Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

IL CONTESTO Guerre Sante Diario iugoslavo Mimmo Lombezzi "Non dimenticherò mai quello spettacolo a Foca. Questa piccola e graziosa città era stata occupata dai cetnici. Quando noi siamo entrati laggiù, abbiamo appreso che avevano massacrato la popolazione musulmana. Regolarmente, un giorno su due, un gruppo di prigionieri fra quella povera gente veniva condotto a morte, gli tagliavano la gola e gettavano i cadaveri nel fiume. Mentre attraversavamo il ponte, mi ha detto: 'Mio marito è laggiù'. Io guardai il fondo e tra· le onde del fiume vidi uno dei più spaventosi spettacoli di cui mi ricordi: là in basso nell'acqua verde e rapida c'erano cinque o sei corpi rigidi come statue di cera". Chi racconta è un testimone di eccezione, nientemeno che Josip Broz Tito. Il massacro che descrive, avvenuto nel 1942, si sta ripetendo identico 50 anni dopo, negli stessi luoghi, e con lo stesso copione. Certo a quell'epoca fra i moventi dei Serbi c'era anche la vendetta per le migliaia di connazionali uccisi da Croati e Musulmani ma già allora si progettavano territori purificati da elementi "non nazionali" cioè non Serbi. Oggi come allora il metodo più veloce per espellere in massa la popolazione è il massacro, e i cadaveri senza occhi, braccia o gambe, che oggi riempiono gli obitori della Bosnia non sono il risultato di "individui o gruppi irresponsabili" come li ha definiti il leader serbo Milosevich, ma di un piano di terrore elaborato da tempo e freddamente attuato. Così come i lager sotterranei dove si violenta o si acceca o i campi di prigionia per migliaia di ostaggi civili da usare come merce di scambio. "È una guerra Santa", ha ripetuto recentemente Shesheli, il leader dei Cetnici, e ha detto che i confini della Grande Serbia dovranno andare "Dai Monasteri dell'Est ai cimiteri dell'Ovest" cioè dagli eremi ortodossi del Kossovo alle porte di Zagabria dov'erano i lager in cui migliaia di Serbi furono uccisi dagli Ustasha Croati 50 anni fa. E ha aggiunto "Scorrerà un fiume di sangue". È quello che sta avvenendo in Bosnia. La Neretva, il fiume dei massacri della seconda guerra mondiale, oggi attraversa un labirinto di città assediate su cui incombe il destino di Vukovar, la città Croata rasa al suolo dai Serbi. Se Sarajevo può resistere ancora dei mesi, Mostar, in Erzegovina, ha i giorni contati. Senz'acqua, senza luce, senza cibo la città dei minareti, è in fondo a un catino di montagne da dove i Serbi fanno il tiro a segno sui passanti. La maggior parte degli assedianti non sono federali ma Cetnici Montenegrini, accorsi a migliaia da quando Belgrado ha legittimato come "bottino di guerra" tutti i beni saccheggiati nelle terre occupate. Quando sfonderanno la mediazione della Croce Rossa che impedì un massacro di massa dopo la resa di Vukovar, non avrà alcun peso. "Abbiamo capito troppo tardi che ci stavano chiudendo" ci ha detto una donna uscita daMostar con un convoglio dell 'U nprofor di 600 profughi "E adesso siamo in trappola". Lungo la strada che esce dalla città, si allunga una coda di auto completamente distrutte. Sono tentativi di fuga di singoli o di intere famiglie, che i Serbi hanno fermato, per sempre, a metà dalla salita. Usano mitragliatrici antiaeree caricate con proiettili esplosivi, un'arma che non dà scampo. Dall'alto si può vedere la città, sprofondare sotto il sole in un silenzio spettrale rotto solo dai colpi di mortaio · che esplodono nel centro. Nel sud dell'Erzegovina, a Metkovic, Neum, Shiroki Brieg, o Livno è soprattutto l'aviazione che fa strage con le "Casetna" le bombe a frammentazione che scagliano attorno 300 granate. Una di queste è caduta su Medugorje pochi giorni prima del suo centenario. Si sa che le guerre sante non risparmiano i Santuari. L'unica zona della Bosnia in cui Musulmani e Croati resistono all'offensiva Serba è Bosanski Brod, al confine con la Croazia. Cercando di bombardare il ponte sulla Sava i Mig federali hanno colpito per sbaglio le posizione dei Serbi e gli avversari ne hanno approfittato respingendoli di alcuni chilometri. Le storie che seguono, raccolte in questo inferno, danno solo un'idea del bagno di sangue che si sta preparando. Livno, 12 maggio 1992 La pianura allagata si stende per chilometri azzurra e verde, senza inviare un suono, come dopo un'alluvione. Il silenzio instabile della guerra zittisce anche gli uccelli ma poi parla il mortaio squarciando le foreste. Da Trumiza e Dolaz, due villaggi Foto Hoviv Sobo (Contrasto). 11

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==