HANDICAP tale? Questa figura, infatti, la incontriamo in innumerevoli opere, dagli antichi tragediografi greci a Joyce. Thomas Mann fa dire a uno dei protagonisti del romanzo La montagna incantata: "La malattia è la metamorfosi dell'amore". Ma a proposito del nostro discorso si può correggere l'asserto così: le metafore della malattia sono la metamorfosi del timore di perdere l'oggetto amato. È in questo modo che il cieco Omero, con un rovesciamento d'immagine compiuto da un'intera collettività, diventa il padre di ciò che si teme di perdere. Le metafore del1'"ombra" sono contraddittorie perché hanno come la statua di Giano due volti: quello oracolare, che dà voce per enigmi alla verità nascosta, e quello della consapevolezza del limite fisico, riflessa nel sentimento di pena per il "minorato". Sono questi due poli emotivamente forti della contraddizione a creare i miti della cecità, che allontana però l' hic et nunc della cecità concreta. Un altro esempio significativo di quest'ambiguità lo incontriamo nei vangeli e in particolare dove si parla del cieco di Gerico; egli è l'uomo che per la sua minorazione e per la situazione di bisogno in cui vive ha da una parte il privilegio di riconoscere la divinità benigna che ha marchiato il suo corpo con il dolore della malattia e con la gioia della guarigione; d'altro canto con il suo lamento suscita pietà, quel sentimento di ripulsa che nasce nell'individuo sano di fronte all'immagine di una possibilità concreta di cecità. Il "normodotato" cerca attorno a sé preferibilmente immagini di integrità fisica e psichica, quelle immagini cioè che garantiscono continuità alla propria condizione di salute; l'handicappato rappresenta invece il suo volto contrario, ciò che il "normodotato" teme continuamente di diventare. Così Omero, il cieco di Gerico, Tiresia, Edipo, e tutte le altre figure di ciechi che incontriamo nell'immaginario collettivo sono stilizzazione di persone reali, allontanate e poi sublimate in un gioco di metafore ricco di contenuti semantici in cui i ciechi reali non si possono riconoscere ma con cui devono fare i conti. La realtà quotidiana del cieco è fatta non solo di problemi di organizzazione della vita materiale, ma anche, e vorrei dire soprattutto, di barriere relazionali create da queste maglie emotive. Per avvicinare il problema della cecità alla prospettiva che qui ho delineato non dovrei solo occuparmi delle metafore sui ciechi ma anche delle metafore dei ciechi per delineare così anche l'immagine rovesciata, e altrettanto reale, dell'uomo "normodotato". Definire le metafore dei ciechi potrebbe significare rompere il cerchio vizioso delle immagini autoriflesse dei "sani" e aprire la strada a un gioco di rapporti a più voci. Si tratterebbe di ricostruire i miti dei non vedenti, attraverso le loro peripezie cognitive e attraverso i loro labirinti relazionali per tracciare la loro difficile identità. Un'identità che deve fare i conti con una società che ha ipostatizzato il sistema percettivo integro dei cinque sensi, che ha fatto dell' immagine visiva un feticcio e che ha creato un' opposizione inconciliabile fra luce e buio. Se questa cultura ha prodotto la polarità dei simboli del giorno e dei simboli della notte, è necessario ricomporre questo orizzonte di metafore parallele sui ciechi e dei ciechi per ottenere l'immagine tridimensionale del cieco e del vedente, del "sano" e del "malato". Questo è un compito per il futuro, e un viaggio non ancora intrapreso, è il desiderio di raccontare anche il mondo immaginario dai contorni "oscuri". Come gli antichi geografi Cristoforo Colombo seguendo delle mappe sbagliate ha scoperto un nuovo continente. Erodoto ha disegnato mappe fantastiche per navigatori incauti. Le mappe degli antichi erano delle narrazioni in cui si mescolavano miti, racconti poco verosimili e descrizione realistiche di viaggio. I territori descritti dagli antichi geografi erano dunque un groviglio di mappe sospese fra desiderio e realtà; e nonostante questo i marinai, i condottieri, i mercanti dell'antichità hanno fatto tesoro di questi labirinti della fantasia e ne sono stati ripagati abbondantemente con la scoperta di nuove coste, nuove terre, nuovi mercati. Anche se una mappa non corrisponde al territorio che intende rappresentare, ciò non significa che essa appartenga al regno delle chimere. Un cieco, come un antico geografo, è in possesso delle mappe linguistiche di un territorio di cui però non ha esperienza diretta; esse, infatti, sono state disegnate da vedenti per vedenti, in base ad un'esperienza spaziovisiva, ma chi non vede deve necessariamente, per capire e comunicare con l'ambiente, conoscerle e ricontestualizzarle entro la propria sfera sensoriale. Queste mappe linguistiche si possono suddividere in due classi: quelle che il cieco può verificare mediante la sua sensibilità e quelle che egli non può verificare perché si riferiscono solo alla percezione visiva. Le proposizioni della prima classe sono facilmente adattabili alla capacità percettiva del non vedente: ad esempio se un vedente rivolgendosi ad un cieco gli comunica: prendi questo - indicando con l'indice un bicchiere - il messaggio per lui è incompleto; se invece la richiesta è accompagnata da un segnale supplementare, per esempio, si percuote il bicchiere, si otterrà un messaggio significativo, e la comunicazione potrà svolgersi felicemente. Il problema della comprensione di un messaggio per un cieco diventa molto più complesso quando la proposizione è un giudizio di realtà della seconda classe. Ad esempio il messaggio "stasera la luna è velata" non pone problemi di interpretazione se gli interlocutori sono entrambi vedenti e se entrambi conoscono il valore delle parole. Invece la questione da un punto di vista cognitivo si presenta più complessa se l'emittente o il ricevente oppure entrambi sono ciechi. In questo caso il messaggio presenta delle diversità semantiche e si tratta di analizzare i diversi campi cognitivi in gioco nella relazione comunicativa. Il cieco è in possesso delle categorie dello spazio euclideo entro cui si muovono i pianeti allo stesso modo del vedente; sa che la luna è sferica, sa che periodicamente e regolarmente presenta all'osservatore diverse dimensioni e che questo fenomeno è in rapporto alla posizione dell'osservatore rispetto al sole e alla luna. Le conoscenze del cieco in questo caso sono frutto di un'esperienza visiva mediata perché il cieco non ha la possibilità di percepire la luna ma ha in comune con il vedente la conoscenza delle categorie spazio-temporali (destra, sinistra; alto, basso; LATERRA 11 < e = .. ' .. e =
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