IL CONTESTO programma, in sostanza, il vernacolo deve diventare lingua ufficiale, utilizzabile in ogni situazione e a tutti i livelli. In effetti in passato alcune nazioni sono riuscite a portarlo a termine: ad esempio, gli Olandesi nel diciassettesimo secolo, e poi i Cechi, i Finlandesi; era un aspirazione diffusa. Si voleva una lingua finlandese, che potesse esprimere ogni sorta di pensiero e nella quale si potesse, se necessario, scrivere tesi di laurea. In una certa fase, poteva anche essere un progetto perfettamente ragionevole, ma non lo è più. Ed è molto interessante che oggi sia Olandesi che Finlandesi usino l'inglese come lingua di insegnamento, poiché non vi è nessun 'vantaggio comparativo' nello sviluppo di una terminologia separata per la biologia molecolare in finlandese. Ovviamente si potrebbe fare ed è stato fatto. Eppure, nel prossimo futuro, tutti noi vivremo in un mondo plurilinguistico, nel quale per diversi scopi parleremo e scriveremo in una certa lingua, mentre per altri dovremmo conoscere una o più lingue straniere. L'ideale di un mondo completamente monolingue non ha più senso, eccetto forse nei paesi di lingua inglese. Non è più possibile nemmeno in Francia, nonostante i tentativi dei Francesi. Di fatto il multilinguismo è già ampiamente diffuso, grazie alle costanti migrazioni ed ai mutamenti che esse producono. Quando sono a New York posso vedere il telegiornale italiano o francese. Ciò vale, ovviamente, per le trasmissioni in cinese, coreano, spagnolo ... Vede, questo non ha nulla a che fare con lo status dell'inglese come lingua ufficiale degli Stati Uniti. Ho l'impressione che sarà molto difficile a paesi come la Lituania e la Georgia imporre una lingua poco diffusa a scapito di altre, per certi versi più utili. Quindi la contaminazione linguistica e culturale è un aspetto positivo della modernità. Sì. infatti mi sembra che il futuro ci riservi non una eliminazione di questa o quella lingua, ma un convivere di più idiomi. Ho scritto nel mio libro che il quechua, lingua ufficiale del Perù a fianco dello spagnolo, difficilmente si affermerà nell'istruzione universitaria o nella stampa. Anche le persone che parlano una lingua tra le mura domestiche e che per certi scopi scrivono in quella lingua, per altri ne usano una diversa. Da questo punto di vista, il Terzo Mondo ha qualcosa da insegnarci. In paesi come l'India, vi è sempre stato il multilinguismo a tutti i livelli educativi. I singalesi, per esempio, hanno una cultura letteraria scritta ed allo stesso tempo le classi colte utilizzano l'inglese o altri idiomi indiani. Scrivono e parlano in inglese senza sentirsi per nulla dei traditori. Negli stati multietnici si assiste però a fenomeni di consolidamento dei confini etnici: coreani contro neri, neri contro ispanici, e così via. La distribuzione di risorse in base ad un criterio etnico è del resto un ottimo incentivo a definire con precisione i confini del gruppo: essere dentro ofuori fa una certa differenza. Quando risorse scarse si rendono disponibili, i gruppi hanno un ottimo incentivo per essere omogenei, oppure per inventarsi un insieme di criteri che qualificano l' indi viduo come membro a pieno a titolo. Credo che questo sia un aspetto molto importante oggi. Quando così tante risorse sono distribuite o redistribuite attraverso l'azione pubblica. La mia impressione è che soprattutto i sistemi politici democratici. fondati sulle elezioni. incoraggino la formazione di lobbies e il criterio etnico è molto efficace nel definirne i confini. Ovviamente, in un sistema politico basato sul voto, praticamente ogni associazione può tramutarsi in gruppo di pressione elettorale. Esso ha vantaggi strategici. Per esempio, i neri negli Stati Uniti, i quali non si pongono nemmeno il problema di fondare uno stato indipendente, hanno un notevole peso elettorale, grazie alla loro pesante concentrazione in certe