SAGGI/FLORES GLADIATORI DI HOLLYWOOD Marcello Flores Nell'ottobre del 1961 ebbe luogo la prima del film Spartacus, diretto da Stanley Kubrick e tratto dal romanzo di H. Fast, con protagonista Kirk Douglas. Fu un film che fece epoca, non solo per il successo che gli arrise, in riconoscimenti e denaro, ma per il significato politico che ebbe. Sceneggiatore, infatti, era Dalton Trumbo, uno dei dieci di Hollywood, tra i primi di quella lista nera di stampo maccartista che i produttori imposero/ accettarono in ossequio alla campagna anticomunista di associazioni, giornali, uomini politici e dirigenti sindacali e che estromise dal lavoro decine e decine tra scrittori, attori, tecnici e registi. Trumbo, che aveva scritto sotto pseudonimo numerosi soggetti e sceneggiature di successo, firmò Spartacus col proprio nome. Il boicottaggio di numerose associazioni patriottiche fallì e lo stesso neoeletto presidente Kennedy contribuì alla buona riuscita commerciale e di critica di un'opera che sembrava muoversi nella stessa direzione culturale della Nuova Frontiera kennedyana. Il film ebbe uno strascico di polemiche non solo tra i suoi detrattori ideologici: lo stesso Kubrick disconobbe l'opera lasciando a Kirk Douglas, che era stato anche produttore esecutivo, la responsabilità del prodotto finale. Per anni si parlò di scene tagliate e censurate dalla Universal Pictures in ossequio a pressioni della chiesa cattolica, finché nel settembre del 1990 il film venne presentato nella sua integrità dopo un lungo e faticoso lavoro di restauro e di ricerca filologica. Su questa storia la rivista "Cineaste" ha pubblicato nel 1991 (n.3) una sorta di dossier comprendente una parte di una polemica relazione fatta da Trumbo nel corso della lavorazione del film, una intervista con il restauratore del film Robert Harris, due articoli dello studioso Duncan Cooper. Noi pubblichiamo qui di seguito il rapporto di Trumbo e il secondo articolo di Cooper (sulla diversa interpretazione storica della figura di Spartaco da parte di Kubrick e di Douglas, ma anche dello stesso Trumbo, dello scrittore Fast dal cui romanzo era stato tratto il film e di Arthur Koestler, dal cui romanzo/ gladiatori un'altra produzione stava costruendo un film in competizione con la Universal), mentre abbiamo utilizzato il primo per queste note di presentazione. IIfilm restaurato aggiunse alcuni minuti alla copia conosciuta e manipolata. Per molti divenne un film diverso, per altri restò sostanzialmente la stessa opera di Douglas, Kubrick, Fast e Trumbo, ma anche di Olivier, Laughton, Ustinov, Curtis, la cui recitazione aveva contribuito non poco al successo dell'impresa. Riscoperta fu la scena d'amore tra Olivier e Curtis (quella detta "delle ostriche e delle lumache"), che era stata censurata, come anche uno schizzo di sangue che imbratta Crasso-Olivier, mentre la devastazione successiva alla battaglia finale divenne più lunga. Molte scene, tuttavia, non vennero ritrovate, e tra queste quelle relative a una delle battaglie vinte da Spartaco, su cui si era a lungo dibattuto e favoleggiato. Trumbo e Fast, per restare fedeli al romanzo, volevano sottolineare la capacità dell'uomo di ribellarsi, in ogni epoca, per rovesciare la tirannia e sconfiggere l'oppressione. Per questo Trumbo si ostinò - nelle quattro stesure della sceneggiatura - a inserire una vittoria di Spartaco contro Roma. Mentre Kubrick intendeva mostrare la violenza e degenerazione morale che nasce da una guerra lunga e difficile, Trumbo, da comunista, voleva inneggiare negli schiavi alla classe operaia; ed entusiasmarsi per una rivoluzione di cui il regista, invece, voleva mettere in luce con crudo realismo i costi morali e umani. Nella versione finale della sceneggiatura, comunque, la battaglia vinta da Spartaco era soppressa, quella iniziale contro Glabro solo 98 raccontata, l'ultima battaglia