stanco di portare, ora che non ha più nulla per cui combattere. La cantina serviva da rifugio anche per l'asilo e ospitava fino a 50 persone, per puro caso la strage non è stata ancora più orribile. "Avt:,voportato da mangiare alla mia famiglia in cantina. Poi mi sono allontanato di pochi metri" racconta Sveto piangendo. "Il vento dell'esplosione mi ha gettato a terra. Quando mi sono alzato e sono tornato qui mi sono tolto il cappello emi sono detto 'Ecco, non ho più nessuno'!" Sveto era da solo anche al funerale, lui e 5 bare, perché ancora una volta Slavonski Brod era sotto attacco. Che cosa pensa del fatto che i Serbi abbiano deciso di battersi per uno stato separato, del fatto che dichiarino di temere un genocidio da parte Croata o Musulmana? Risponde: "Non lo so, solo che con Tudjman non ho avuto nessun problema. Io sono stato con chi mi dà da lavorare. E ho sempre aiutato tutti, specie i rifugiati serbi che si trovano qui in Croazia. Adesso so solo una cosa: che mi vendicherò". Mostar. Stuntman e samurai contro l'assedio dei Serbi "Rispondimi sei un turco" all'inizio del secolo questo modo di dire era molto diffuso tra i Musulmani della Bosnia che si consideravano Turchi a tutti gli effetti, anche se il dominio ottomano era finito dal 1878. In realtà erano Slavi, convertiti per amore o per forza all'Islam, e anche se sotto i Turchi dovevano usare caratteri Arabi, la loro lingua è sempre stata il Serbo Croato. Sotto Tito erano stati classificati all'inizio come "nazionalmente indeterminati" poi nel 1968 come Musulmani. IN azionalisti serbi per giustificare una guerra di conquista che ha travolto due terzi della Bosnia li presentano come un focolaio di fondamentalismo islamico e giocano sulla diffidenza occidentale per i Turbanti di stato. In realtà iMusulmani di Bosnia sono uno dei popoli più laici del mondo, come quelli che abbiamo incontrato a Mostar quando l'assedio dei Serbi stringeva ormai la città in una morsa senza scampo. "Controlliamo solo il centro, loro sono intorno sulle colline". Ci dice Suad Chupinja, ex campione europeo di karatè e ora comandante della difesa Bosniaca "Pochi giorni fa hanno gettato un'auto dalla scarpata che sovrasta una moschea e nell'auto abbiamo trovato un uomo trapassato da 20 coltellate. Un altro lo hanno ucciso i cecchini mentre usciva dalla città, così come hanno ucciso madre e figlio sul ponte. Di 120.000 che eravamo siamo rimasti la metà. Parecchi civili hanno cercato di attraversare il fiume con dei canotti tenendosi a un cavo, ma i serbi hanno aperto le chiuse e l'acqua ne ha spazzati via chissà quanti. Anche perché i primi che cercavano di far passare erano donne e bambini. Intorno a Mostar ci sono più cetnici che federali ma i più feroci sono i montenegrini. Belgrado ha legalizzato il diritto di saccheggio e vengono qui per questo. Hanno attaccato la fabbrica di tabacco e hanno portato via tutte le macchine. Non sappiamo quanto potremo resistere". "Hanno distrutto le moschee" ci dice Humo Mirza, un combattente Musulmano. "Erano vecchie di quattro secoli. Le bandiere dell'Unesco che sventolavano sui minareti non le hanno salvate dal cannone. Erano un monumento. E anche se non erano molto frequentate, per noi erano un simbolo della città e del suo passato". Humo ha lavorato come stuntman in un film italiano sull'Afghanistan diretto da Pierluigi Ciriaci con Frank Valenti e Marco de Gregorio. "Sapete"dice, "il paesaggio qui intorno è molto simile all'Afghanistan e si presta bene a girare certi film di guerra genere 'Macho-Rambo"'. Quando gli abbiamo chiesto se era peggio la realtà o quello che aveva visto al cinema, Humo ha trovato ancora la forza di scherzare. "Certo la realtà è peggio, è la tua casa che viene distrutta, è la tua gente che viene uccisa, ma quanto agli 'effetti speciali' che ci vengono offerti gratis dai federali, beh non hanno nulla da invidiare a quelli del cinema". Accanto a loro c'è anche una ragazza, Musulmana IL CONTESTO Fugo dallo Bosnia (foto Peternek,agenzia Contrasto). anche lei anche se si chiama Maria. Capelli rossi tagliati cortissimi, tuta da combattimento, Maria è la dimostrazione vivente di quanto sarebbe difficile imporre il chador in queste regioni. Maria è un poliziotto e addestra i civili all'autodifesa, spara e insegna a sparare, ma la vera ragione per cui ci porta al bar e che è innamorata di un italiano dell'Onu e ha voluto dircelo prima che l'assedio chiudesse del tutto la città. Bosanski Brod, ospedale Poco prima di mezzogiorno due granate centrano l'ospedale di Bosanski Brod, ferendo tre persone. Come a Vukovar la vita della clinica è sprofondata nei sotterranei dove si ammassano più di 200 feriti. Metà sono civili. L'anno scorso gli interventi chirurgici erano stati 2700. In un mese di guerra se ne son fatti 1800. Su un tavolo operatorio imedici si affannano a rianimare un mezzo uomo con le gambe sparse in un pantano di ossa e di sangue, ma è tardi. Nel cerchio dei camici e dei macchinari quei corpo, che avrà poco più di vent'anni, sembra sprofondare a poco a poco, strappando a uno a uno tutti i fili che lo legano ancora alla vita. Il sangue gli ha già chiuso gli occhi e una dottoressa scuote la testa guardando un collega, che non smette di massaggiare quel cuore vuoto. In cortile incontriamo sua madre che piange sotto gli occhi dei soldati di guardia. "Ho sempre fatto offerte", dice. "Ho sempre pregato, perché Dio mi ha abbandonato, perché ha preso mio figlio?" Poi l'allarme suona di nuovo e la trascina lontano. Nei sotterranei dell'ospedale, a un ritmo forsennato, altri medici affrontano l'orribile fantasia delle ferite di guerra ricucendo

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