Linea d'ombra - anno X - n. 72 - giugno 1992

:IITUKI~/ KUP,HTTI "Dai, assaggia. Non pensare alla morale. La, morale va bene per gli esseri inferiori." "Ricorda quando a casa vengono a venderci degli esseri inferiori, e noi ne compriamo uno o due alla volta. Hai osservato che poi spariscono, che non li si vede più?" disse mia moglie nel modo imperioso che assume quando per l'appunto si rivolge a un essere inferiore. "Lo so. Ed è per questo che mi pare ripugnante, e che mi fanno pena." "Ripugnante! Come puoi parlare così quando non hai mai provato?", dissi a mio figlio, conciliante. "Da tempo volevo che tu provassi, ma ancora non avevi il coltello. Oggi, ti abbiamo accompagnato - cerca almeno di provare. Se continuerà a non piacerti, io non mi arrabbierò. D'accordo?" Non rispose, e continuò a tenere la testa bassa. "Bevi ancora un po', ti aiuterà", gli dissi. Alzò il bicchiere, ma lo posò di nuovo. Guardava il cameriere addetto al nostro tavolo e sapevo che provava pietà per gli esseri inferiori ... All'improvviso, il pianoforte smise di suonare, la luce si abbassò, la gente che era in piedi raggiunse il proprio tavolo e nella penombra cadde il silenzio. Un faro iluminò la pedana su cui prese posto il nostro ospite. Con voce sonora e autorevole, come s'addice a gente della nostra specie, egli disse: "Signore e signori, buonasera. Vi prego di dedicarmi pochi momenti di attenzione prima del pasto che ho fatto preparare per noi tutti." Mia moglie spiegò il tovagliolo di mio figlio, comprato per l'occasione e che mi aveva mostrato prima di venire. Era di stoffa grigia finemente ricamata, e aggiungeva un tocco di dignità all'eleganza di mio figlio. Io presi il mio, e il cameriere era pronto ad annodarmelo al collo. Mia moglie annodò quello di nostro figlio e poi il suo, con l'abilità delle donne del suo rango. Tutti stavano annodando il loro, nella penombra, come tanti chef di grandi ristoranti che si apprestassero a tagliare carni temendo che ne sprizzasse sangue e che le le loro immacolate camicie potessero macchiarsi. Nella sala si applaudiva con entusiasmo al nostro ospite e fu solo quando gli applausi si smorzarono che la luce si fece più viva. La porta sulla destra si aprì, tutti gli sguardi si diressero in quella direzione. Ne venne fatta entrare nel grande salone una specie di lettiga o vassoio su cui era adagiato il corpo di un giovane, completamente nudo a eccezione delle cinghie d'acciaio che lo stringevano alla vita, alle braccia e alle gambe. Il capo era chiuso in una maschera di ferro sigillata alla lettiga. Il volto ne era coperto, e nessuno avrebbe potuto dire chi fosse. Subito dopo venne introdotta una seconda lettiga simile alla prima, con la sola differenza che il corpo nudo era ora quello di una fanciulla .. "Perché gli chiudono la testa in un'armatura, papà?" chiese mio figlio. "Così è la legge. Al momento di servirsi, non ci si deve far commuovere dagli sguardi di supplica, dalle invocazioni d'aiuto." "Non bisogna avere pietà", disse mia moglie. "Gli esseri inferiori sono nati per questo, per venire consumati dalla gente del nostro rango. Se se ne avesse pietà, l'appetito sparirebbe ..." A giudicare dai due corpi esibiti in piena luce, il nostro ospite aveva scelto bene. Le forme erano appetitose, erano stati rasati di ogni pelo e peluria, lavati con cura. La pelle della ragazza era liscia e rosea del sangue che ne irrigava le carni. No, non c'era nulla da criticare, nell'andamento della serata. I due corpi allungati respiravano nella luce, assediati da sguardi affamati. "È giunto il momento di festeggiare. Vi invito a dar inizio all'agàpe e vi ringrazio", disse l'ospite lasciando la pedana. E le sue parole scatenarono tra gli astanti una gran confusione. "Forza, se no non rimarrà niente", esclamò mia moglie brandendo il suo coltello e alzandosi in piedi. "Io ..., io non posso", disse mio figlio con la voce tremante. "Ancora? Basta!", esclamai irosamente. "Su, vieni. Se non provi come fai a giudicare? Guarda gli altri, lo fanno tutti!", disse mia moglie prendendolo per mano e costringendolo ad alzarsi. "E non dimenticare il coltello", gli dissi in tono minaccioso. "Guarda, se non fosse buono non si precipiterebbero tutti così", sentii dire da mia moglie a bassa voce. Raggiunsi l'angolo di portata prima di loro, pensando solo a me stesso, e preso un piatto mi diressi verso la lettiga-vassoio della ragazza cercando nell'affollarsi degli invitati uno spazio in cui inserirmi. Le avevano già tagliato i seni e il sangue scorreva a fiotti. Il corpo era scosso da spasmi ma non poteva certo liberarsi dalle guaine d'acciaio. Scelsi un pezzo vicino alle costole. In quel punto la carne tremolava e si increspava, resistendo alla lama in modo un po' buffo. Staccai il mio pezzo e lo collocai sul piatto, tutto sanguinante. Qualcuno si accanì sul polso e del sangue mi schizzò sul volto. Mi voltai, e un signore si scusò mostrandomi la mano che era riuscito a staccare e che ancora s'agitava, suscitando il nostro riso. L'uomo la depose nel piatto. "Adoro le dita, scrocchiano sotto i denti ...", mi disse tutto felice. Il corpo della ragazza veniva fatto a pezzi con una rapidità stupefacente, in uno scatenato balletto di coltelli personali. Tagliai ancora un pezzo dall'anca e lo sollevai per metterlo nel piatto, ma una parte delle viscere vi restò attaccata. Le trippe non mi piacciono e, pensando di essermi ormai servito a sufficienza, tornai al tavolo. "Ah! ha un feto nel ventre!" esclamò una donna come estasiata. Non mi voltai a vedere. Ora mi importava solo di portare a destinazione la carne che avevo presa. I miei non erano ancora tornati. Feci segno al cameriere di sciogliermi il tovagliolo, che si era macchiato di sangue. Lo fece, più cauto e impaurito che mai. Lo spettacolo che gli offrivo aveva di che spaventarlo, incitandolo a far bene attenzione, se non voleva provare il destino dei corpi che, a pochi passi di lì, venivano fatti a pezzi. "Mi serva", gli ordinai, una volta liberato dal tovagliolo. E bevvi, aspettando il ritorno dei miei, che non tardarono a giungere, mia moglie in testa con il piatto strapieno di carne insanguinata e, mi parve, delle ossa più tenere, mentre mio figlio le veniva alle 39

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