HANDICAP Esiste inoltre un mercato dell'handicap: apparati tecnici, cure, istituti specializzati, medici specializzati. .. M. - Ci sono ditte che hanno cominciato a produrre scale alternative e cose di questo genere. Un po' quello che è successo con il mercato del1' ecologia. A un certo punto, non è che le classi dirigenti diventassero più ecologiche, è che c'erano dei soldi da investire e quello era un settore possibile, un mercato in ascesa. Naturalmente il singolo handicappato beneficia in parte di tuttoquesto, ma non è vero che questo comporti automaticamente una crescita culturale. Purtroppo quello a cui si assiste oggi a livello di informazione e di immagine dell'handicap non è affatto confortante. C'è questa specie di sagra del dolore o della sofferenza che dilaga verso gli schermi televisivi. Lo stesso fatto che molti film si siano occupati di handicap è un segnale: si possono vincere degli Oscar , con gli handicappati ... Questo però è in linea con la considerazione che l'handicap non si sottrae al consumismo diffuso caratteristico del nostro tempo Ma questo non ha portato a una visibilità maggiore, sociale dell'handicap maggiore, c'è una visibilità televisiva e spettacolare ma nella realtà non è che gli handicappati li vedifacilmente accolti ... M. - Non sono d'accordo, in giro se ne vedono certamente di più e questo è l'aspetto positivo. Per capire questo fenomeno bisogna sfatare i luoghi comuni. Di solito si dice che le barriere architettoniche non sono le barriere più grosse, che le barriere più grosse sono quelle psicologiche. lo sono dell'opinione contraria e dico in modo un po' paradossale che se ci sono ancora le barriere architettoniche, ci sono però cartelli dappertutto che segnalano la possibilità per un handicappato di muoversi nelle città eccetera eccetera. Gli handicappati escono di più, usano di più la città, si fanno vedere di più ed è nel momento in cui si fanno vedere di più che cadono alcune barriere psicologiche. Se a un certo punto faccio una serie di azioni anche modeste, cadranno anche queste, perché chi ha paura dell'handicap dopo un po' che lo frequenta non ha più paura, ma se non lo frequenta la paura contiinuerà ad averla. Per questo io non sono pessimista come te: di handicappati se ne vedono in giro parecchi, e poi c'è un fatto obiettivo, che i genitori singoli si vergognano un po' meno del1'handicappato che hanno in casa. E anche questo è stato possibile solo grazie al fatto che cominciano a uscire di più, che la gente li vede di più, si è abituata a loro. Che rapporto c'è tra le associazioni e la politica? M. -Alcune associazioni non sono così minoritarie, e hanno dunque un loro peso, un loro coinvolgimento nella politica .. C'è per esempio l'Aias, l'associazione italiana spastici, e questa è una notizia che può essere sconvolgente, ha in Sardegna l.500dipendenti. AMilano ne ha novanta. In più ha un buon numero di volontari, il loro peso politico, in termini cliprocacciamento di consenso per questa o quella parte politica, è dunque molto rilevante. In questi anni le associazioni, mi pare, non hanno assolutamen~e anticipato le tendenze che il benessere e lo sviluppo industriale hanno intrapreso per conto loro, le associazioni sono rimaste sempre un po' indietro, non hanno colto il senso di questo sviluppo. L. - Io concordo abbastanza con questo, ma devo dire con molta onestà che fino a che dell'handicap non si occuperanno persone che sanno pensare, che sanno fare cultura, fino a che si lascia ai genitori di occuparsene, più di tanto non si otterrà. Sì, ma quali sono le persone che sanno fare cultura? I giornalisti, la televisione, forse? Un prete, don Angelo Fanucci, dice che bisogna contrapporre alla "solidarietà del cuore", troppo facile, la "solidarietà del cesso", di chi aiuta davvero l'handicappato ... Perché difronte all'aiuto da dare nel cesso la gente sparisce, la solidarietà viene a cadere. C'è poi l'aspetto dell'informazione su queste cose, che èa doppio taglio, sensibilizza sì, ma in una direzione che non è esattamente quella più produttiva. Non sol 'intellettuale in senso generico è la persona più indicata per parlare di queste cose, e se non invece l'intellettuale specifico a doverlo fare, cioè l 'operatore, lo specialista in senso pratico-professionale... L. - Quando parlo di intellettuali e di cultura non penso soltanto agli artisti e ai giornalisti o agli opinion maker, penso invece a persone che tra le altre cose puliscono i sederi agli handicappati e intanto possono riflettere. Ma queste persone sono o le famiglie o dei bravi obiettori di coscienza, e se non ci fossero queste persone sarebbe un vero disastro come quando tutto era a carico della famiglia. Ma per quanto riguarda l'istituzione, i servizi pubblici ecc. siamo arrivati alla conclusione un po' amara che non sono in grado di occuparsi degli handicappati. Molto semplicemente non ne sono capaci, e non lo saranno mai, perché tu non riesci ad occuparti di un handicappato oltre una certa gravità solo sulla spinta di uno stipendio ... Alla lunga è questo che darà ragione ai cattolici, perché loro hanno una motivazione superiore. Tutto il grande dibattito degli anni Settanta su pubblico e privato e tutto l'atteggiamento della sinistra che era quello di dire: dell'handicap si deve occupare l'istituzione, gli enti pubblici ecc., si è dimostrato fallimentare. Oggi si è finito addirittura per esagerare nella direzione contraria, nell'esaltazione del solo privato. Però bisogna capire fin dall'inizio che non è pensabile che ci si possa occupare degli handicappati, o anche, per esempio, degli anziani soltanto su base volontaria ... In Italia si tende a parlare molto dei diritti e poco dei doveri, a cominciare dai filosofi come Bobbio e dai politici come Occhetto... E forse bisognerebbe ribaltare il discorso, cominciare oggi dai doveri. .. M.-Sono assolutamente d'accordo. E non c'è come l'handicap perché questo sia visibile con estrema chiarezza. Prendiamo per esempio il fenomeno dei falsi invalidi, ci sono fasce di falsi invalidi LATERRA 3 < e = .. ;: .. e =
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