CONFRONTI amicizia, tanto che, per la prima volta, frequentando la redazione di "Tempo presente" Herling poté pensare di essere a casa. È dunque naturale che quando gli chiedo cosa pensi delle recenti dichiarazioni di due collaboratrici dello scrittore abruzzese, Ebe Flamini e Antonietta Leggeri, a proposito della provenienza dei finanziamenti utili per fare la rivjsta e delle influenze dirette degli americani, lui risponda decisamente di non e~sere d'accordo: "Io nego quei rapporti, anche se non facevo parte della direzione della rivista e dell'Associazione. Li nego perché il mio amico polacco oggi defunto, Jelenski, uno straordinario saggista, che viveva a Parigi, e che era estremamente collegato con l'Associazione, mi raccontò che in Svizzera, durante una riunione di tutte le riviste, alla quale partecipava anche Silone, Joselson, che le coordinava, fu costretto a dire che erano finanziate tramite canali della Cia. Nessuno ne sapeva nulla, tranne uno, il direttore di 'Der Monat'. Le reazioni furono fortissime; Spender, ad esempio, diede le dimissioni dalla sua rivista". Herling dice che "Silone era estremamente sensibile a questi aspetti. Ricordo che polemizzava con Koestler perché quest'ultimo voleva dare ali' attività del Congresso e delle riviste un carattere troppo spiccatamente anticomunista. D'altronde Silone si considerava fino alla sua morte 'un socialista senza partito' e 'un cristiano senza chiesa'. Si sentiva un socialista e non gli piacevano i voltagabbana. Ma se proprio vuole una mia opinione, credo certamente che queste attività fossero finanziate dagli americani, ma credo anche che la Cia costituisse solo uno dei canali, o un canale, attraverso i quali questi soldi arrivavano in Italia; ma non aveva nessuna importanza di merito; era una cosa puramente amministrativa. Io posso dire che, collaborando a 'Tempo presente', non ho mai avuto sentore di censure: c'era una libertà assoluta; venivano pubblicati anche articoli sull'America non proprio benevoli". Sempre pensando a Silone, Herling ricorda che in quegli anni fu pubblicato il libro di Aron sulla fine delle ideologie. "Silone non era d'accordo. Lui stesso mi raccontò che dopo la guerra ali' Assemblea Costituente incontrò Togliatti, col qualec' era stato un intenso rapporto fiduciario, e gli disse: 'Vedrai che la lotta definitiva sarà trai comunisti ed ex comunisti'. E infatti Silone è rimasto fino alla fine un uomo legato al socialismo, così come lo fu Orwell; un uomo che sentiva profondamente la realtà sociale dell'Italia. E sì, sotto questo aspetto, posso paragonarlo a Orwell. Non si sente la notevole sensibilità sociale di questi scrittori in Koestler. Ad esempio, pur essendo stato un anno in Russia, non ci sono descrizioni di come ci si viveva, in questa sua autobiografia ...". Ha nominato Orwell: vogliamo parlarne? "Certo, anche perché tra gli scrittori dei quali stiamo discutendo, Orwell è proprio quello che amo di più. Non ho avuto la fortuna di conoscerlo, anche se ho vissuto a Londra proprio negli ultimi anni della sua vita: era già isolato e molto malato; viveva su un piccolo isolotto e stava finendo, come in una corsa col tempo, il suo romanzo J 984. C'era qualcosa di straordinario in lui: così puro, così convincente in tutto quello che scriveva. Era un uomo straordinario. Di Crick, ricordo, lessi un saggio su di lui molto divertente, era probabilmente un capitolo della biografia in gestazione.Vi si raccontava che dopo aver scritto La fattoria degli animali, c'era ancora la guerra, nel '43/'44, mandò il manoscritto al grande editore inglese Faber&Faber, il cui direttore era T.S. Eliot. Quest'ultimo gli scrisse una lettera, dicendogli che, pur essendogli il libro piaciuto moltissimo, c'era un ostacolo per la pubblicazione: il ministero dell'informazione, esistente durante la guerra in Inghilterra, non avrebbe infatti permesso la stampa del volumetto se Orwell avesse insistito a rappresentare i padroni della fattoria come maiali; al contrario, gli avrebbero dato il beneplacito se avesse accettato di cambiare il tipo di animali: era un modo, gli spiegava Eliot, per evitare che gli alleati sovietici si offendessero. Lui rispose di no e ritirò il manoscritto: e pensare che una cosa del genere si svolse nella corrispondenza tra Eliot e Orwell fa davvero ridere". "Orwell - prosegue Herling - fu un combattente e uno dei suoi libri più belli è di sicuro Omaggio alla Catalogna. Ed è strano, se ci 20 Arthur Koestler, in una foto di Gisèle Freund, 1967. pensa, ricordare che iniziò la sua carriera come ufficiale della polizia in Birmania: su quell'esperienza scrisse un romanzo intitolato/ giorni di Birmania e un racconto Uccidendo l'elefante, quest'ultimo davvero e~cezionale. Ha inoltre scritto parecchi romanzi sulla vita in Inghilterra, dunostrando una enorme sensibilità per la vita sociale. Per documentarsi faceva cose impensabili per altri scrittori. Questa sensibilità sociale lo distacca da tutto il gruppo di scrittori che hanno avuto a che fare con il comunismo e la sinistra estrema. Di solito ci sono scrittori che sentono questi problemi in un modo cerebrale. 1984 è invece un libro estremamente sofferto, non solo per la morte incombente: è la sua visione della vita a essere tremenda. Era veramente un grido di grande disperazione. E mi ricordo che quando ho conosciuto in Inghilterra Bertrand Russell scoprii che lui adorava prima di tutto Conrad e poi Orwell. Voglio dire infine che nell'84 uscì un supplemento dell"Unità' dedicato a Orwell: quasi in coro gli estensori di quelle pagine cercavano di convincere i lettori che Orwell nel suo romanzo aveva in mente gli americani e non i sovietici. Adesso non succederebbe più: è davvero mut~to q~alcosa. Devo aggiungere che il primo a inventare questa teona fu 11 famoso Deutscher, che scrisse un saggio, in Inghilterra, sostenendo questa tesi incredibile". Prima di lasciarci, Herling mi dice che qualcuno gli ha regalato di recente] libri degli altri di Calvino, "uno scrittore che ammiro molto": tra le lettere editoriali ne ha trovata una a Pampaloni, "che mi ha molto colpito e quasi scandalizzato, nella quale Calvino definisce Orwell un lib~llista politico di secondo ordine. Ora questo giudizio, in uno scnttore della levatura di Calvino, è assolutamente insopportabile; capisco che lui era ancora comunista e che per i comunisti Orwell, in quel periodo, come abbiamo visto, era una bestia nera. Ma Calvino non era solo comunista, era anche scrittore, e mi sembra inammissibile un giudizio del genere, su uno scrittore che Eliot definì il più grande scrittore satirico dopo Swift in Inghilterra".
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