BIOLOGIA MOLECOLARE E UNITA DELLA SCIENZA Harold Kincaid a cura di Andrea Musacchio traduzione di Alberto Cristofori 11aroldKincaid insegna nel Dipartimento di filosofia dell' Università di Birmingham, Alabama, e collabora a numerose pubblicazioni specializzate infilosofia e scienza. AndreaM usacchio ha studiato filosofia e poi biologia molecolare a Roma e lavora presso il Molecular Biology Laboratory di Heidelberg, Germania. Una doppia elica, costituita da due filamenti appaiati secondo una precisa regola di accoppiamento. È così che Watson e Crick descrivevano la struttura del DNA, l'acido deossiribonucleico, la molecola che contiene l'informazione genetica, in un articolo pubblicato dalla rivista "Nature" nell'ormai lontano 1953. "Non è sfuggito alla nostra attenzione che lo specifico accoppiamento delle basi da noi postulato suggerisce immediatamente un possibile meccanismo replicativo del materiale genetico", così recita l'ultima frase di questo celebre articolo. Un modello che si è in effetti dimostrato sostanzialmente corretto: la capacità del DNA di essere riprodotto e trasmesso di generazione in generazione con impressionante fedeltà, è certamente convoluta con la sua struttura, con il preciso accoppiamento delle basi che costituisce una garanzia per la copiatura fedele della molecola. Ma quali conclusioni trarre da questa affermazione? Se portata alle sue estreme conseguenze, essa potrebbe a ragione essere considerata come un paradigma riduzionista, come l'affermazione che la risposta ultima ai problemi biologici può e deve essere trovata solamente in chiave biochimica. In Che cos'è la vita?, uscito nel 1944 (Sansoni 1948, 19883 ) il celebre fisico E. Schrèidinger osservava che le idee sviluppate dalla fisica relativamente alle proprietà della materia si mostrano inconciliabili con l'osservazione di proprietà biologiche quali la stabilità del materiale genetico. Come aggregati certamente piccoli di atomi, i geni dovrebbero mostrare una instabilità che appare in completo contrasto con la conservazione di generazione in generazione delle caratteristiche ereditarie delle specie. Questo aveva condotto Schrodinger ad auspicare un avvicinamento della fisica alla biologia, come campo di ricerca di nuove leggi fisiche, diverse da quelle che regolano la materia inorganica. Ma ecco, solo nove anni più tardi, la struttura del DNA presentata al mondo, una struttura ad hoc adatta a risolvere l'enigma della incredibile stabilità della vita. La risposta al problema sta nella semplice perfezione della struttura, nella quale troviamo tutte le risposte ai nostri quesiti: la vita può essere ridotta a pura biochimica, non è necessario invocare altre forze o principi. Attenzione, questo non equivale a dire che la biologia molecolare sia nata come scienza implicitamente riduzionista. Anche da un punto di vista non riduzionista le conoscenze biochimiche sono fondamentali per la comprensione dei fenomeni biologici, e quindi rafforzare acriticamente l'equivalenza biologia molecolare=riduzionismo sarebbe un errore. Il problema risulta piuttosto interpretativo, nasce dalla domanda di quale sia la relazione della biologia molecolare con le altre scienze, e se effettivamente un atteggiamento riduzionista in biologia molecolare abbia valore interpretativo o meno. L'accumulazione di dati a livello molecolare rafforza l'idea che la vita sia riducibile a pura biochimica, o una simile dimostrazione non è stata ancora prodotta? È in questa chiave che va letto l'articolo di Kincaid: come un tentativo di definire la relazione che intercorre tra biologia molecolare e descrizione del mondo fisico, a quasi quarant'anni dall'esordio di questa scienza. Con piglio "filologico" Kincaid si concentra sulla interpretazione della teoria biologico-molecolare, sulle sue definizioni, per arrivare alla conclusione che niente nella teoria biologica è interpretabile su posizioni puramente riduzioniste. Tutta la teoria biologica che troviamo raccolta nei testi di biologia molecolare è basata su definizioni che invece di essere slegate da concetti biologici (come "segnale", "anticorpo", o "membrana") ed essere perciò fondate puramente su basi biochimiche e