Linea d'ombra - anno X - n. 72 - giugno 1992

SUL VOLONTARIATO C'è chi ha una costante e tremenda paura che le leggi possano "ingabbiare" i movimenti, le esperienze della società civile, istituzionalizzarli. C'è chi fa l'esempio - rispetto al volontariato - delle leggi sulla protezione civile e sulla cooperazione internazionale. In questo ultimo caso il volontariato è passato da forme di partecipazione spontanea e diretta della società civile a modelli più professionalizzati e selezionati. Forse qui ci può essere un rischio. La legge non riguarda tutto il volontariato italiano, ma solamente quelle associazioni che liberamente hanno deciso di collaborare con lo Stato. Credo che solo 3-4.000 gruppi di volontariato su 12.000 possono essere interessati dalla legge. Uno può farsi ingabbiare se lo sceglie lui. Il volontariato può chiedere allo Stato di legiferare, solo se vuole lavorare insieme, stabilendo di reciproco accordo le regole del gioco. È qui la diversità con le leggi che citavi. Lo stesso accade con le leggi regionali. L'adesione all'albo è una libera scelta. Il volontariato non ha mai aspettato le leggi per muoversi. Vorrei portarti su un terreno contiguo a quello del volontariato. Parlando dell'art. 52 della Costituzione ( "La difesa della patria è sacro dovere del cittadino") Ernesto Balducci ci ricordava che in esso possiamo rintracciare un implicito principio positivo. Che è eticamente condivisibile che ci sia una parte - anche piccola-della propria vita che viene dedicata ad un servizio di difesa della comunità dalle minacce e dai pericoli: che non sono più i cosacchi del Don o le truppe magliare, mal' emarginazione, le povertà, il degrado ambientale, il sottosviluppo. Insomma non solo la solidarietà come opzione etica, ma la solidarietà come un dovere. Sulla base di queste considerazioni la Caritas e l 'Arci hanno elaborato proposte di istituzione di un servizio civile nazionale obbligatorio, sostitutivo a quello militare. lo credo che queste proposte sono un invito ad un impegno etico per la solidarietà, per i cittadini come servitori della comunità. Non so se arriveremo mai a questo. Ma un'esperienza di questo tipo non farebbe male a nessuno. A contatto con l' emarginazione, le povertà, le sofferenze sociali, nascerebbe in questo modo un'etica laica. Chi non passa per la povertà è difficile che possa parlarne e capirla. Ed è questo il dramma dei politici d'oggi che passano il loro tempo nei corridoi dei palazzi e nelle sezioni, senza più un rapporto diretto e vissuto con i problemi ed i drammi della società civile. Questa dimensione si è persa. Questo eifa entrare nel campo del ruolo educativo e formativo del volontariato. Oggi si cita spesso l'etica della solidarietà. Jonas ci ha parlato del principio della responsabilità. Viviamo in un mondo legato da un comune destino, da un solo futuro. Come il volontariato interpreta questi valori e come interpreta questa dimensione educativa e formativa che è tanto importante per una efficace azione sociale di trasformazione dell'esistente? Su questo il volontariato è ancora indietro. È molto impegnato a dire no alla patologia che incontra e ancora troppo poco sensibile al discorso della prevenzione in senso educativo, nella scuola, nelle università, nei quartieri. La nascita di una nuova etica può venire solo da un processo partecipativo. Non si diventa improvvisamente solidali a diciott'anni. Occorre che ci sia una formazione ed una educazione che partano già dalle strutture scolastiche. E qui si pone il problema delle metodologie educative, di insegnamento, del ruolo del docente. Questa è la prima grande richiesta che un'etica del volontariato dovrebbe porre: attraverso l'educazione può maturare un cambiamento dei costumi e degli atteggiamenti delle persone. Bisogna valorizzaredunque i movimenti educativi che si pongono il problema e l'etica della convivenza come scopo principale. LATERRA 9 < La condivisione Volontariato e professionalità Vinicio Albanesi L'approccio proposto, in questa sede, è di ordine di filosofia morale. È opportuno riflettere sui cambiamenti che, negli ultimi venti anni, sono intervenuti, tenendo presenti le implicazioni di ordine soggettivo, oggettivo e di organizzazione che, nel mondo dei servizi sociali, si sono verificate. L'approccio di filosofia morale - un approccio possibile - tende a delineare i "valori" che all'interno del volontariato e delle sue trasformazioni si esaltano. Non spetta a questa nota descrivere le "trasformazioni" del mondo del "volontariato" o dei "volontariati" presenti in Italia, quanto riflettere sulle ragioni profonde di queste trasformazioni, verificandone appunto il "valore". Il problema Il problema "vero" da affrontare è la conoscenza delle connessioni che esistono tra volontariato e professionalità, data per scontata l'evoluzione dei servizi sociali in Italia. L'esame di tali connessioni serve a "definire" i termini - quelli che più ci interessano - di "condivisione" e/o di "solidarietà". Le linee di tendenza (innovative) del volontariato in Italia sono state definite ( cfr. P.L. Guiducci, Rapporto sul volontariato, Torino, 1988) come fattore di mutamento, come forza incidente per la soluzione dei problemi, come elemento di integrazione tra il pubblico e il privato sociale. In altre parole, il volontariato degli anni Ottanta, rispetto a quello degli anni Sessanta (ancora intriso di troppi elementi di precarietà, di "benevolenza", di competizione, di distacco eccessivo dal pubblico) ha costituito un elemento determinante della qualità dei servizi e quindi della qualità della vita. Don Vinicio Albanesi, marchigiano, è membro del Movimento di Capodarco sin dalla sua fondazione e dirige la Comunità di Capodarco (via Vallescura 47, 63010 Capodarco di Fermo, AP), che raccoglie numerosi handicappati e che, tra le altre cose, edita la rivista mensile del Movimento, "Partecipazione" (abbonamento L.30.000, sostenitore L.50.000 su ccp n.10608636 intestato a Comunità di Capodarco). ! = .. I: .. e: z ..

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