cosa avrebbe fatto ora il Signore? Come sarebbe andata a finire quella rivolta? Per lunghe ore l'Arca navigò così, carica d'incertezza e di terrore. Avrebbe Dio costretto il corvo a ritornare? L'avrebbe ucciso, come esempio, davanti a tutti? O che altro? E Vicente, era riuscito a resistere alla tempesta, all'oscurità della notte, al diluvio senza fine? E se era riuscito, dove si trovava ora? In quale an_golodel mondo rimaneva ancora un palmo di speranza? Nessuno rispondeva alle proprie domande. Gli occhi si fissavano nelle tenebre, i cuori si stringevano in un sentimento di rivolta impotente, e le ore passavano. All'improvviso una lince dagli occhi più penetranti avvistò terra. La parola, timidamente sussurrata perché suonava miraggio e blasfemia, traversò tutta l'Arca come un profumo. E tutta quella fauna delusa e umiliata salì di sopra, affollandosi sul ponte, nell'eccitazione grata e felice di ritrovare ancora terra ferma in questo povero universo. Terra! Né pianure, né altopiani, né deserti. Nemmeno la rassicurante solidità d'una collina. Nella bruma penetrata a poco a poco dagli avidi occhi si scorgeva solo la cima d'una cresta sovrastante l'acqua. Ma era sufficiente. Per quanti lo vedevano, quel piccolo scoglio riassumeva la grandezza del mondo. Il solo fatto che esistesse dava consistenza alla loro stessa realtà. Prima non erano che miseri fantasmi fluttuanti. Terra! Una minuscola isola di solidità nel mezzo d'un abisso sconvolto; niente altro aveva senso o importava. Terra! Purtroppo la dolcezza della parola si venava d'amaro. Terra? Sì, il caldo grembo della madre esisteva ancora. Ma il figlio? Ma Vicente, legittimo frutto di quel ventre? Vicente era vivo. Via via che la barca s'avvicinava, occhi più fiduciosi riconobbero a distanza la sua figura angolosa stagliata sull'orizzonte, una linea severa che limitava un corpo e nello stesso tempo era un profilo di volontà. Era arrivato! Aveva vinto! E nell'anima di tutti scese la pace dell'umiliazione vendicata. Ma l'acqua cresceva sempre e la cresta del monte_rimpiccioliva ad ogni secondo. Terra! Ma così poca ormai, che anche i più ottimisti la fissavano ansiosamente, come volendo difenderla dalla voragine. E anche per difendere Vicente, la cui esistenza si era determinantemente legata al tellurico destino. Ah, ma erano "aperte le fonti del grande abisso e le cateratte del cielo". Uomini e animali cominciarono a disperare davanti all'inesorabile sommersione dell'ultimo ridotto dell' indipendenza della vita. Contro la determinazione di Dio non si poteva lottare. Nulla poteva opporsi ad un oceano che cresceva come un castigo, non era possibile combattere un cielo che s'apriva in acqua e fuoco, trattenere una mano invisibile che continuava implacabile. Tremante, la turba senza fede fissava la roccia e il corvo arrampicato sulla roccia. Palmo a palmo, il monte era stato divorato; ne restava una pietra; e su di essa, nero, sereno, unico rappresentante di ciò che era radice piantata nel giusto suolo, impavido, c'era Vicente. Come uno spettatore casuale, seguiva con gli occhi l'Arca che la marea spingeva su. Aveva scelto la libertà e con essa aveva accettato le conseguenze della scelta. STORII/TORGA Guardava l'Arca, sì, ma solo per vedere in faccia la degradazione che aveva rifiutato. Noè e gli animali assistevano in silenzio a quel duello tra Dio e Vicente. E nello spirito, chiaro o brumoso, d'ognuno pulsava un solo dilemma: si salva Vicente sul suo piedestallo, e il Signore preserva la grandezza dell'istante genesiaco - la totale autonomia della creatura nei confronti del Creatore -; oppure muore Vicente, e con lui s'annulla quell'ora suprema. Il significato della vita si era indissolubilmente levato ali' atto d'insubordinazione. Perché nessuno dentro l'Arca si sentiva vivo ormai: il sangue, il respiro, la linfa vitale - erano quel corvo nero e fradicio, che con serena ostinazione, arrampicato sull'ultima possibilità di sopravvivenza naturale sfidava l'onnipotenza. Tre volte un'onda grossa, in un impulso finale, sfiorò gli artigli del corvo, ma tre volte tornò indietro. Ad ogni assalto dell'onda, il fragile cuore dell'Arca, dipendente dal cuore risoluto di Vicente, rabbrividì. La morte temeva la morte. Ma presto tutti capirono che il Signore avrebbe ceduto. Che ormai non poteva non arrendersi davanti alla trascendenza di quell'irriducibile volontà di vivere. Tutti videro che, malinconicamente, per salvare la propria opera, chiudeva le dighe del cielo. (da Biclws. 1940) . 1i iffiì . . premio gnnzanecavour "" Il Premio Grinzane Cavour d'intesa con la Seat divisione Stet e il Ministero degli Affari Esteri organizza il convegno: Letterature dell'Est: nuove frontiere per nuovi confini Relatori: Cingiz Ajtmatov (russo), Vasilij Bikov (russo), Arpad Goncz (ungherese), Giinter Grass (tedesèo), Gustav Herling (polacco), Mickl6s Hubay (ungherese), Drago Jancar (sloveno), Ismail Kadaré (albanese), Grigorij Kanovié (lituano), Ivan Klima (cecoslovacco), Norman Manea (rumeno), Predrag Matvejevic (croato), Izrail' Metter (russo), Milorad Pavié(serbo), Ljudmila Petrusevskaia (russa), Vyacheslav Pietsukh (russo), Jordan Radickov (bulgaro), Marin Sorescu (rumeno). Moderatori: Paolo Mieli, Gianni Rocca, Pietro Marchesani, Vittorio Strada Torino, 22 maggio 1992 Salone del Libro 75
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