Linea d'ombra - anno X - n. 72 - giugno 1992

CONFRONTI FordMadoxFord, "un pazzo della scrittura" Paola Splendore "Pazzo della scrittura": così Ford Madox Ford ( 1873-1939) si descrive a Graham Greene nei suoi ultimi anni indicando, nel piacere smisurato che sempre provava scrivendo, la forza centrale e trascinante della propria esistenza. Una passione che non si esauriva nella propria copiosa scrittura ma si estendeva a quella degli altri, ai grandi del passato, ai contemporanei, e ai giovani talenti in cui gli capitava di imbattersi. Nessuno come lui seppe dare incoraggiamento e supporto a giovani autori sconosciuti, pubblicandoli sulle pagine delle sue riviste, "The English Review" (1908-9) e "The Transatlantic Review" (1924-5): tra questi, D.H. Lawrence, Ezra Pound, Jean Rhys, Ernest Hemingway. Eppure, la fama letteraria di Ford; autore di una trentina di romanzi, di numerosi saggi, di biografie critiche e storie letterarie, resta legata, in Italia come all'estero, a un unico grande romanzo, Il buon soldato, pubblicato nel 1915. Segno forse della "riscoperta" di questo autore e del suo ruolo importante come precursore del modernismo, sono due recenti traduzioni di sue opere saggistiche: la biografia di Conrad, Joseph Conrad. Un ricordo personale a cura di Vita Fortunati (Ferrara, Gallio 1990) e la raccolta C'erano uomini forti (Parma, Pratiche 1991), con una introduzione di Giovanna Mochi, in cui F.M. Ford disegna il ritratto di una serie di scrittori da lui conosciuti e alcuni intensamente frequentati: Henry James, Stephen Crane, Joseph Conrad, D.B. Lawrence, Thomas Hardy, H.G. Wells, Ivan Turgenev. Autori, che nonostante le differenze generazionali e di provenienza, furono i protagonisti di una grande stagione innovati va della letteratura europea e in particolare del romanzo. "Uomini forti", Ford li chiama, quasi giganti favolosi usciti vincitori dalla lotta contro i letterati vittoriani. All'epoca in cui Ford scrive-il 1937 -molti di loro sono morti e curiosamente sono tutti stranieri o espatriati. Ford stesso, figlio di un tedesco, fu un espatriato per gran parte della vita, alternando lunghi soggiorni in Francia ad altri negli Stati Uniti, e questa condizione gli appare premessa essenziale della seri ttura ".. .i I grande poeta è senza eccezione un espatriato, non sempre uno che espatria in altri climi, a volte anche in altre regioni della mente". Del resto, la presenza di tanti artisti espatriati in Inghilterra faceva da catalizzatore a tutta una generazione di scrittori di fine secolo, decisa a voltare le spalle alla tradizione inglese e a cercarsi altrove i propri padri. Molti di loro li identificarono in Flaubert e in Turgenev. Dei sette scrittori (l'edizione originale include anche Hudson, Galsworthy e Swinburne) Ford offre un ritratto estremamente personale, legato talvolta al ricordo degli incontri emozionanti avuti con loro, da bambino, nella casa del In alto FordModox Ford (1915) In bosso JosephConrod (1924). nonno materno Ford Madox Brown, il pittore preraffaellita. L'obiettivo non è mai quello di tracciare un'immagine statica dell'autore, di erigergli un monumento, ma di comunicare al lettore l'impressione lasciata in lui come romanziere: "e io voglio che siano visti più o meno come se fossero personaggi di un romanzo ...". Ecco D.H. Lawrence, giovanissimo, che arriva in redazione con i suoi primi racconti: è la volpe dal pelo rossiccio che si appresta a fare strage in un pollaio; Turgenev, cui il bambino Ford offre una sedia in casa del nonno, è il gigantesco uomo-uccello che gli racconta della caccia ai galli cedroni; Henry James, il Maestro per eccellenza, colto in assorto colloquio con una cameriera per consigliarsi sulla scelta di nuovi domestici; Stephen Crane, l'angelo bellissimo, che gli si presenta davanti per piantare un cespo di rose in giardino. O il catastrofico primo incontro con Thomas Hardy, che di fronte al libro appena uscito di Ford diciottenne, The Brown Owl, ripete enigmaticamente le due sillabe del titolo, rimarcandone la cacofonia: "...piegò la testa da un lato e pronunciò, come ascoltando se stesso, le sillabe: 'Ou ...Ou .... ' Io ero impietrito dall'orrore ... non perché pensassi che era impazzito o che voleva essere scortese con me, ma perché lui sembrava dannare il mio libro a irrimediabile fiasco". Attraverso questi ritratti e soprattutto con il saggio che chiude la raccolta, Ford disegna la "storia dei cinquant'anni di contatti con i Grandi della letteratura" - una sorta di storia topografica, immaginata come un paesaggio dominato da "immense sagome bianche" - i detestati accademici vittoriani, incubo della sua infanzia. È con sgomento che Ford li ricorda, Carlyle, Ruskin, Emerson, i moralisti che avevano reso la lingua inglese inutilizzabile a esprimere i comuni sentimenti umani. Ma ai loro piedi il paesaggio cambia: montagnole e collinette su cui siedono gli autori della generazione successiva, gli Impressionisti, i quali "distillavano la verità dalla loro vita, dal loro carattere, dalle loro avventure( ...), le loro verità personali, con colori e sfumature personali, e le loro integrità", imitando l'essenza della vita e le sue contraddizioni con delle tecniche particolari, enfaticamente soggettive, il punto di vista, il ritmo, la progression d' effet, il time-shift. È con loro, con James e Conrad e Ford che la scrittura del romanzo diventa adulta, prassi artistica consapevole. Su questa materia Ford si è più volte pronunciato, a cominciare dalla molto chiacchierata biografia di Conrad pubblicata nel 1924, poco dopo la morte dell'autore di Cuore di tenebra, cui l'aveva legato non solo una profonda amicizia ma un insolito sodalizio artistico. Ford aveva ventitré anni e Conrad più di quaranta quando si conobbero e nessuno dei due aveva ancora avuto successo. Gli anni che li videro insieme, dal 1898 al 1909, costituirono per entrambi una sorta di apprendistato, durante il quale i due autori elaborarono insieme un metodo artistico e un'esperienza umana che li maturò in maniera autonoma e decisiva. Molto fu detto del rapporto che li legò, sui possibili influssi negativi di Ford sul talento di Conrad, e sulla reale collaborazione tra i due, ma il ritratto che emerge da queste pagine è genuino e indimenticabile: Conrad, piccolo e di pelle scura, dalla mimica francese e il passo altero. E soprattutto la sua furia forsennata di scrivere e la sua determinazione ad avere successo. Gli anni di commercio in mare avevano lasciato in lui l'impronta dell'affarista, e sebbene scrivere fosse per luj fatica era tuttavia una scelta di vita ("le vrai métier de chien", usava dire, perché Conrad, nota Ford, odiavascrivere più di quanto odiasse il mare): era una passione che lo lasciava sempre insoddisfatto e

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==