fisiche, di tali concetti biologici fanno necessariamente uso continuo. La posizione anti-riduzionista è essenzialmente epistemologica. Quando guardiamo la natura con gli occhi di anti-riduzionista, essa ci riappare nella complessità che il trionfalismo riduzionista ci aveva fatto dimenticare. La natura, certo, non è altro che materia in movimento, ma la nostra conoscenza della materia biologica, non importa quanto approfondita, non può in alcun modo generare, giustificare, spiegare, o sostituire la conoscenza dei fenomeni biologici che questi processi macromolecolari costituiscono. Se non esiste a livello interpretativo alcuna contraddizione evidente tra mondo fisico e mondo biologico, tuttavia non ha senso affermare che la complessità del biologico è spiegata dalle leggi che governano il mondo fisico. Pur non procedendo mai in "direzione vietata", il mondo biologico procede attraverso strade evolutive affatto imprevedibili e diversissime, strade che hanno portato allo sviluppo della impressionante varietà della funzioni biologiche, e che è impossibile "ridurre" a legge fisica. Nonostante abbia ricevuto le simpatie di molti prestigiosi scienziati, la posizione riduzionista in biologia molecolare è rimasta per lungo tempo di rilevanza teorica relativamente modesta, soprattutto per via del numero limitato di informazioni disponibili, che la faceva apparire quantomeno prematura. Nei 25 anni successivi al 1953 la biologia molecolare ha percorso i binari di un lento anche se sostanziale progresso. Il grande salto è stato spiccato alla fine degli anni '70, e lungo tutto il decennio '80 questa scienza ha continuato il proprio volo, tanto da indurre alcuni a parlare di "rivoluzione biotecnologica". In breve, tale "rivoluzione" è consistita nell'acquisizione della possibilità di isolare sequenze genetiche specifiche dalla molecola di DNA (clonaggio genico), nella quale tali sequenze si susseguono indistintamente in un filamento la cui lunghezza è di un paio di metri (in scala molecolare una dimensione davvero impressionante). Singoli frammenti possono essere studiati indipendentemente, sequenziati, mutati, reintrodotti nelle cellule per studiarne le proprietà. Usando una metafora, i biologi si sono introdotti nella "sala macchine" della cellula, e hanno cominciato a muovere i primi passi per capire come maneggiarne le complesse apparecchiature di controllo. La pubblicazione sulle riviste specializzate, moltiplicatesi a dismisura, di una impressionante mole di conoscenze biologico-molecolari nell'ultimo quindicennio, ha naturalmente avuto come conseguenza la rivitalizzazione del dibattito scientifico tra riduzionisti ed anti-riduzionisti. Il lettore è rimandato all'articolo di Kincaid per una lettura critica di queste nuove acquisizioni, e del significato che esse assumono nel quadro del dibattito riduzionismo-anti-riduzionismo. Giova chiedersi, ad ogni modo, in cosa consista il fascino esercitato dalle posizioni riduzioniste su una notevole moltitudine di scienziati e filosofi. Come processo di sempre maggiore approssimazione alla reale natura delle cose, il ragionare scientifico deve potere tendere ad una unità, deve potere ridurre i fatti a teorie le più generali possibili.L'atteggiamento riduzionista è un atteggiamento di tipo metafisico, basato sulla certezza che alla fine tutte le teorie riguardanti la materia possano essere unificate in una superteoria: è una metafisica materialista. Agli occhi di molti scienziati sedotti dai ragionamenti riduzionisti, la vita ha sempre mostrato un atteggiamento fortemente sovversivo, irriverente, imprevedibile, restio all'inquadramento dentro gabbie teoriche troppo strette. Ora, invece, ecco data la possibilità di ridurre la vita alla sua biochimica, alle singole molecole costituenti, agli atomi che costituiscono queste molecole, ed in definitiva alla meccanica quantistica, e alle leggi che governano il mondo fisico. In questa bella semplificazione, in questa grande sintesi, è data alla scienza la possibilità di prendersi la rivincita sulla vita. Ecco il fascino della posizione riduzionista, o, se si vuole, della sua fede. ( A. M.) 69
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