Linea d'ombra - anno X - n. 72 - giugno 1992

I CONFRONTI Quale libertà? Panoramica sul teatro bulgaro contemporaneo Gabriella Giannachi e Lizbeth Goodman Non è probabilmente una coincidenza che chi scrive dei paesi dell'Est europeo senta la esigenza di aprire l'articolo con un bel punto interrogativo. Come già affermava Danilo Manera- "Bulgaria. Voltar pagina, come?" Linea d'Ombra, n. 66, dicembre 1991 - la crisi attraversata dalla Bulgaria in questi ultimi tre anni è tra le più acute della sua storia. L'isolamento del paese, aggravato dalla crisi jugoslava, la scarsità di cibo, in particolare di frutta e verdura, la carenza di benzina e l'inflazione galoppante ne fanno una sorta di terra desolata, con una capitale fantasma, deserta di giorno e buia di notte, poiché il governo per risparmiare energia illumina certe strade solamente. Noi turisti o ricercatori, eterni privilegiati, non possiamo che rimanere allibiti di fronte alla presenza di condizioni di vita da terzo mondo qui ai confini dell'Europa. Tacere la gravità della situazione vuol dire macchiarsi delle stesse colpe delle dittature che hanno condotto a questa crisi. Non deve però sembrare sorprendente parlare di teatro in un contesto così grave e difficile. In molti paesi dell'Europa dell'Est il teatro ha infatti rappresentato l'unico mezzo di comunicazione di massa in grado, per lo meno parzialmente, di evitare la censura ed è proprio in virtù di questa sua forza che è riuscito ad attrarre un grosso pubblico di generazioni, gruppi professionali e background culturali estremamente diversi. Dopo un periodo di stasi dipendente dalla rivoluzione molti, giovani soprattutto, si sono così nuovamente rivolti al teatro, anche questa volta con una domanda estremamente complessa: ottenuta finalmente la libertà di parola, cosa si deve fare? Cosa vuole veramente dire essere liberi? Per comprendere meglio il panorama teatrale contemporaneo occorre però ritornare indietro nel tempo e rievocare le tappe salienti della sua breve storia. Il teatro bulgaro ha poco più di un secolo di vita. Si è di fatto soliti identificarne l'inizio con le messe in scena di una commedia serba e di un melodramma tedesco nel 1856. II primo gruppo teatrale bulgaro venne però fondato da Dobri Voinikov solamente nel 1865 e, significativamente, a Braila, in Romania, fuori dal territorio nazionale, in modo da evitare la censura esercitata dai Turchi e dalla chiesa greco-ortodossa su obiettivi quali l'indipendenza e il revival culturale della nazione. Nel 1907 la felice collaborazione delle due compagnie "Fondazione" e "Lacrime e riso" portò finalmente alla fondazione del primo Teatro Nazionale che divenne presto il simbolo della vita teatrale della nazione. Nel corso della seconda decade del ventesimo secolo la letteratura drammatica si rese indipendente dagli altri generi artistici. Questa prima fase di vita del teatro bulgaro è caratterizzata dalle forme del teatro borghese e dalla messa in scena di testi europei, quali ad esempio Ibsen, Cechov, Strindberg e Hauptmann. Questo genere venne messo a tacere con la fine della seconda guerra mondiale e l'inizio dell'era comunista i I cui nuovo eroe, nella vita come sui palcoscenici teatrali, doveva essere di carattere attivo dato che ogni sua azione doveva poter essere interpretata in termini di lotta di classe e rivoluzione. Fra i testi provenienti dall'Europa la censura permetteva solamente la messa in scena di quelli che criticavano il capitalismo e dipingevano gli orrori del sogno americano; i classici andavano bene, a patto che non ostacolassero le linee politiche di p_artito,e il genere comico veniva invece bandito in quanto non proponeva nulla di costruttivo. Solamente ora la Bulgaria esce quindi timidamente fuori da un isolamento culturale che ha impedito a molte avanguardie storiche occidentali di raggiungerla. Come ci ha raccontato la giornalista e storica del teatro Bouryana Zaharieva, "il principale obiettivo del teatro bulgaro è quindi oggi quello di recuperare il tempo perduto", di aggiornarsi sui progressi dell'Occidente tentando al tempo stesso di non perdere la propria identità nazionale. 28 Fra le voci più interessanti della nuova generazione emerge certamente quella di Vaskresia Vicharova ( 1957), che ha scosso la scena teatrale bulgara con lo spettacolo Dzung ( 1987-89), "Ding dong". Messo in scena anche ad Urbino nel 1990, Dzung è il frutto di un adattamento da un testo dell'autore russo Eugeni Charitonov ed è stato accolto dalla critica come "il primo spettacolo postmoderno in Bulgaria". La messa in scena, che intende raccontare una storia dall'inizio alla fine e poi nuovamente dalla fine all'inizio, non ha di fatto una trama in senso classico e inizia prima dell'arrivo del pubblico e termina dopo che il pubblico ha lasciato la sala. La Vicharova, che reputa particolarmente importante lavorare in spazi teatrali non tradizionali, ha messo in scena questo spettacolo anche per le vie e le piazze di Sofia, venendo così a costituire il primo caso di teatro di strada in Bulgaria. Dzung è caratterizzato dalla presenza di forti elementi visuali e dal fatto che i movimenti degli attori sono limitati, o, addirittura, impediti, dalle interessanti strutture create dal!' architetto Zarco Uzunov, il più diretto collaboratore della Vicharova, e da maschere che, coprendo metà del volto, offrono la possibilità di una gamma di espressioni molto limitata. Il completo isolamento e il peso degli anni della censura si manifestano nella assoluta mancanza di interazione fra i personaggi, le cui parole sono smembrate, o, addirittura, inventate. Come in Lives of the Great Poisoners dell'autrice inglese Caryl Churchill, l'impressione è che i personaggi parlino lingue diverse e che non si comprendano fra di loro. Uno dei frammenti, che avrebbe fatto invidia allo stesso Beckett, ritrae, ad esempio, una sagoma femminile intrappolata in un sacco plastificato. Ogni volta che Vesselin Dimitrov Mezekliev in una scena di Dzung 11987), regia di Vasuresia Vicharova. !Foto Studio)

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