Linea d'ombra - anno X - n. 72 - giugno 1992

EDUCATORIE DISEDUCATORI Quando, a ventidue anni, dopo avere deciso di diventare prete scansando le forche caudine del seminario locale, cercavo i mezzi per studiare teologia in un 'università romana, una sera, forse abbattuto o forse irritato, mi misi a scrivere. Quello che scrissi era molto violento; l'idea di fondo era che tra me e la chiesa s'era stabilito un rapporto di odio-amore: la chiesa mi aveva sedotto e insieme disgustato; non potevo non aborrire la sua protervia, non potevo non impegnare la mia vita nella sua missione. Fu appunto con quello stato d'animo che diventai prete. A Roma m'insegnarono tutte le combinazioni concettuali della teologia scolastica, m'imbottirono degli oltre duemila canoni del diritto che regge la chiesa, mi spiegarono uno per uno i peccati inventati dalle congregazioni romane e dai moralisti, mi fecero sorbire un'esegesi tanto rudimentale quanto pia di qualche brano della Scrittura, riempirono il mio libretto universitario di bei voti, mi addestrarono nella tecnica della celebrazione della messa ("Quando si dice 'Dominus vobiscum' si alzano le braccia, ma le mani non devono essere più in alto né più in là delle spalle ..."), infine mi ordinarono prete: sempre a Roma, l'allora vescovo Traglia, il 13 marzo 1954, in San Giovanni in Laterano. Passò un altro anno, l'anno di laurea, e tornai a Firenze, mia diocesi. A questo punto è necessario un chiarimento. Ragioni di spazio (ci vorrebbe un libro!) e ragioni di carità nonché di doverosa riservatezza m' impediscono di narrare dettagliatamente le mie vicende. Le quali non hanno lasciato in me risentimento, spirito di rivalsa o pentimento per avere scelto il sacerdozio: piuttosto si sono risolte in un'esperienza di fede- una fede sempre più alla ricerca di se stessa, una fede sempre più povera, sempre più disponibile, e, non è un gioco di parole, una fede decisa ad essere sempre più fedele alla chiamata evangelica - ma hanno piuttosto stimolato la mia meditazione sulla Parola di Dio, la mia indagine sul pensiero e sul progetto salvifico di Dio; mi hanno aiutato piuttosto a tentare d'intravedere i segni del tempo, a cercare cioè di capire a che punto è oggi l'umanità nel suo pellegrinaggio verso la verità e che cosa aspetta oggi Dio dalla sua chiesa. D'altra parte, la mia storia sacerdotale è semplice: è una storia di dimissioni. A eccezione del suo primo tempo, in cui sono stato parroco d'uno strano ricovero che ospitava più di mille poveri. C'erano ragazzi dai cinque ai diciotto anni, vecchi sani e malati e infermi di tutte le età. L'amministrazione come gran parte del personale erano laici, ma influsso preponderante avevano le suore che lavoravano nel reparto femminile. Il lettore che è al corrente dei vari scandali degl'istituti assistenziali-dai Celestini di Prato ali' Ospizio di Grottaferrata- non avrà difficoltà a immaginarsi le condizioni in cui vivevano quei poveri: condizioni "punitive", per il semplice fatto di essere poveri. Cercai di sollecitare l'intervento delle autorità, civili e religiose, ma invano. Cercai allora di condividere il più possibile l'esistenza di quegli sventurati e di alimentare in essi, soprattutto nei giovani, il senso della loro dignità e dei loro diritti. La conclusione fu che venni rimosso dall'incarico. Mi relegarono in una parrocchia di collina con centoventi abitanti, tutti contadini, che nello spazio di cinque anni diventarono trentanove. Vi si arrivava lungo un viottolo in gran parte ripido e appena accennato su lastroni di roccia: in certi periodi dell' inverno era impraticabile per la neve, in altri perché la macchina affondava nel fango. Già, avevo la macchina, e avevo inoltre un beneficio ecclesiastico: due poderi, i cui contadini si ostinavano a chiamarmi "signor padrone", come si ostinavano a voler dividere con me i frutti del loro lavoro nonostante insistessi che ai frutti del loro lavoro avevano diritto soltanto essi, non io. Piccolo feudatario, pieno di debiti, sì, a causa dello stato delle case coloniche e dei poderi, ma sempre feudatario, sempre "signor paLATERRA 27 < e a a- .. I. .. e: z a-

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