Linea d'ombra - anno X - n. 72 - giugno 1992

FRAMMENTI DI MEMORIA BELGA Eric de Kuyper a cura di Silvia Calamandrei Nato a Bruxelles nel 1942, ora vicedirettore del Museo del cinema olandese, Eric de Kuyper insegna teoria cinematografica all'università di Nimega. Aan zee ricostruisce tra la malinconia e l'ironia le vacanze di una famiglia belga a Ostenda, tra il dopoguerra e gli anni '50. Le memorie dell'infanzia brussellese e dell'adolescenza ad Anversa proseguono con De 0hoed van tante Jeannot (Il cappello di zia Jeannot), del 1989, Mowgli's tranen (Le lacrime di Mowgli), del 1990 e Grand Hotel Solitude, del 1991, pubblicati dalla medesima casa editrice. Eric de Kuyper ha l'aria ironica, dietro i suoi occhialetti tondi, mentre risponde alle mie domande nell'intervallo di una serata di letture di prose organizzata dall'Università fiamminga di Bruxelles (la VUB) per la festa di San Valentino. Centinaia di giovani fiamminghi sono raccolti nell'aula magna ad ascoltare prose e canzoni d'amore in neerlandese. Le prose sono di scrittori fiamminghi ed olandesi che vengono personalmente a leggerle, in una tournée di una settimana nelle Fiandre (il lunedì ad Anversa, il martedì a Gand, il mercoledì a Bruxelles, città bilingue circondata da territorio fiammingo, e così via fino a domenica). Le canzoni sono spesso noti motivi americani con le parole tradotte in fiammingo, e qui sta il divertimento. Curioso, proprio nel momento in cui in Olanda si discute di sopprimere il neerlandese nell'insegnamento, non solo universitario, ma addirittura secondario, per far posto ali' inglese, lingua internazionale che secondo il Ministro dell'Educazione ormai tutti gli olandesi conoscono. I fiamminghi reagiscono scandalizzati quando li si interroga su tale proposta, loro che hanno lottato duro per far riconoscere pari dignità al neerlandese in un paese per quasi un secolo dominato dal francese. Ma anche se nella pubblica amministrazione e nei negozi di Bruxelles il bilinguismo è d'obbligo, e dunque i fiammingh·i prevalgono, loro che sono più "bravi" ad imparare le lingue, mentre i francofoni persistono nel disprezzo atavico per il fiammingo, la lingua dei contadini, il paese resta nondimeno schizofrenico. Non solo sarebbe difficile trovare in questa serata un belga francofono in platea, tra gli spettatori, ma spesso ci vogliono anni prima che un autore fiammingo di successo venga tradotto in francese e reso accessibile all'altra metà della popolazione (in verità ormai meno della metà perché i fiamminghi, cattolici, sono più prolifici). Het verdriet van Belgie, il grosso romanzo di Hugo Claus che toccava nodi chiave della memoria collettiva belga, il periodo della guerra e il collaborazionismo, ha dovuto attendere un editore francese per diventare Le chagrin des Belges. In Belgio ci sono solo piccole case editrici, si pubblica alternativamente in Francia o in Olanda. E dunque il paradosso vuole che de Kuyper, pur essendo brussellese e bilingue di formazione ed avendo studiato e vissuto lungamente a Parigi, alla scuola di Barthes, pubblichi i suoi libri a Nimega, in Olanda, e sia ancora in attesa di una traduzione francese dei suoi quattro libri di memorie, scritti di getto, un anno dopo l'altro, a partire dal 1988, e coronati da un grosso successo di pubblico in Olanda e nelle Fiandre, nonché da un ambito premio letterario. Eppure il personaggio non ha niente di "flamingant" edi suoi ricordi del dopoguerra e degli anni '50 ricostituiscono un'identità ed un immaginario in cui i belgi dovrebbero riconoscersi a prescindere dalla loro espressione linguistica. Lui non è contento, anche perché trova - mi dice- che gli olandesi lo prendono troppo sul serio, non colgono l'ironia che c'è nella sua