Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

di riconoscere le deficienze o i crimini dei regimi che difendono; e Trombo, analizzando il fallimento di una rivoluzione di 2000 anni fa, commette lo stesso errore. Il suo ostinarsi sul fatto che Spartacus debba essere considerato il solo, unico capo della rivolta piuttosto che una specie di essenza spirituale e intellettuale di un comando collettivo, il suo evitare a tutti i costi il problema della corruzione e del degrado dei capi delle rivoluzioni, e la sua sventata giustificazione della purga stalinista dei Vecchi Bolscevichi per mantenere l'unità, alludendo all'assassinio di Trotsky come risultato drammatico di un conflitto tra due fratelli che fondamentalmente condividevano gli stessi obiettivi(!), ma che adottavano strategie contrastanti perraggiungerli, tutto denota l'inclinazione elitaria e autoritaristica di Trombo e dimostra che la sua analisi ha in comune con quella di Koestler molto più di quanto egli voglia ammettere. Dove Trombo e Koestler divergono realmente è sulla questione se, e fino a che punto, il fine giustifichi i mezzi. Allo stesso modo Fast e Koestler condividono le analisi di base circa la sconfitta di Spartacus, anche se secondo Fast il bicchiere della liberazione dell'umanità era mezzo pieno, mentre per Koestler era, e sempre sarà, mezzo vuoto. Lontana dal voler essere un'esposizione élitaria, la tesi principale del romanzo di Koestler, Buio a mezza giorno, che egli scrisse immediatamente dopo / gladiatori, era il rifiuto delle avanguardie che si autodefiniscono rivoluzionarie e secondo le quali il fine giustifica i mezzi. Ne I gladiatori, Koestler cercava solamente di utilizzare la comunità utopistica fondata da Spartacus come modello di laboratorio per una isolata rivoluzione socialista in un paese arretrato e sottosviluppato come la Russia. Non si può pretendere che i suoi eroi schiavi capiscano i sacrifici che Spartacus chiede loro di fare, così come non ci si può aspettare che i contadini russi capiscano la collettivizzazione dell'agricoltura e l'industrializzazione a tappe forzate. Spartacus però ha troppa compassione per i suoi seguaci per scegliere la strada di Stalin, per usare metodi repressivi brutali, per imporre quelle misure che, come lui sa, da sole potrebbero evitare il disastro, e così facendo egli condanna la sua rivoluzione all'inevitabile disfatta. Il nucleo della storia è, o dovrebbe essere, che, nonostante l'enorme potere di Roma, Spartacus riuscì quasi a vincere. Il fatto che egli abbia fallito non ha niente di sorprendente, il fatto che egli si sia avvicinato così tanto alla vittoria è miracoloso. In contrasto con il pessimismo di Koestler (e con quello di Kubrick), la rivolta di Spartacus dimostra che nessun potere oppressivo a struttura piramidale può resistere a lungo una volta che un numero sufficiente di persone decide che esso deve cadere. La sconfitta di Spartacus può aver temporaneamente deviato le aspirazioni degli schiavi romani verso il mondo ultraterreno della religione cristiana, ma, alla fine, furono la costante resistenza degli schiavi fuggitivi, la ribellione dei contadini e della gente del posto che mandarono in rovinaedistrusserol'ImperoRomano.Lalorofortedeterrninazione ad ottenere la libertà è ancora viva oggi come lo era 2000 anni fa, quando la rivolta di Spartacus ebbe inizio. Le idee di koestler forse erano troppo estremiste per poter essere adattate a un film di questo tipo, ma il desiderio di Kubrick di affrontare i reali dilemmi politici e morali insiti in qualsiasi violento cambiamento sociale, di riconoscere le tentazioni di grandezza e di protagonismo che inevitabilmente accompagnano SAGGI/COOPER la salita al potere di una nuova classe sociale, che fino a quel momento è stata oppressa, di esporre i veri conflitti politici interni al partito degli schiavi e in parallelo quelli di parte romana - in poche parole, di introdurre nel film un po' di realismo politicoavrebbe potuto rendere Spartacus un'opera che scandaglia più in profondità il mondo della politica invece che quella favola vagamente sinistroide che in massima parte essa è diventata. Note 1) Si riferisce alla lista nera delle persone cui per motivi politici era vietato lavorare aHollywood negli anni Cinquanta, ali' epoca del senatore Mc Carthy. 2) Dalton Trumbo, The Sequence on Vesuvius: Notes, pp.2-3. 3) Trumbo, op. cit., p.5. 4) Arthur Koestler, The Invisible Writing, p.326. 5) Ibid, p.322. 6) Ibid, p.327. 7) Trumbo, op. cit., pp.4 e 6. 8) Howard Fast, Spartacus, pp.168-69 e 192-93. «Il socialismo, se vuole sopravvivere, deve ricollegarsi alle sue radici cristiane, e in particolare deve stabilire un rapporto nuovo con lo spirito protestante». Questa tesi ricorre nei vari capitoli - storici, teologici, politici - di questo libro e costituisce l'appassioGiorgio Bouchard Spirito Protestante e Etica del Socialismo nata replica a t quanti, sul!'onda CIl di un'affrettata lettura di Max Weber, hanno ritenuto l'etica protestante indissolubilmente legata allo «spirito del capitalismo». Giorqio Bouchard, pastore vauiese, è presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Il volume può essere richiesto inviando L. 20.000 sul ccp n. 61288007 intest;ato a coop. com nuovi tempi, via Banco di S. Spirito 3, 00186 Roma, specificando il titolo del volume richiesto e indicando con chiarezza il proprio indirizzo. Per ordinazioni telefoniche: 06 I 6864733 107

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