dall'espansione degli uffici della Comunità europea nel pieno centro della città: ne restano visibili alcune parti, mentre altre sono mascherate da facciate anni '60 o "postmoderne": è visibile nei tours "Bruxelles-art déco" organizzati dall' ARAU, un gruppo di architetti e urbanisti che si battono per preservare quello che resta in piedi della memoria architettonica brussellese. Forse de Kuyper, elaborando questo nuovo frammento di immaginario brussellese, contribuirà a far riscoprire le tracce di un'identità che si è andata smarrendo tra le ruspe. * * * A una settimana di distanza dalla nostra chiacchierata, de Kuyper mi invia per iscritto, in francese, le risposte alle domande che gli avevo consegnato in neerlandese, ritornando su alcuni punti già toccati nella conversazione. Ecco le mie domande e le sue risposte: Nei suoi libri c'è una sorta di triangolo della memoria, tra Bruxelles, Anversa e Ostenda, tre città con le quali ha un legame forte, profondo. Ora che vive in Olanda, distanziato, quale legame mantiene con queste città, dove ritrova di più le sue radici? Riesce ancora a ritrovare i segni della memoria o si tratta di un processo soprattutto interiore? Bruxelles, Ostenda e Anversa sono delle città immaginarie, come il mio passato: è narrativa, è fiction. Ma evidentemente in queste città immaginarie ci sono stratificazioni storiche, culturali, sociologiche autentiche che avrebbero potuto trovar spazio in opere storiche, culturali, sociologiche ... Come è arrivato alla terza persona nella scrittura: si è trattato di una decisione, una scelta, o di qualcosa di spontaneo, naturale? La terza persona ... è il bisogno di creare un personaggio fittizio, con il quale si può stabilire una distanza, ma una distanza intima. C'è anche, evidentemente, l'influenza di Barthes, che ha indicato la strada. Spesso l' "io" si allontana e il "lui" consente stranamente un riavvicinamento. Di un "io" non si scrive la medesima cosa che di un "lui". Tuttavia in alcuni punti utilizzo la prima persona e in altri libri che ho scritto lo faccio quasi esclusivamente. Non ha la sensazione, accumulando frammenti di memoria, di aver scritto una sorta di Bildungsroman? Certamente: c'è qualcosa del Bildungsroman. Mi vengono in mente titoli che mi sarebbero piaciuti se non fossero già stati utilizzati, comeMy Life in Art, Portrait of a Young Man ... Quando scrive? Ha scritto molto negli ultimi anni, un libro l'anno, ma si occupa anche di tante altre cose, cinema, insegnamento, articoli di critica ... Com 'è venuto il bisogno di scrivere, e come si combina quotidianamente la scrittura con le altre occupazioni? Ho sempre scritto e pubblicato quello che scrivevo. Ma prima erano soprattutto scritti teorici, giornalismo, saggistica. Una dimensione di fiction era tuttavia sempre presente. E, d'altra parte, tutta la mia narrativa è farcita di riflessioni saggistiche. Il tempo ... non ho cani, gatti, bambini, sono scapolo, non prendo mai vacanze ... mi domando spesso cosa gli altri possano fare del loro tempo. Ovviamente non guardo mai la televisione. Si è parlato di Proust e di Barthes come riferimenti letterari. È d'accordo? Barthes è stato il mio maestro. Come riferimenti non direi di no a Proust, né d'altronde a Dickens, o Stendhal, o Cechov, o Simenon, o STORIE/DE KUYPER Barbara Pym, né a J ane Austen o Henry James ... Ma non fraintendiamo: non sono un letterato, sono anzitutto "uomo di spettacolo". Mi pare che il punto di vista, la qualità visiva, sia molto importante nella sua scrittura: che rapporto c'è, nella sua esperienza, tra scrivere e fare film? Per me non c'è nessun rapporto tra cinema e letteratura. La sola cosa che mi interessa è l'immaginario dei sensi... udito, tatto, profumo, gusto non sono meno importanti della vista. E soprattutto il movimento dei corpi (Valéry). Il bilinguismo, il plurilinguismo sembrano contare molto nella sua esperienza. In che modo influiscono sul modo di esprimersi? Quando scrivo in neerlandese ho nostalgia del francese; e quando scrivo in francese il neerlandese mi manca ... come mi mancano il tedesco e l'inglese ... e tutte le altre lingue che non conosco. IL COMPLEANNO DEL BONTJE Il quindici agosto era triplo giorno di festa. Anzitutto era una festa ufficiale, l'Assunzione al cielo di Maria. Poi era il compleanno di Bontje', ed inoltre l'onomastico della zia Mimi (MarieJeanne). Loro non c'erano quando cadeva il vero compleanno della zia Mimi, e dunque la festeggiavano quel giorno. Bontje dava una grande festa per tutta la famiglia, a mezzogiorno. Prima toccava a lui, sempre dopo aver molto insistito, comprare i fiori per la zia Mimi, che era la sua madrina. Gli veniva detto che poteva scegliere lui stesso i fiori, ma ogni anno c'erano sempre solo gladioli da comprare, che esibivano sì tanti colori, ma, come succede sempre coi gladioli, erano rigidi e già mezzi dischiusi. Deluso si rassegnava dunque a "scegliere" i gladioli e continuava a lamentarsi finché non gli veniva detto: "Stai un po' tranquillo, dovresti essere contento di poter offrire i fiori alla zia e averli potuti scegliere tu stesso". Il regalo per Bontje lo compravano le tre sorelle insieme: una nuova borsa, perché quella della nonna era di prima della guerra ed era ora che ne avesse una nuova; oppure uno scialle di seta per coprirsi la testa e ripararsi dal vento che la faceva sembrare la nuova regina di Inghilterra; o una scatola di fazzoletti o di calze di nylon, che facevano sempre comodo. Lui era sì il più piccolo dei bambini nati prima della guerra, ma anche il più grande del gruppo dei nati dopo: non gli spettava dunque mai l'onore di consegnare il regalo a Bontje. È vero che poteva offrire i fiori a zia Mimi. Ogni anno il menu era lo stesso. Prima si mangiavano i pomodori ripieni di gamberetti. I tomates crevettes di zia Mimi ricevevano sempre grandi elogi, soprattutto per la salsa, la sauce . tartare. Julienne e J eannot, che si davano da fare in cucina accanto a Marie-Jeanne, contemplavano con ammirazione la misteriosa, magica preparazione della sauce tartare di zia Mimi. Secondo l'una erano le cipolline - non cipolline qualsiasi, ma scalogni del tipo più forte. Secondo l'altra, invece, era forse il prezzemolo, che qui a Ostenda era straordinario, così succolosamente aromatico, così fresco e rigoglioso ("Guarda come ti sorride", esclamava sua madre con ammirazione. La natura era sempre per lei fonte 61
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