Linea d'ombra - anno X - n. 72 - giugno 1992

EDUCATORI E DISEDUCATORI diocesi: però, dati gli impegni di studio o di lavoro dei fratelli, doveva essere una parrocchia di città. Diventato redattore del settimanale diocesano (dal quale dovevo in seguito dare le dimissioni a causa della censura che tagliava persino i discorsi di Papa Giovanni e poi di Paolo VI), non mi fu difficile ottenere questa parrocchia, anche perché la casa canonica della parrocchia precedente era stata dichiarata inabitabile dal comune e io vivevo, praticamente, nella mia macchina, in un caos di calzini e camicie, dormendo la notte da qualche amico: la qual cosa, secondo la curia, non era conforme alla dignità sacerdotale e imponeva quindi una mia sistemazione. La nuova parrocchia era da creare, all'estrema periferia di Firenze, nel quartiere denominato La Nave, che era stato scisso da una parrocchia più grande. Mancava la chiesa, mancava la casa, mancava tutto. Il culto avveniva in una cappellina funebre di privati, umida, piccola e squallida. All'inizio venivano solo donne. Fu un grande avvenimento quando cominciarono a frequentare anche gli uomini. Intanto la comunità era entrata per così dire in ibernazione: non volevamo andare a La Nave da colonizzatori; la comunità doveva rinascere sul posto. Non fu facile. Si trattava d'una popolazione di poco più che ottocento persone, delle quali una parte aveva vissuto nell'isolamento quasi totale dal resto della città, mentre un'altra parte era costituita da ex contadini che avevano ancora la diffidenza e la furberia dei mezzadri - abituati da secoli a difendersi come possono dallo sfruttamento padronale - e che aspiravano ad abitare in quartieri meno periferici. Tuttavia alcuni giovani accolsero il discorso sulla comunità e attorno a loro si unirono i vecchi membri. Non narrerò le vicende complesse e scandalose riguardanti la costruzione della chiesa, che del resto oggi non rifarei: piuttosto, chiederei ospitalità nel cinema locale. In breve, dopo tante lotte e sofferenze costruimmo una chiesa in prefabbricato, che pagarono sia gli abitanti sia diversi amici, tutti mediante sottoscrizioni volontarie. L'abolizione delle tariffe e della vendita delle candele fu accolta dalla gente con simpatia imprevedibile e dal clero di altre parrocchie con rabbia immaginabile. Ben presto la messa domenicale diventò anche sensibilmente il momento centrale della settimana di tante persone: non solo del posto ma di tutta Firenze, ché la chiesa de La Nave cominciò ad essere frequentata da molti non parrocchiani che cercavano una liturgia viva e comunitaria. Era infatti, la nostra, una liturgia alla quale tutto il popolo partecipava: tutti rispondevano, tutti cantavano, tutti facevano la comunione. Ai momenti delle intenzioni per i vivi e per i defunti, durante una lunga pausa di silenzio parecchi pronunciavano ad alta voce i nomi delle persone per le quali chiedevano la preghiera dell'assemblea. Dopo l'orazione seguente alla comunione, c'era un colloquio amichevole sui problemi della parrocchia, della chiesa, del mondo. Chiunque prendeva la parola con la massima spontaneità. Un dopocena in settimana ci ritrovavamo per discutere e sviluppare l'omelia della domenica precedente, durante un'altra eucaristia. Un'impostazione di questo genere - caratterizzata dalla creatività e dalla libertà espressiva dei fedeli - faceva a pugni col rigido ritualismo romano. Pian piano la messa si trasformò sotto i nostri occhi, direi quasi nonostante noi stessi, fino ad essere la celebrazione gioiosa d'una comunità che viveva insieme la propria fede "qui e ora", cioè secondo lo spirito del giorno, dei testi biblici, delle persone riunite. Il canone ufficiale risultò arido, glaciale, incapace di tradurre lo slancio di fede dei presenti; i gesti a me prescritti apparvero senza senso, enfatici, formali. Nacque una liturgia nuova che ogni domenica era diversa perché ogni domenica esprimeva la fede comunitaria, animata e colorata sia dalla Parola di Dio che dagli avvenimenti accaduti fra di noi e LA TERRA 29 < i = ... ~ ... e z ►

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==