Linea d'ombra - anno X - n. 72 - giugno 1992

EDUCATORIE DISEDUCATORI Gli uomini migliori, sia sacerdoti che laici, erano stati emarginati. Ogni iniziativa presa dai pochi "progressisti" rimasti con le mani un po' libere veniva permessa a parole quel tanto che bastava per farsi redarne sui giornali, specialmente su quelli esteri, ma bloccata di fatto. Il trasformismo dilagava: si faceva uso di categorie nuove, possibilmente conciliari, talvolta bibliche e patristiche, ma per giungere alle conclusioni tradizionali; si introducevano modifiche rituali ma lasciando intatto il vecchio spirito legalistico, puramente esecutivo. In quella situazione era impossibile svolgere un serio lavoro pastorale che orientasse i fedeli verso l'essenza del messaggio cristiano, verso la libertà evangelica, verso profondi rapporti comunitari. La creatività della nostra liturgia domenicale veniva combattuta con ogni mezzo; il dialogo instaurato in parrocchia con chiunque era ostacolato da una persecuzione sottile, fatta d'insinuazioni e di calunnie. La nostra parrocchia, come tutte le altre, non era un'isola: i parrocchiani, venivano raggiunti in mille modi (parrocchie vicine, santuari, stampa, TV ...) dall'influsso di una chiesa che si presentava, anziché come popolo di Dio, come centro di potere che ribadiva in pratica l'inclinazione superstizioso-magica, la schiavitù alle leggi, la meccanicità nella preghiera, la confusione fra fede e politica, i privilegi dei ricchi. Tale influsso era particolarmente penetrante perché risvegliava sopite abitudini mentali e comportamentali, faceva leva su un artificioso spirito di casta (i "nostri" e gli "altri"), invitava a un cristianesimo comodo. Cosicché il popolo viveva in uno stato di conflitto interiore: da una parte il nostro annuncio e l'amicizia con noi, dall'altra la suggestione del ghetto devoto, disincarnato, egoistico, compiaciuto. Far fare alla gente qualche altro passo avanti era praticamente impossibile; attestarsi sulle posizioni raggiunte significava condannarsi a perderle una dopo l'altra. Non solo. C'era da considerare anche il gioco della curia: essa ci allentava le briglie solo quel poco che ci permetteva di vivacchiare; non si decideva a ucciderci e c'impediva di marciare. Evidentemente eravamo diventati "l'opposizione di sua maestà", la copertura a "sinistra", l'asso nella manica per poter dire domani che, come sempre, anche ora la chiesa fiorentina aveva accolto le spinte più audaci della società, aveva saputo discernere i segni del tempo, meritava insomma la fiducia dei "progressisti". L'operazione di recupero postumo di Mazzolari e di Milani era indicativa. Noi non potevamo prestarci a questo gioco trasformistico, entrare nel bagaglio apologetico della chiesa. La chiesa deve mostrarsi per quella che è, con le sue stesse miserie, e convertirsi al Vangelo: convertirsi continuamente, convertirsi anche nelle sue strutture. Il confronto col Vangelo è per la chiesa un dovere che non sopporta alibi e schermi. Noi, come tanti altri, eravamo, paradossalmente, alibi e schermo. Infine, rimanendo nella parrocchia, ultima propaggine di un'organizzazione verticistica e autoritaria, ero inevitabilmente il rappresentante non tanto del mistero di Cristo che questa chiesa possiede, quanto piuttosto -poiché si tratta d'una realtà constatabile - d'un apparato burocratico e legalistico, privilegiato e alienante. La nostra presenza nella chiesa, comprendemmo, doveva situarsi diversamente. Doveva essere tale da testimoniare in maniera creativa la vera natura della chiesa: popolo di Dio animato dallo Spirito e protagonista della storia della salvezza, popolo nel quale l'autorità non è più potere bensì servizio. Perciò nel marzo 1968, con indicibile pena lasciammo la parrocchia che noi stessi avevamo creato. Come vivo attualmente il mio sacerdozio? Sono anzitutto un uomo che cerca di rendere utile al mondo la libertà data da Dio a tutti i suoi figli, quella libertà per la quale il Cristo ci ha liberati affinché a essa rimanessimo saldi (Gal. 5, I). Sono un uomo che si mantiene col proprio lavoro, condividendo tutte le fatiche e tutti i rischi degli altri comuni mortali, e che sa quindi cosa vuol dire, per esempio, pagare l'affitto, pagare le bollette, arrivare alla fine del mese. Sono