Linea d'ombra - anno X - n. 73 - lug./ago. 1992

IL CONTESTO 'italiano', non pugliese o siciliano, e più tardi il fascismo diedero un grande impulso alla formazione di questa identità. Mi pare fuor di dubbio che almeno gli emigranti che si trovavano qui in Inghilterra cominciarono a sentirsi italiani - e non lucchesi o calabresi - coll'avvento del fascismo. Il suo lavoro sul nazionalismo consiste in una potente decostruzione del concetto di nazionalità e mostra come queste identità siano storicamente contingenti. Non è possibile estendere questo sforza anche al concetto di etnia, cheprecede quello di nazionalismo? Costruire nuove identità non è troppo difficile; alcune però hanno maggior successo di altre. Ad esempio, non vi è alcun precedente per una identità lombarda. Si può sostenere che vi è un certa sostanza storica per l'identità piemontese o toscana, ma la Lombardia era solo un'entità amministrativa. Ovviamente, fino a che un'entità amministrativa chiamata Uzbekistan non esiste, essere Uzbeko significa qualcosa completamente differente. Dunque è possibile sostenere che gli stessi sentimenti etnici sono contingenti, plastici, e ammettono una molteplicità di sfumature e di sovrapposizioni. Le identità etniche che escludono altre identità sono piuttosto rare, ma nondimeno in certe circostanze alla gente è chiesto di scegliere tra diverse identità, anche etniche. Naturalmente è possibile avere una molteplicità di identità etniche, fintantoché esse non entrano in conflitto tra loro. Per esempio, era possibile essere un tedesco-americano, e non vi era bisogno di scegliere fino a quando gli Stati Uniti non entrarono in guerra con la Germania. A quel punto bisognava scegliere. Io credo che sia perfettamente possibile avere non solo due, ma più identità allo stesso tempo. ... El' obbligo della scelta fu dovuto ad unfatto eminentemente politico, come una guerra. Un caso di potenziale identità nazionale che non è mai emersa compiutamente mi pare quella siciliana. Sì, è vero, nonostante vi sia stato un po' di 'separatismo'. In effetti, mi pare che in Italia vi siano forti identità locali (il campanilismo) e alcune identità regionali. E difficile dire, in astratto, quando nasce la scintilla separatista. La grande autonomia regionale di cui hanno goduto e godono la Sicilia e la Baviera in Germania ha frenato il movimento separatista, mentre in Sardegna vi sono state maggiori spinte autonomiste, se non separatiste. Senza dubbio, essi si senti vano e si sentono 'Sardi, non Italiani'. Eppure anche la Sardegna è tutt'altro che omogenea linguisticamente: esiste non una lingua sarda ma diversi dialetti, come il logodurese, il campidanese e il gallurese, oltre al genovese, diffuso a Carloforte. Ad Alghero, inoltre, si parla ancora il catalano. Ciò dipende dal fatto che non si è mai avuto un movimento propriamente nazionalista in Sardegna, con intellettuali nazionalisti. Essi non sono riusciti a creare una lingua letteraria sarda. In Irlanda si ebbe un problema simile: il movimento nazionalista emerse prima del pieno sviluppo della lingua. Ancora non avevano avuto la possibilità di unificare i vari dialetti e creare una lingua propria. Tutto ciò avvenne molto più tardi e lasciò ampie tracce anche nell'ortografia.Quest'ultima è molto più complessa di quella che sarebbe altrimenti stata, poiché si dovette improvvisare l'irlandese come lingua nazionale molto tardi. Di solito, al contrario. il processo di formazione di un idioma letterario precede l' indipendenza. Il ruolo degli intellettuali è dunque cruciale. In fondo, gli intellettuali sono i 'sacerdoti della lingua'. Il ruolo degli intellettuali è centrale. Scrittori e storici, soprattut8 to. Noi storici forniamo la materia prima. Senza il passato non vi sarebbe la nazione. E il passato è costruito, se non inventato del tutto. Naturalmente. Gli storici sono coloro che costruiscono il passato, ma sfortunatamente gli storici professionisti non costruiscono il passato che i nazionalisti vorrebbero. Nondimeno, coloro che costruiscono il passato sono ricercatori e scrittori. Altrimenti rimarrebbe ben poco del passato, solo vaghi ricordi. Il saggio di Ernest Renan, Che cos'è una nazione? ( 1882), che Lei riprende nel suo libro, mi sembra molto chiaro a questo proposito. Sì. esso rimane uno dei migliori scritti su questo argomento, un esercizio di altissima classe. Renan non solo ci ricorda che la storia nazionale si fonda su un'amnesia condivisa, su la rimozione di certi eventi, ma mostra anche l'impossibilità di avere un paese etnicamente puro ... Purezza che i nazionalisti cercano in tutti i modi di accreditare. Naturalmente Renan pensava, come ogni francese a quel tempo, ai problemi della Francia dopo le guerre franco-prussiane. Rimane però che le intuizioni di quel saggio si sono poi rivelate particolarmente fruttuose. Oltre alla lingua ed alla storia, un gruppo etnico, una potenziale nazione ha bisogno anche di un nome. Un nome. senza dubbio. Non è però chiaro quando i nomi vengono creati. Immagino che i Baschi avessero un nome ma non un paese. Probabilmente essi dicevano 'sono Basco', ma non avevano necessariamente un nome in basco per il paese. Questo fu inventato da un nazionalista. D'altra parte è possibile, in luoghi come l'Europa, dove vi è una lunga storia di cultura scritta, che esistano nomi storici, i quali assumono significati diversi col passare del tempo, come francese, tedesco, inglese. Ciò che si intendeva per Germania nel dodicesimo secolo era diverso da ciò che si intendeva per Germania nel quattordicesimo o nel ventesimo. Senza dubbio, Italia era un nome, ma gli italiani non esistevano. Nel 1815 Metternich aveva ragione quando disse che l'Italia era un'espressione geografica. Poteva essere un'aspirazione, ma sostenere che vi fosse un popolo italiano mi sembra difficile. Si può forse dire che il 'popolo italiano' era costituito dal ceto colto, ma indubbiamente esso era composto da una piccolissima parte della popolazione. Queste entità, i gruppi etnici epoi nazionali, che al momento del loroformarsi sembrano così plastici, poi si pietrificano, diventano tenaci, duri a morire. Perché? Un certo punto inizia un processo di istituzionalizzazione ed è allora che i gruppi si 'pietrificano', come dice lei. Un problema interessante è vedere cosa accade a questi gruppi se non si istituzionalizzano. Vede. forse non ne so abbastanza, eppure a me pare che scompaiano, si mischino ad altri. Si mette in moto un processo di contaminazione, attraverso matrimoni misti, ad esempio. In alcuni casi, come nei vecchi stati-nazione, plurilinguismo, identità multiple, contaminazione erano dati di fatto, accettati senza obiezioni di sorta. È solo ad un certo punto che l'abitante della Francia deve diventare Francese, e condividere certe caratteristiche specifiche. A me pare che la richiesta di omogeneità etnica, linguistica e culturale fa del gruppo sociale un'entità che esclude altri soggetti. Non tutti i gruppi però si 'pietrificano' nello stesso modo. La questione interessante è capire quali minoranze sono più

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