Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

Spartacus, nel suo confronto con Crasso, si comporta come un uomo che capisce di aver ottenuto una grande vittoria morale nonostante la disfatta; questo Crasso non lo capisce. Crasso prova solo un sentimento di disfatta nella vittoria, e ha la premonizione che alla fine tutto ciò che secondo lui c'è di sacro sarà distrutto. Spartacus inizia come animale, e diventa uomo, ossia diventa consapevole del proprio prossimo al di là di se stesso.L'essenza dell'umanità deve elevarsi al di sopra del proprio io, identificandosi con qualcosa di più grande, con il bene di tutta l'umanità. Lo spirito e l'intelletto di Spartacus nel momento della sua disfatta e dell'agonia morale si innalzano tanto al di sopra del suo io da simbolizzare lo spirito e l'intelletto di tutta la comunità degli schiavi uccisi. Il loro scontro è del tutto personale, non è altro che un uomo in collera per la sconfitta e uno che esulta per la vittoria. La crisi morale del momento è totalmente elusa a favore di un meschino disaccordo tra egoisti. Spartacus inizia come uomo (e per la prima ora è un uomo molto sensibile dopo l'impatto iniziale) e finisce come animale, tutto preso nella scena con Crasso solo dal suono del proprio nome, il destino della propria persona, la propria vanità ferita. In questo modo è come se lui riassumesse l'aspirazione principale di tutta l'umanità-la libertàcon sogghigni, provocazioni beffarde, allusioni a se stesso - e con uno sputo. Finora mi sono occupato soltanto della piccola e grande visione di Spartacus delineatesi quando il protagonista stesso è di scena. I personaggi però vengono costruiti anche in altro modo, ossia attraverso l'effetto delle loro azioni. Fino a questo momento mi sono occupato dello Spartacus in azione, ora esaminerò invece il suo personaggio in rapporto alle reazioni da lui suscitate, in particolar modo nei suoi nemici. GRANDESPARTACUS La ribellione degli schiavi scardinò tutta la struttura sociale di Roma. Provocò una lotta politica tra i capi di Roma. Spartacus minacciò Roma, seminando il terrore. Il terrore ebbe come risultato politico la fine della Repubblica e la salita al potere di Crasso come dittatore. PICCOLO SPARTACUS Ciò non avvenne. La lotta non ebbe niente a che vedere con Spartacus: egli fu un pretesto, in nessun caso la molla o la causa di quanto accadde. Egli non fu una minaccia per Roma, e non è giusto mostrare o parlare di terrore. Spartacus non seminò alcun terrore, quindi non ebbe alcun influsso sulle vicende politiche di Roma: la dittatura Gracco, in seguito, intuisce l'imminente caduta della Repubblica e ne attribuisce la causa a Spartacus. Gracco, alla fine, capisce che una Repubblica basata sulla schiavitù è destinata a diventare schiava essa stessa, che la libertà che la Repubblica negava a Spartacus sarebbe stata negata alla Repubblica stessa, in poche parole che Spartacus ha distrutto la Repubblica che non gli avrebbe concesso la libertà, che Spartacus ha sconfitto il suo nemico e ha vinto. Spartacus lo capisce infine da sé: e si comporta con Crasso con la dignità e la forza che si addicono a un vincitore. SAGGI/TRUMBO di Crasso fu un semplice avvenimento, e qualsiasi discorso o scena che attribuisca a Spartacus qualche influenza sui fatti di Roma deve essere tolta. Un simile riconoscimento dell'influenza esercitata da Spartacus deve essere eliminata dalle scene. Gracco non pensò nulla del genere, e qualsiasi dialogo che indichi che egli ha compreso l'enorme levatura di Spartacus va tagliato. Spartacus non fu mai consapevole delle proprie azioni; egli in effetti non potrebbe esserlo in quanto tutti i dialoghi romani, le scene e le parti che · gli attribuiscono una concreta autorità vanno tagliate, o scritte in modo tale da non presentare Spartacus come un personaggio le cui azioni influiscono sul nemico, sui capi, sulla gente e sullo stato di Roma. Nell'esposizione di cui sopra, riguardante il personaggio e la storia di Spartacus, posso aver commesso qualche errore, ma marginale; nel complesso credo che l'esposizione sia corretta e comprovata dai documenti scritti. Durante tutte le discussioni - che ormai proseguono da più di un anno - lo scrittore ha costantemente difeso la visione del grande Spartacus. Il nostro primo, secondo e ultimo copione si basano tutti sulla Grande visione del personaggio; la Piccola visione non è in alcun modo presente. Durante la stesura di questi tre abbozzi, tutti noi eravamo d'accordo sul fatto che le parti di Spartacus non erano scritte bene come quelle romane. Si diceva che questo dipendeva dal fatto che dovevamo ancora trovare gli attori che interpretassero i romani. Comunque pensavamo che ci sarebbe stato tutto il tempo necessario per riscrivere le parti di Spartacus, una volta che avessimo sistemato le altre. La storia romana è stata riscritta più volte - rimaneggiamenti di scene, riorganizzazione ecc. - senza però mai alterare seriamente la trama. Una volta approvata, essa è rimasta uguale dal1'inizio alla fine. Di conseguenza, limitandoci a migliorare qualche scena, ma restando fedeli alla trama, non abbiamo mai avuto grossi 101

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