scrittura. E la sua ironia è molto belga. Il riferimento a Proust di cui è stato gratificato lo mette in imbarazzo: ama molto Proust, ma soprattutto l'ironia, l'humour di Proust. Anche delle traduzioni francesi che gli sono state sottoposte non è soddisfatto, lui che pensa a seconda delle circostanze in fiammingo o in francese. La sua lingua è più semplice, in francese 60 gliela impreziosiscono troppo. Per questo per il suo prossimo libro, che uscirà a maggio in Olanda, pubblicato da SUN, ha pronto anche il manoscritto francese. Gli chiedo come fa a combinare la scrittura, ed una produzione così intensa, un libro l'anno, con le altre sue attività di regista cinematografico, vicedirettore del Museo del Cinema olandese, insegnante di teoria filmica all'Università di Nimega. Mi dice che ha finito per lasciaregli incarichiperdedicarsi alla scrittura, ma che ora vuole occuparsi di danza, la sua più antica passione, e di teatro. Nei suoi libri di ricordi, che per frammenti accumulati vengono a costituire una sorta di "romanzo di formazione", che spazia dal dopoguerra alle soglie degli anni '60, c'è una sorta di triangolo spaziale della memoria, tra Ostenda, Bruxelles, ed Anversa. Ostenda è la città delle vacanze dell'infanzia, protagonista del primo libro, Aan zee (Al mare), in cui il mondo dei bambini e quello degli adulti convivono in parallelo senza comunicare, tenuti insieme dalla mediazione delle "madri-sorelle" sotto l'autorità matriarcale della nonna. Bruxelles, una Bruxelles ormai in larga parte scomparsa sotto la cementificazione e la burocratizzazione, è il teatro della faticosa uscita dall'infanzia, raccontata in De hoed van tante Jeannot (Il cappello della zia Jeannot) e Mowgli's tranen (le lacrime di Mowgli). Anversa, meno familiare, è la città dell'adolescenza e della scoperta, già intravista nell'infanzia, della propria "diversità" sessuale. Ma è ancora a Bruxelles che lo scrittore torna per chiudere la sua tetralogia, in Grand Hotel Solitude, raccontando lo spartiacque nei costumi quotidiani segnato dalla esposizione universale del 1958. È la fine vera del dopoguerra, l'irrompere del consumismo, ed anche l'ingresso nell'età adulta. La scrittura di de Kuyper ha una qualità estremamente visullle, si sofferma sui particolari inquadrandoli e mettendoli a fuoco a distanza sempre più ravvicinata per poi tornarci sopra da un altro punto di vista. Lo si coglie bene nella descrizione dei giochi sulla spiaggia tratta daAan zee. Si sente la sua esperienza cinematografica, ma anche la sua affermazione di semiologo, allievo di Barthes. Ma in fin dei conti la sua "estetica del quotidiano" si è nutrita alla scuola delle "madri", come racconta nel brano sul compleanno di Bontje: una sensibilità femminile che media con l'immaginario infantile e lancia un ponte tra infanzia ed età adulta. Le memorie sono scritte in terza persona: de Kuyper mi dice che aveva iniziato in prima persona ma si è reso conto che il "je" non funzionava, non gli dava il distanziamento necessario. Ha scritto altri libri in prima persona, come En tafel voor één (Tavolo per uno, 1990), una raccolta di appunti di viaggio. La sua ultima impresa è invece un racconto giallo, ambientato a Bruxelles nel Résidence Palace, un complesso di appartamenti costruito negli anni '30 per offrire alla borghesia brussellese una struttura abitativa "moderna" e "parigina", dotata di ristorante, teatro, piscina e servizi interni, nonché di camere per la servitù e gli ospiti. L'esperiIT1ento non ebbe molto successo; la borghesia brussellese continuò a preferire le case e le ville unifamiliari, e l'enorme complesso "art déco" finì per ospitare ministeri ed essere riassorbito

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