aree, come le grandi città. D'altra parte è così che si svolge tutta la politica locale americana: ogni minoranza cerca di assicuril!si il controllo di un area, ed eleggere lì un suo rappresentante. E di importanza enorme per un 10 gruppo, specie in società multi-etniche, l'accesso equo o meglio - privilegiato alle risorse distribuite dal centro. La contaminazione è dunque tutt'altro che acquisita. Emerge un quadro difeudi etnici, ognuno in guerra o almeno in competizione con l'altro. Vede, in passato queste minoranze ritenevano che il modo migliore per proteggere i loro interessi e diritti fosse quello di affiliarsi ad un movimento nazionale, ad un partito di respiro nazionale. Ad esempio. sia in America che in Gran Bretagna, i gruppi etnici di solito appoggiavano i partiti di sinistra di opposizione, i Democratici e i Laburisti, oppure in altri contesti le organizzazioni cattoliche ... La novità dell'attuale situazione consiste nel fatto che questi gruppi si sono autonomizzati. Essi ora ritengono di essere maggiormente efficaci se si organizzano da soli, separatamente. Da una parte ciò riflette l'indebolimento dei partiti e dei movimenti a carattere nazionale: dall'altra l'indebolimento dello stato-nazione, il quale misurava gli effetti delle sue politiche su la popolazione tutta. Emerge una nuova forma di stato, che contratta ora con una lobby ora con un'altra. Sembrerebbe che questi gruppi abbiano acquisito a certa mentalità 'sindacale'. Sì, è vero che i sindacati operano nello stesso modo. Detto per inciso, anche i sindacati subiscono questa segmentazione. Dapprima, erano legati ad un partito nazionale oppure ad una forte centrale sindacale. Ora i vantaggi ad essere affiliati ad un centro sono sempre minori. È più conveniente formare un sindacato indipendente, magari privato, che opera senza i vincoli che può porre una politica centralizzata o nazionale. Qualunque programma politico di respiro nazionale limita lo spazio di manovra. A me pare che, nel contesto di contrattazioni decentralizzate, i gruppi etnici troveranno più facile affermarsi. Lei crede che questa nuova situazione produrrà elementi positivi? Personalmente sono molto scettico. Non credo che la somma delle minoranze dia una maggioranza. La grande forza della sinistra - e penso ora al partito democratico americano e ai parti ti socialisti europei - stava nel fatto che essa era sostenuta dalla grande maggioranza della popolazione, compresa la classe operaia, ed era così in grado di incidere in modo significativo sui paesi dove operava. Inoltre riusciva a promuovere anche gli interessi delle minoranze che si appoggiavano a loro. Non vi è dubbio che oggi il fatto che il partito democratico americano si leghi in maniera esclusiva a certi gruppi, non solo etnici, rende le cose più difficili, poiché diventa impossibile un'alleanza di tutte le minoranze. Ho sentito dire da qualcuno negli Stati Uniti che è difficile prevedere come un anziano cattolico di origine italiana. che ha sempre votato democratico, voterà in futuro. Vi è forse un elemento di esagerazione, ma anche un grano di verità. Nei sistemi politici, come quello americano, o nei partiti, come quello laburista inglese, che stanno perdendo il loro carattere di massa. le minoranze assumono un'importanza sproporzionata. Pensi alle elezioni presidenziali americane, dove vota meno della metà degli aventi diritto. Ogni minoranza che riesce a mobilitare anche solo il tre per cento dei votanti diventa estremamente rilevante. Si rompe così quello che chipmerei il "fronte popolare per l'interesse generale", l'interesse delle minoranze e delle maggioranze della sinistra. Qual è il compito della sinistra? Deve riflettere a fondo su questi temi e non assecondare involuzioni 'feudali', corporative, contrarie alle stesse tendenze di lungo periodo del mondo moderno.
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