Linea d'ombra - anno X - n. 72 - giugno 1992

1 4 VISTA DALLA LUNA < ~ t=: < ...J 2. Oggi queste forme di impegno e di testimonianza civile e sociale hanno acquistato rilevanza e diffusione al di là dei vecchi confini culturali. In Europa sono più di 100.000 i giovani, e non, che svolgono ogni anno attività di volontariato in campi di lavoro internazionali. Decine di migliaia sono quelli che svolgono servizi di volontariato a lungo termine nel Terzo Mondo. Lo sviluppo di questo fenomeno si situa nel solco dell'affermazione delle esperienze di volontariato sociale (più di quattro milioni di persone nel nostro paese), come nuova forma di partecipazione e soggettività politica. La vera novità è che sempre di più sono superati gli schemi ideologici del "terzomondismo" a sinistra e dell'opzione missionaria nel mondo cattolico: la figura del volontario internazionale è nuova e originale. Ha rotto i codici di adesioni ed appartenenze politico-ideologiche o religiose per affermare il principio della solidarietà o della condivisione (per dirla con il vocabolario cattolico) come valore e riferimento della propria azione. Solidarietà per uno sviluppo autonomo e sostenibile, per i diritti umani, per salvare l'ambiente. Il volontariato internazionale di oggi è più consapevole dei meccanismi e delle implicazioni del mondo in cui viviamo, dello squilibrio NordSud, dell'era planetaria in cui l'interdipendenza pone sempre di più il tema di "un futuro comune o nessun futuro". Sempre meno "un servizio all'altro" e sempre di più "un lavorare insieme" per superare le diseguaglianze, per l'autosviluppo. Si affaccia una nuova etica, l'etica della responsabilità, o il "principio responsabilità" come direbbe Jonas. Questo ci suggerisce che è importante, sì, andare nel Terzo Mondo a fare volontariato, ma anche impegnarsi in Europa per cambiare il modello di sviluppo, la cultura dei consumi, per la costruzione di una società multietnica. Il problema dell'immigrazione è, in questo senso, uno dei banchi di prova più drammatici. 3. Saverio Tutino - riferendosi ai volontari come i nuovi interpreti dell'internazionalismo solidale - ha parlato per l'appunto del loro "ottimismo". Persone che vanno per tre, cinque anni a lavorare in villaggi sperduti, a contatto con situazioni di sottosviluppo e carestia, fanno una scelta che in molti casi è utile concretamente per le conoscenze e l'apporto tecnico che portano (rimangono pur sempre i problemi di colonialismo e paternalismo culturale e di importazione dello sviluppo "occidentale"), ma che - a mio giudizio - hanno il loro massimo rilievo in due aspetti: la pratica culturale della solidarietà come scambio reciproco; il valore educativo-pedagogico (qualcuno direbbe politico) come effetto di ritorno nelle società industrializzate. Si può dirlo con franchezza: le microrealizzazioni del volontariato e della cooperazione allo sviluppo incidono assai minimamente nella riduzione delle diseguaglianze mondiali. Purtroppo tutto è ancora legato alle macropoLitiche dell'economia e del commercio internazionale. Finché non cambia il modello di sviluppo in occidente il Sud del mondo è condannato ali' inferno. Nel rapporto della Banca Mondiale del 1991 si dice che, se i governi industrializzati attueranno nei prossimi anni buone e generose politiche di aiuto al Terzo mondo, le persone inscheletrite destinate alla morte saranno -da qui al Duemila - "solo" 900 milioni. Ma l'ottimismo dei volontari internazionali non aspetta il cambio delle macropolitiche: l'etica della responsabilità e la solidarietà sono questo, in fondo. I volontari internazionali hanno una "malattia": il "rientro", spesso difficile a volte traumatico, nella società industrializzata.L'aspetto educativo e pedagogico che ricevono dall'esperienza nel Terzo mondo è forte e vario: l'attenzione ai lavori umani, la sobrietà, un diverso rapporto con la natura, una diversa valutazione dei consumi e delle cose materiali, lo spirito di fratellanza. Insomma tutto ciò che nelle nostre società non c'è più. Ecco che allora diventa- sulla base di questi valori e della conoscenza dei problemi del Sud del mondo - centrale l'azione di "educazione allo sviluppo" (conoscenza dei problemi relativi al divario Nord-Sud) promossa dai volontari "rientrati" qui, da noi, nelle scuole, nelle università, nei quartieri. 4. Sono sempre più convinto che il volontariato internazionale (e in genere le forme di azione sociale, educative, di lavoro di base) è una delle frontiere più importanti dell'impegno per la pace e la nonviolenza nel mondo. E cioè che la nonviolenza si declina sempre di più con la sol idarietà ed i diritti umani. Naturalmente è necessario sempre di più affinare teorie e pratiche per strumenti, risposte e forme di difesa nonviolenta nei conflitti. Ma questo non basta. Rischia di essere insufficiente ed elitario. Gli esperimenti e le simulazioni di azione nonviolenta in caso di "invasione del nemico" sono forse utili, concedendo un po' di scetticismo sull'operatività - molto futuribile - di questi strumenti (come quelli delle Peace Brigades international, delle forze di interposizione nonviolente) di fronte ai mutamenti tecnologici ed operativi degli strumenti militari contemporanei. Comunque; si vada pur avanti nella ricerca. Ma quale azione nonviolenta mettiamo in campo in quella guerra quotidiana del sottosviluppo che uccide ogni giorno 40.000 bambini per denutrizione e mancanza di vaccini? I movimenti della pace e della nonviolenza devono sempre di più misurarsi con la prevenzione dei conflitti: e questo significa solidarietà, giustizia, diritti umani. In questo campo c'è una "rivoluzione copernicana" da fare. Ma è chiaro che senza un'azione complessiva per il disarmo, la riduzione delle spese militari, per bloccare le nuove guerre tutto questo non è comunque possibile. La cappa di violenza e militi:rismo impedisce ogni sviluppo e azione positiva. In questo senso il ruolo del movimento per la pace in occidente continua ad avere una sua specifica importanza. Costruire positivamente la pace: questo l'obiettivo di un movimento che assuma il lavoro sociale, educativo, per la solidarietà ed i diritti umani come centrale.

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