MEDIA E GIOVANI allegra volgarità, seguendo il gusto e le mode, ma anche intervenendo a formarle, anche qui con molto cinismo nonostante una non antipatica inverecondia. La mia rubrica aveva uno scopo, accettato dalla direzione: segnalare ai lettori all'interno della produzione culturale preferibilmente dei giovani le cose migliori, e discuterne il carattere e il valore. Loro (il giornale) si servivano di me ma io ho creduto (forse sbagliando, non so: il crinale è ripido, i confini impervi) di servirmi del giornale per un discorso diverso, nell'illusione di un dialogo "diretto" tra me e il lettore. Certamente, non ho mai censurato le mie idee né le ho mai camuffate; e gli articoli che scrivevo avrei potuto pubblicarli tal quale sugli altri posti dove scrivo, "L'Unità" o "Linea d'ombra". Ripeto: si tratta di scelte personali, di un rapporto con i media - e tramite loro con un pubblico che non ritengo giusto trascurare, regalare alle scempiaggini televisive e al cinismo dei lacchè - che non mi sento di poter codificare. Dove fermarsi è purtroppo, per ora, questione di morale individuale e non di canoni di gruppo. Una piccola regola l'ho comunque avuta, anche in passato: non accettare censure. E, guarda caso, è stato solo su un predicatorio giornale della sinistra che in passato mi è capitato di subirne. Ho tentato anche la collaborazione con "Cuore": per gli stessi motivi-poter dire qualcosa a un pubblico che rispetto e mi interessa, e che soffro a veder abbandonato alle mascalzonaggini dell'industria culturale, alle ipocrisie dei vecchi soloni della vecchia sinistra, al cinismo dei nuovi intrattenitori della medesima. Poi ho smesso, troppo fragile essendo la mia possibilità di identificazione con un giornale quasi esclusivamente di satira e con lettori che non sono ma che finiscono per sembrare tutti al livello di quelli che "si esprimono" ed esprimono i loro sogni nel paginone finale. Se un rimprovero, del tutto personale e discutibile, ho da fare a Michele è che mi sembra esserci una notevole differenza tra le cose che lui dice su "L'Unità" e il giornale che è "Cuore", sensate e "pedagogiche" le prime, codino nei confronti di un'immagine di pubblico che bensì si contribuisce ad appiattire il secondo. In forme "alternative" (?) di conformismo. (E il discorso non è diverso anche per un altro organo della "sinistra" cui ho collaborato in passato, "Radio popolare" di Milano, e cui smisi di collaborare per le stesse ragioni.) Il facile "ribellismo" -chiamiamolo così - della satira (questa satira onnipervadente e onnidilagante: ma che cristo avranno da ridere 'sti umoristi e comici italiani "di sinistra"? e che cosa hanno mai saputo contrapporre ai nemici che insultano? in che cosa si sentono davvero diversi? per esempio da tutti gli altri opinionisti autorizzati? e da che pulpito, o "sotto che re", si credono di star parlando? il Pds? la "sinistra"? i "rifondatori"? tutta questa bella gente così incorrotta e senza peccato? mamma mia, come hanno rotto, 'sti comici e umoristi così gioiosamente o austeramente complici!) non si accompagna ad alcunché di "formativo", a riflessioni sensate sull'esistente e sul possibile delle quali - io ne sono convinto - la presente generazione dei Novanta ha bisogno e sa di avere bisogno. I suoi bisogni li esprime in modi distorti, anche perché non c'è chi glieli copra, ma a me pare di avvertire da parte di moltissimi giovani delle richieste: di chiarezza, di principi, di conoscenze, di proposte, di discussione sulle cose serie della loro vita e della società in cui vivono, del mondo in cui vivono. Il che non avvertivo affatto nel decennio passato e nella supinità verso le bamboleggianti o arrampicanti idiozie dei "teorici del nuovo rinascimento" e dei divi da media. Questa generazione, quella degli anni Novanta, mi pare assai meno conformista della precedente. Mi pare piena di problemi e piena di domande. Alle quali il massimo di risposte che può trovare, a "sinistra", sono quelle che gli vengono dal continuismo ideologico del togliattismo più o meno manifestino o "rifondatore", o dai "nuovi" comici e umoristi, o dai filosofi tutti-super delle mistiche rosso-nere tardo-terzintemazionaliste e neo-apocalittiche. Una gran bella insalata, la "sinistra", ammesso che si voglia ancora usar questo termine per definire questi singoli e gruppi arroccati con tanta arroganza nella difesa di tradizioni e modelli fallimentari, e che tuttavia continuano ad aver presa, semplicemente perché gridano di più, protestano di più, si autoproclamano con più roboante sicurezza portatori di "rivoluzione". I più, anzi quasi tutti, solo a parole, e del tutto privi di qualsiasi impegno e radicamento sociale che non sia meramente corporativo. Alla generazione dei Novanta abbiamo, noi più sensati, seguaci di Tommaso l'apostolo (quello che se non vede non crede, e che non si lascia più infinocchiare dai grandi discorsi e dalle pretese metafisico-utopiche sganciate dal presente e che non cercano coerenza tra parole e azioni, tra fini e mezzi) e non di Tommaso d'Aquino, qualcosa da dire? Io credo di sì, ché di cose ne abbiamo viste e fatte e abbiamo avuto tempo e modo di ragionarci sopra. E che soprattutto, oltre che una morale (e una forte sensibilità per le ingiustizie che ci attorniano e una profonda solidarietà con gli oppressi - ancora le molle di ogni spinta a una società migliore, come si diceva e si deve continuare a dire esplicitamente), abbiamo ancora curiosità: del mondo, degli altri, dei loro modi di esprimere, delle possibilità di cambiare. Sarebbe possibile mettere insieme un po' di questa gente con morale e curiosità, e "specialista" di questo o di quello (di musica o di cinema, di sport o di letteratura, di problemi sociali o di storia ecc. ecc.) attorno, per esempio, a un progetto di rivista o di pagine di unquotidiano-e penso, è ovvio, a "L'Unità" - rivolto principalmente o esclusivamente a un pubblico di giovani, che parli loro di ciò in cui crediamo e parli bensì di loro e delle loro culture, e le spieghi e discuta trascegliendo e proponendo, provocando e affermando a partire dai bisogni migliori: di chiarezza, di conoscenza, di identità, di cambiamento? Io sono sicuro di sì, e sono sicuro che, parlando tuttavia da e di e per minoranze, si potrebbe parlare alla parte migliore di questa generazione, con qualche influenza su tutti gli altri. E il perché questo non si fa è per me un mistero che capisco solo pensando alla smania di affermazione e successo di cui coloro che dovrebbero e potrebbero farlo si sono via via fatti prigionieri nel corso degli anni Ottanta, e alla superficialità condizionata dai media dei nuovi funzionari e collaboratori dei media, e al blobbismo-cuorismo (purtroppo molto pagante) o all'impasto accademiconicoliniano di altre pagine giovanil-culturali: insomma alla cultura dei quarantenni, che vanno formando chi viene dopo di loro sostenendo magari, ancora con molto cinismo, che i giovani se la vedano da sé e scelgano da sé. Come se gli si lasciasse molto tra cui scegliere! Questo mi pare un problema grave e da discutere, da parte di chi oggi opera nei media, crea e inventa dei media, e vuole fame qualcosa di diverso e di meglio della corrotta imbecillità dei funzionari dei media, dell'ottusa ipocrisia delle ultime leve della borghesia togliattiana, e del nostro (mio e di tanti amici dentro i media) opportunismo e cinismo. LATERRA 25 < i = i; .. e: =
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