CONFRONTI 11S'apgrappòalle parole". l 'ult1moromanzo di Consolo Mario Barenghi In Vincenzo Consolo convivono, non da oggi, un intellettuale di stampo illuminista, che affila le armi della ragione per analizzare, interpretare, comprendere criticamente la realtà, e un rapito ossei:-a~~re del gran spettacolo del mondo, animato da una eccez10nale sensib1htà percettiva. Ho detto: convivono; non coincidono. L'istanza ideologica, protesa alla demistificazione della storia, e l'i~tanza contem~lativa, intenta a percorrere con assorta e vorace stupefazione la superficie delle cose, sussistono indipendentemente l'una dall'altra. La scopert~ - I_a denuncia - della violenza e dell'iniquità secolari che soverchiano 11 popolo siciliano non scaturisce da una rappresentazio~e. "r~ali_sti~a"(e qui s'intenda: distaccata, impassibile) delle _sue cond1Z1om_d1 vita; al contrario: essa preesiste all'invenzione narrativa, ne è uno dei presupposti. Il lavoro dello scrittore consiste appunto essenzialmente nel governare la convergenza delle due passioni - il furore intellettuale, l'eccitazione visiva (o visionaria)- entro il suo rovente crogiuolo linguistico. Non sempre la fusione è completa; neanche in quest'ultimo roma~- zo, Nottetempo, casa per casa (Mondadori, pp. 178, L. 28000). E, diciamolo subito, è bene che sia così. Consolo infatti, com'è risaputo, impegna il suo talento di prosatore (che ha pochi eguali, o forse ne_ssuno, tra gli italiani viventi) sul difficile terreno dell' esubera?za esp'.ess1va. L~ sua scrittura offre un campionario pressoché sterminato di figure di accumulazione e di permutazione; spicca, in particolare-oltre ai giochi di allitterazioni ed assonanze, ali' assidua cura del ritmo - la predilezione per le diramazioni sinonimiche, che a volte determina delle s_trutture, per dir così, a infiorescenza o a grappolo. Un esame dettaghato non mancherebbe di illustrare la grande maestria con la quale Consolo combina i costrutti enumerativi, manipola iperbati e inversioni, orchestra cadenze da cui fioriscono con naturalezza incantevoli (incantati) endecasillabi. La cosa che più importa, tuttavia, è che un arredo retorico così sfarzoso risulta esteticamente efficace solo in quanto trasmetta anche il senso di un'incrinatura, di una lacerazione: di un'anomalia, pronta ad ogni istante a dischiudere abissi d'insania o crudelt~.. . Le risorse mobilitate a questo fine sono moltephc1, e - a scanso d1 equivoci - indispensabili tutte. L'estrema eterogeneità de_!lessico,_in primo luogo, la mescolanza di voci arcaiche e dotte e voci popolan o plebee, il pullulare di sicilianismi; lo sporadico inserimento ~i ~eriodi_pi~ brevi, a volte ellittici, che troncano come un singulto torrenziah effus10m sintattiche; l'avvicendarsi del paludato eloquio del narratore con le battute, decisamente più dirette e piane, dei vari personaggi. Inoltre - anzi, soprattutto - la costruzione del racconto per capitoli, scene, qua?-11 di misura contenuta, che fanno progredire la vicenda per squarci e frammenti, con arditi salti di messa a fuoco. Il risultato è, sì (come tutti ripetono) una scrittura turgida, manieristica o barocca: ma si tratta d'un barocco dissonante, sincopato, tanto più spericolato ed eccessivo quanto più, nella sua ispirazione intima, precario. Accade anche, certo, che Consolo corra sul filo dell'ampollosità. Ben più numerosi per contro, e notevolissimi, sono i casi in cui la proliferazione dei realia nominati, lungi da ogni sospetto di compiacimento estetizzante o vitalistico, esprime una strenua, attonita volontà di adesion~ alle cose:_talvolt~ ammirata (come nello splendido passo sulla costruz10ne delle giare), pm spesso affannata o sgomenta. I moduli seriali di Consolo hanno qualcosa di minaccioso, perfino di intimidatorio; ciò che definiscono o misurano è sempre uno spazio saturo, presago di tragedia. Nottetempo, casa per casa è, di nuovo, un romanzo storico, o antistorico, fondato su una minuziosa ricerca documentaria. Dopo il controverso Risorgimento del Sorriso dell'ignoto marinaio (1976), lo spagnolesco Seicento di Lunaria ( 1985), il Settecento di Retablo ( 1987), le antiche vestigia delle Pietre di Pantalica ( 1988), Consolo racconta ora vicende ambientate nel nostro secolo, alle soglie della dittatura fascista. Due i poli della vicenda narrata. Il primo è la comparsa nei pressi di Cefalù d'una bizzarra congrega di stranieri, adepti d'un misterioso rito 24 esoterico; il secondo è l'avvicinamento alla lotta politica da parte del giovane maestro Petro Marano, figlio illegittimo d'un nobi.lotto del luogo. Quasi un inserto novellistico - ma giustificato sia dal colore d'epoca sia da esigenze di ritmo narrativo - è il cap. IX, che vede un ciabattino trarre inopinato profitto da una corsa automobilistica. Brutalità e follia imperversano.L'irrazionalità seduce i vacui corrotti (il dannunziano barone Cìcio), e i poveri, anche di spirito (il pastore Janu), nelle forme d'un satanismo ciarlatanesco; soggioga i più deboli (come la sorella e il padre di Petro) intaccandone i nervi e la mente; offusca l'intelletto di chi prova a battersi contro l'ingiustizia (gli anarchici), esponendoli al rischio d'un settarismo fanatico e velleitario._La stori~ si inoltra nel tunnel della più truce reazione: l'alleanza tra agran, mafiosi e fascisti conculcane! sangue le rivolte popolari, perpetuando un' oppressione antica. Petro non rimane insensibile a quanto sta accadendo; ma si sente, si sa, praticamente inerme. Quando, mescolandosi la politica a privati intrighi, verrà personalmente coinvolto nello scontro, risponderà abbandonandosi a un gesto meschino e inconcludente. L'esilio sancisce così una duplice sconfitta, sul piano dei fatti e su quello dei valori. La cultura non ha fornito a Petro nuovi mezzi di difesa dall'arroganza dei potenti: gli ha solo sottratto i più istintivi e rudi. Un. eventuale riscatto andrà quindi ricercato in una dimensione diversa dall'iniziativa politica concreta; e sarà nella testimonianza, nella trasfigurazione letteraria. "Si ritrovò il libro dell'anarchico, aprì le mani e lo lasciò cadere in mare./ Pensò al suo quaderno. Pensò che ritrovata calma, trovate le parole, il tono, la cadenza, avrebbe raccontato, sciolto il grumo dentro./ Avrebbe dato ragione, nome a tutto quel dolore". Il rapporto fra intellettuali e classi subalterne, tema da sempre caro a Consolo, si pone qui in termini accentuatamente pessimistici. Le prospettive di alleanza si sono allontanate; più forti che mai appaiono, per contro, le differenze di classe e di condizione sociale. Il sorriso de li 'ignoto marinaio si chiudeva con la citazione dei graffiti vergati da umili, incolti reclusi sulle pareti del carcere; Nottetempo rinvia all'opera dello scrittore solo, espatriato, estraniato da una battaglia politica sterile, in cui non può riconoscersi, e alla quale non sa dare contributo alcuno. L'unica linea di resistenza è
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