6 VISTA DALLA LUNA operare e di assumersi le loro responsabilità. Non possiamo accettare la logica del monetizzare i bisogni, per cui al volontariato viene dato qualcosa per svolgere certe fun'.?ioniche spettano ad altri. Certo, alcune cose è necessario farle, ma la grande battaglia culturale è quella di aiutare la gente a prendere coscienza e consapevolezza che nell'attenzione agli altri c'è un livello che appartiene a tutti. Non dimentichiamo poi che il volontariato funziona meglio là dove il pubblico è più presente e fornisce spazi e mezzi in modo estremamente libero. Di suo, il volontariato deve anche essere capace di una "sana follia" per inventare ciò che oggi risponde meglio alle difficoltàdelle persone senzaentrare nelle perdenti logiche del consenso e del controllo sociale. Queste sono semplici inquietudini, anche se alcuni segnali vanno già in questa direzione. Perché ciò non avvenga è necessario che gruppi di volontariato crescano non nella voglia di catalogazione sicura negli albi preposti a questo, ma nella capacità di ascoltodel reale, del ridefinire costantemente la propria identità e nella giusta modalità di intervento. Ma allora quale ruolo deve venir assunto dal mondo del volontariato, e con quali obiettivi? Bisogna essere agenti di cambiamento e di trasformazione senza limitarsi a produrre soltanto servizi ma preoccupandosi anche della dimensione culturale in un continuo travaso con la dimensione dell'accoglienza e della giustizia. Non è vero volontariato quello che non contribuisce alla ormai indispensabile rivolta etica e morale. I nostri cosiddetti utenti sono ancora troppe volte "muti" nelle nostre realtà o, peggio, parlano tutte allo stesso modo, come avviene in certecomunità. Bisogna che lagente possa esistere socialmente e umanamente e il primo presupposto èchegli si dia laparola, lapossibilitàdi comunicare ediessereascoltati.Presuppostodellaconvivenza civile e della pace, è la parola. Dove manca la parola nascono la violenza, l'ingiustizia e la guerra. Rivolta etica e morale, che è anche una rivolta politica, nel senso di creare le condizioni di giustizia perché la gente possa convivere in modo dignitoso. È necessario esprimere un giudizio su questa società, su quello che sta dietro. Una forma di vera solidarietà è quella che riconosce la centralità della persona senza dunque far trottare sempre gli individui da un servizio a un altro, da una competenza all'altra. In questo senso il pubblico, il privato, il volontariato devono lavorare insieme, senza mai usare i più deboli, i poveri. Quali possono essere gli scenari per il futuro? Il mio sogno è che il volontariato sparisca, perché la solidarietà, l'azione volontaria, l'impegno e l'attenzione verso gli altri non possono essere la virtù di qualcuno o l'eccezione, ma devono diventare la regola. In quanto uomo, cittadino - non importa se credente o meno - bisogna essere una persona solidale, attenta agli altri, che guarda dentro ai problemi della gente. Bisogna essere volontari in quanto cittadini; mai come in questo momento dobbiamo metterci in gioco per ri-umanizzare le nostre realtà, perché la nostra presenza sia attiva e non passiva. Bisogna lavorare per il cambiamento anche se in questo momento il clima appare pesante, ma proprio perché tale non può venire meno la voglia di futuro: il volontariato non può non leggere la realtà che lo circonda, e non mettersi in gioco rispetto a questo. Il sogno quindi è che ogni cittadino, in quanto persona, si riconosca come volontario. Dopo oltre venticinque anni dalla fondazione del Gruppo Abele, che cosa è cambiato rispetto a un tempo, e che cosa qualifica il vostro intervento nella realtà sociale? Il Gruppo Abele, oggi, non è un gruppo di volontariato puro come lo è stato in passato, perché ha ritenuto che fosse necessario garantire una continuità rispetto ai problemi di cui si occupa. Ha comunque un intreccio di presenze al suo interno, dai giovani che vi svolgono l'obiezione di coscienza, ai professionisti che offrono le loro prestazioni dall'esterno, ai singoli che offrono il loro volontariato, oltre a quelle persone che ne hanno fatto una scelta di vita e una ragione di impegno e che - con grande professionalità, capacità e competenza - si pongono al servizio della gente. Oggi, sempre più, si impone una qualità della presenza a fianco degli altri, e quindi una qualità del volontariato: da qui il problema della formazione~ della selezione. Non tutti possono fare tutto, e nemmeno è corretto considerare una persona asociale o insensibile perché non riesce a fare certe cose. Il comune denominatore per tutti è la voglia di capire, di leggere la realtà e i problemi che ci circondano, dopo di che c'è chi se la sente di operare in un modo, chi in un altro. Non è che i volontari siano quelli che si impegnano sui "grandi problemi". Il gruppo ha ritenuto quest'anno di proporre un corso di formazione al volontariato, non per ingrandire le sue fila, ma per fornire alle persone che hanno vogliadicondivisione in un'espressione di volontariato - oltre e dentro il lavoro, la cùola, i propri impegni - la possibilità di avere una formazione rispetto ai problemi su cui noi lavoriamo da anni e su cui abbiamo un certo patrimonio di conoscenza. Non siamo riusciti a fare la pubblicità a questo corso, perché ai prin1i segnali dati all'esterno era già chiuso il numero dei partecipanti, segno esplicito che esiste molta gente che vuoleattivarsi rispetto aquesti problemi. Credo che valga veramente la pena in questo momento di moltiplicare gli sforzi e far crescere la sensibilità nella gente, investendo molto nella formazione al volontariato. SUL VOLONTARIATO
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