Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

qualche anno fa passeggiando nella Villa ho riprovato l'emozione di sempre, quando mi è capitato di localizzare un bel nido di Picchio, altissimo nel foro rotondissimo di un grosso pino. Erano anni che sentivo dei picchi corteggiarsi rumorosamente fra gli alberi con ritmate martellate-mitragliate sui tronchi cavi, passare velocissimi nei loro voli ondeggianti nelle zone più interne e meno frequentate della Villa. Scoperto il nido, in primavera il mio punto di sosta era diventato una certa panchina, dove leggevo i giornali, e dove mi piaceva svolgere informalissimi colloqui di lavoro, talvolta anche delicati. Ma chi mi vedeva leggere o chi discorreva con me non sapeva che io con la coda dell'occhio e un pezzetto di cervello seguivo le visite dei picchi genitori al nido. Questa gelosia sulle proprie scoperte è una caratteristica distintiva di quell'essere fondamentalmente perturbato nei suoi rapporti sociali che è il naturalista. Mantenere segreti i luoghi di nidificazione di specie rare è un'ottima precauzione per evitare curiosità di improvvisati predoni o deleteri ornitologi o fotografi dilettanti che a forza di curiosare goffamente spesso fan sì che i nidi vengano abbandonati. Ma c'è, in questo riserbo, anche qualcosa di più profondo, quasi il senso di colpa di chi rivela ad altri la confidenza di un'amica. Da allora i picchi sono andato a trovarli spesso. Mi sono interessato ai loro amori, ai cambi nella cova delle uova, ho spiato la nascita e la crescita dei piccoli. Le cose andavano piuttosto bene. Si vedevano in giro giovani picchi appena usciti dal nido e non ne ho mai visti a terra di morti, segno evidente delle floride condizioni alimentari della famiglia. Una volta- i piccoli erano in pieno periodo di crescita- ho tremato quando è stata organizzata nella villa una festa musicalpopolare, con tanto di sontuosissimo palco che stava proprio sotto il nido! Gli addetti alla sua costruzione sono stati perseguitati da un bizzarro personaggio che con cortesia ma apprensione chiedeva informazioni sull'andamento dei lavori. Forse avranno pensato ali' ultimo rampollo dei Torlonia, sofferente nel vedere ridotta ad arena di pop-music la casa dei suoi avi, o chissà che altro. Ma a nessuno sarà venuto in mente che si trattava di un preoccupato amico dei picchi. Quella notte, musiche, luci e folla. Il mattino dopo - grazie a Dio - tutto a posto. I piccoli erano regolarmente nutriti dai genitori, il nido era salvo! Ho provato una sensazione intensa di sollievo totale di quelle che si provano di rado; tipo alla fine dell'esame di maturità! Quelle gioie complete, fatte di sentimenti esclusivamente positivi, dove tutto ti sembra razionale e giusto. Mi sono venute in mente le considerazioni di Ippolito Pizzetti - naturalista entusiasta ed enciclopedico-: "I picchi, sono specie preziosa e oggi purtroppo rara, ed è proprio al loro diradamento che sono imputabili le infestazioni, gravissime, che decimano alcune specie di alberi della nostra flora. I picchi, con la loro lingua retrattile lunghissima, riescono a estrarre dai buchi insetti parassiti degli alberi che altrimenti risulta praticamente impossibile debellare". Una volta li voleva reintrodurre in non ricordo quale bosco, liberandone una coppia. Ma le traversie dei picchi non erano finite con la festa, al contrario. Non voglio essere menagramo né trarre a tutti i costi SCIENZA/ ALLEVA cattivi auspici (a proposito: aves spicere, osservare gli uccelli), ma credo che la loro situazione sia irrimediabilmente compromessa. Tutto è cominciato quando gli amministratori locali hanno deciso di aprire un nuovo accesso alla Villa. E quale punto è apparso loro più adatto se non quella sperduta valletta, infestata dai rovi e apparentemente quasi dimenticata nella quale, proprio per questo, nidificavano i picchi? Detto fatto la porta è stata aperta, e da lì si diparte un largo viale ghiaioso che passa dopo pochi metri proprio sotto il nido dei picchi. Anzi, sotto l'ex nido dei picchi, poiché prevedo si considereranno inquilini con sfratto esecutivo. Mal' "opera di bonifica" oltre che l'apertura della nuova porta e del vialetto, ha riguardato anche tutte le piante autoctone della zona e quando ci sono tornato quest'autunno mi sono trovato in un fangosissimo deserto, con le scarpe rovinate. Mi è ritornata in mente una simpaticissima assessoressa romana che in un breve dibattito radiofonico mi aveva assicurato - essendo di sua competenza moltissima roba tra cui i parchi - la sua più concreta attenzione ai problemi che andavo frettolosamente elencandole. Mi sarebbe piaciuto che i miei ricordi di bambino, visitatore clandestino della Villa, divenissero per i bambini del quartiere, visite guidate alla flora e alla fauna di questi lembi importantissimi di natura, centro di diffusione delle specie originarie e rifugio estremo di quelle che tra cemento e tegole proprio non ce la fanno a sopravvivere. Ricordo le mie suppliche a lasciare intatta la flora originaria - piantacce spinose comprese - anziché inquinarla con qualche esteticissima (dicono) pianta esotica, che mal si adatta, poi si ammala e diffonde malattie alle altre piante, anziché essere ultimo baluardo delle forme vegetali in una giungla di costruzioni. Visti i risultati sono arrivato poi a chiedermi - è sbagliato, certo - se in fondo per il quartiere non sarebbe stato meglio che la Villa rimanesse chiusa, dato che i cani non ci possono entrare liberi, la vegetazione è pericolosamente minacciata, e quegli animali che vivevano esclusivamente lì vanno diradandosi anno dopo anno. I picchi, ne sono certo, la pensano così, ma io continuo a sperare che resisteranno, che si costruiranno il nido in quella microscopica parte della Villa che è tuttora rigorosamente inaccessibile al pubblico. È evidente dunque che non ha senso cercare di restituire ai metropolitanissimi cittadini il senso della natura aprendo porte e riempiendo di ghiaiai vialetti. Così si soddisfano solo gli umori elettorali di chi cerca l'uso più facile e superficiale di Villa Torlonia, che, d'altra, parte non verrebbero intaccati da un accesso in meno. Invece di spendere soldi per "razionalizzare" ulteriori lembi di parco meglio sarebbe utilizzare una delle stanze del fatiscentissimo complesso già residenza del Duce a fini naturalistici, per esporre le foto di fiori e animali da far riconoscere ai bambini e per far partire di lì qualche visita guidata. Certamente se ci si fosse avvicinati con questa ottica al parco, se si fosse rispettata la natura cittadina, anche quella affatto esotica, anche la presenza dei picchi sarebbe stata notata, e, ovviamente, rispettata. 109

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