poi un membro di questa chiesa che nonostante tutto è pur sempre la santa chiesa, la continuatrice dell'opera del Signore, e mi sento in comunione con tutti i cattolici: anzi, cercando di essere cattolico fino in fondo, in comunione con tutti coloro che professano il nome di Cristo, convinto come sono che secondo l'espressione di Papa Giovanni "quel che ci unisce è infinitamente più grande di quello che ci separa". Sono in particolare un membro della mia comunità, e grazie al consenso dei fratelli presto in essa il servizio presbiteriale: introduco la meditazione collettiva sulla Parola di Dio, distribuisco il pane e il vino eucaristici. Contribuisco, così, come fa del resto ogni membro svolgendo il suo specifico servizio, al comune impegno di vivere la fede, l'amore e la speranza e di promuovere un "aggiornamento" della chiesa non tanto con la contestazione quanto con la testimonianza positiva: un aggiornamento che non sia trasformistico ma costituisca un' autentica, radicale e permanente conversione al messaggio del Signore. Vogliamo mostrare come il popolo di Dio deve crescere e l'autorità deve diminuire, mettendosi a disposizione - con quella flessibilità di forme strutturali che si riscontra nel Nuovo Testamento - della ricerca, dei progetti, della dinamica di questo popolo mosso dallo Spirito. Vogliamo ancora mostrare come deve crescere il mondo e diminuire la chiesa, diventando quest'ultima semplicemente una proposta di speranza e una manifestazione di quella debolezza nella quale - come dice Paolo - rifulge la potenza di Dio. Pur rifuggendo da nuovi connubi tra l'istituzione ecclesiastica e le forze politiche, vogliamo una chiesa che scelga chiaramente la causa dei poveri, consapevole che non scegliendo sceglierebbe i privilegi dei ricchi e in tal modo ostacolerebbe la conversione sia dei ricchi che dei poveri. Quali sono le mie, le nostre certezze? Tutte le tesi e le ipotesi della ricerca teologica contemporanea vengono da noi esaminate attentamente. La lettura della Scrittura ci presenta ogni settimana nuovi ardui problemi. Abbiamo poche certezze. Siamo poveri di sicurezze. Ma posso dire che l'altra faccia della medaglia è una progressiva purificazione della nostra fede, che diventa sempre più un abbandono fiducioso in Dio e uno stimolo a operare-ciascuno con le sue scelte politiche individuali - per rinnovare _la faccia del mondo. Ci riesce difficile parlare di Dio, ma Dio è la realtà più profonda dei nostri cuori; ci risulta per molti versi enigmatica la figura del Cristo, ma vogliamo essere suoi discepoli e trascrivere nelle nostre esistenze la sua testimonianza di amore e di forza; non ci convincono le tante ecclesiologie analitiche che si trovano nelle librerie, ma la chiesa è la situazione della nostra fede e del nostro amore reciproco, è il punto di partenza del nostro invio in missione nel mondo. Siamo in ricerca, stiamo sperimentando. Però questa, a nostro avviso, è la vera teologia: la riflessione di un popolo sulla Parola di Dio e sul proprio tempo, sulla propria preghiera e sul proprio impegno nella storia. E questa, a nostro avviso, è la condizione permanente della chiesa, lo sappia o non lo sappia: condizione doverosa di docilità allo Spirito, che si tradisce quando ci si appiglia alle sicurezze. Con questo brancolamento - che, lo ripeto, ha nome fede-cerco insieme ai miei fratelli di "comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità di Cristo, di conoscere il metaconoscibile amore di Cristo, per essere ripieni di tutta la pienezza di Dio" (Ef. 3, 18-19) e per proporla al mondo. LATERRA 31 < Redazione: Gianfranco Bettin, Giacomo Sorella, Goffredo Foti, Filippo Gentiloni, Piergiorgio Giacchè,Luigi Manconi, Santina Mobiglia, Antonio Monaco, Giuseppe Pontremoli, Lia Sacerdote, Marino Sinibaldi. Progetto grafico: Andrea Rauch/Graphiti Editore: Linea d'ombra Edizioni srl Via Gaffurio 4, 20124 Milano Tel. 02/6691132 Fax:6691299 Distrib. edicole Messaggerie Periodici SpA aderente A.D.N. Via Famagosta 75 Milano Tel. 02/8467545 Distrib. librerie PDE Viale M. Fanti 91, 50137 Firenze Tel. 055/587242 Stampa Litouric sas Via Rossini 30, Trezzano SN (Ml) Tel. 02/48403085 LINEA D'OMBRA Mensile di storie, immagini, discussioni. 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