resa in dettaglio (mentre Trumbo voleva che si sentisse ma non vedesse, enfatizzando invece il sangue del dopo-battaglia). Il 27 gennaio 1959 si cominciò a girare in fretta, per timore della concorrenza con un film tratto dal romanzo di Koestler: le parti sui romani sono tutte precisate mentre quelle che hanno gli schiavi a protagonisti vengono ridefinite cammin facendo. Nel maggio si ha una nuova revisione con inserimento della battaglia vinta dagli schiavi: Trumbo voleva dare maggiore credibilità alla decisione degli schiavi di rifiutare consapevolmente la fuga con i pirati per volgersi contro Roma e rovesciare il sistema schiavistico. Trumbo, comunque, non è sul set, perché scrive ancora in incognito, solo in casa e lontano da regista e attori. Quando vede i primi provini scrive le ottanta pagine su "Due visioni di Spartaco in conflitto". Douglas, anche se i costi aumentano, accetta di rifare alcune scene, ispirandosi all'idea del "grande Spartaco" puntualizzata da Trumbo: si tratta delle scene con l'inviato dei pirati, del discorso agli schiavi in prossimità di Brindisi, del colloquio tra Spartaco, Crasso e Antonino; in Spagn~ si girano le scene di battaglia (l'ultima della sconfitta ma anche alcune tra quelle in cui Spartaco è vittorioso), ma durante l'editing vengono eliminate e scompaiono. Queste poche omissioni (una qualche vittoria di Spartaco che si riesca a vedere, la paura di Crasso meglio motivata, alcuni momenti di violenza e di coralità, anche nelle fasi iniziali della vita dei gladiatori, della prima ribellione e della prima vittoria su Glabro) sembrano ridimensionare il "grande Spartaco" e ridurlo ben presto al "piccolo Spartaco", per lo meno nella concezione della rivolta. Per Cooper il film è diventato banale, noioso, senza tensione drammatica, e da qui sarebbe nato il dissenso finale di Kubrick. Trumbo voleva raccontare il miracolo di una rivolta dello spirito umano che è sconfitta, ma dopo essere stata a un passo dalla vittoria e aver combattuto eroicamente. Un finale epico, contrassegnato dai pirati corrotti da Crasso e dalla fedeltà degli schiavi a Spartaco, a costo della morte. Per Trumbo e Fast Spartaco era una sorta di animale primitivo e ribelle, che cresce nel ruolo di condottiero e si affina nell'amore per Varinia, diventa cosciente delle speranze e necessità dei suoi compagni e infine si identifica con l'umanità che cerca la libertà acquisendo i tratti del capo carismatico. Douglas, invece, privilegiò una caratterizzazione individualistica e "visiva", poco politica; Spartaco quasi non sembra sapere, fino alla rivelazione dei discorso finale, perché combatte; ignaro della propria passione per la libertù e del suo furore contro l'ingiustizia. Sembra quasi essere l'antagonista di Crasso e come lui parla, pensa, ordina invece che agire. Sembra aver raggiunto, così sintetizza Cooper, uno stato di rispettabilità da classe media, altro che ribelle. Trumbo, per sottolineare la quasi vittoria di Spartaco lo fa sconfiggere dal meglio delle tre armate romane, mentre in realtà la battaglia ebbe luogo prima che Pompeo e Lucullo potessero giungere in aiuto di Crasso. Per Trumbo il messaggio era chiaro: anche l'impero più forte può essere sconfitto da una ribellione legittimata sul piano morale; per Douglas, invece, sembra rovesciarsi: la superiorità militare di Roma è il segno della sua inevitabile vittoria. • Piccole modifiche, in conclusione, hanno mutato non poco il tono intero dell'opera, in qualche misura la sua stessa ipsirazione. Solo adesso lo spettatore può cercare di capire che tipo di querelle - ideologica, artistica, politica, storiografica, psicologica - avessero ingaggiato i protagonisti (regista, attori, produttore, sceneggiatore) di quello che rimane, comunque, non solo un film che fece epoca, ma il film di un'epoca.
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