Linea d'ombra - anno X - n. 71 - maggio 1992

che ha dato un fremito al figlio, ha fatto chiamare lo strangolatore. Quando entrò Grand' Anima, Isacco era al culmine della lotta che si ingaggia quasi sempre con il corpo ribelle e prono. Il nemico era una parte di se stesso che lo voleva perdere. E l'altra buona metà, un bel pezzo della sua consistenza meno volgare e più legata alla vita, difendeva coraggiosamente quel che restava della muraglia. Gelide gocce di sudore sulle tempie e il ritmo incalzante della respirazione erano gli unici segni di questa battaglia. Ma non occorreva di più, a chi guardasse con limpidi occhi d'uomo, per capire la grandezza di quell'ora. Sfortunatamente Grand' Anima non poteva percepire quello che avveniva. Negato pernatura ai misteri della vita, senza neanche un fremito nei muscoli, avanzò verso il letto come le altre volte. La sua funzione non era di vedere; era di portare le mani al collo, il ginocchio sul torace ed uscire dopo qualche minuto, come uno strumento che si fosse limitato a svolgere la sua funzione. Nella sua roccaforte, Isacco continuava a lottare. Come un mantice agitato di furia, il petto immetteva aria nella fornace: continuo, caldo, vivo, il sudore scorreva da quella specie di vulcano. Consapevole della grandezza del momento, tutta la casa era un sepolcro; e questo silenzio esterno trovava nella stanza il suo regno. In silenzio, Grand' Anima avanzò. Ma quando, con le mani tese e il ginocchio piegato era pronto a piombare su Isacco, lo arrestò una voce diversa da tutte quelle che aveva udito; sembrava venire dall'altro mondo, e diceva: "No ... Non ancora... Non ancora ..." Quante altre volte lo "strangolatore" l'aveva sentito: grida disperate, appelli acuti e dolenti, pur senza rinunciare alla sua sacra missione! Quante volte! Stavolta, però, i gemiti lo riempivano di un turbamento sconosciuto. "No ... No... Ancora no..." La benda nera che fino a quel momento era tesa sugli occhi di Grand' Anima pareva volersi squarciare dall'alto al basso. E lo strangolatore, esitante fra l'incertezza di quello che era costume fare e il richiamo che sentiva, era come un torrente dal corso impetuoso e privo di direzione. "No ... Non ancora... Non ancora ..." Era tremendo quello che si svolgeva là dentro. Alla lotta che Isacco sosteneva contro forze misteriose che non si è mai saputo valutare con sicurezza, si univa lo scontro fra due uomini, l'uno cosciente del fatto che stava per uccidere, l'altro consapevole di dover essere ammazzato. Rimasero così per qualche tempo, fissandosi negli occhi, a misurarsi. Lento, il sudore scorreva per il volto di Isacco; caldo, il sangue pulsava in una vena sulla fronte di Grand' Anima. Fu l'improvviso scricchiolio di una porta socchiusa che fece esplodere quella tensione. Appena sentito il rumore Grand' Anima, come un peso trattenuto e di colpo lasciato cadere, piombò sul moribondo. Senza una parola. Solo un tonfo sordo, e le mani avide dell'assassino in cerca del collo di Isacco. La porta che aveva scricchiolato aveva lasciato passare qualcuno. Un volto che Grand' Anima indovinava appena alle proprie spalle, fermo, pallido, ansioso di capire. Un estremo tentativo di Isacco di liberarsi dalle grinfie che lo cercavano e l'attonita presenza sulla soglia strapparono tutta la forza alle mani di Grand' Anima. Meno male che si era esaurito in STORIE/TORGA lui l'assassino, la belva che beveva a grandi sorsate nel ruscello della vita che incontrava sul suo cammino! Sapeva, ora, che uccidere era lo scopodella sua vita. Ma non c'era più niente da fare! Non solo per istinto sentiva che non avrebbe saputo riprendere animo e spingere quelle mani e quel ginocchio davanti a un testimone. Si alzò in piedi. Dalla fronte gli cadevano gocce di sudore simili a quelle che scendevano dalla fronte dell' agonizzante. Si voltò. E, non sentendosi di sostenere lo sguardo dei due occhi spalancati e addolorati di un ragazzo, che lo trafiggevano come pugnali, se ne andò in silenzio. Attraversò la stanza senza la solennità calcolata e tragica delle altre volte. Lasciava dietro di sé la vita, e la vita, più che a qualsiasi altro, non gli dava gran-dezza. Quando, un secondo dopo, Lia, come un animale colpevole, entrò nella stanza, il figlio era seduto sul letto, con la manina sulla fronte del padre. Non aveva capito o non si era reso conto della profondità del dramma; ma il cuore gli suggeriva di posare la mano lì, sulla fronte ardente di chi gli aveva dato la vita, come gli aveva suggerito, poco prima, l'entrata furtiva ed inquieta nella stanza. E forse fu quella mano innocente e filiale che tornò a far scorrere sotto la fronte di Isacco il sangue vigoroso della vita. Senza confessione, venti giorni dopo, mangiava la zuppa accanto al fuoco, come se niente fosse. E niente era stato davvero per ognuno, eccetto che per lui, per suo figlio e per Grand' Anima. Gli. altri erano passati dall'agonia alla morte e dalla morte alla resurrezione come si passa dal caldo al freddo e di nuovo dal freddo al caldo. Solo loro tre sapevano, in modo diverso, che il dramma era stato più terribile. Isacco aveva visto davvero gli artigli della morte, il Grand' Anima aveva guardato per la prima volta nel!' oscurità delle sue latebre e il ragazzo, da parte sua, aveva presentito cose che non erano ancora d~l tutto chiare nella sua mente. Il tempo trascorse lentamente; e con esso si estinse completamente nella gente il ricordo della malattia di Isacco. E la Messa andava a braccetto con il Sabato ebraico. I tre, comunque, continuavano ad affacciarsi sul lago in cui si rifletteva la cupa immagine del passato. Isacco, sempre più mortificato, guardava, guardava e vedeva la vendetta; Grand' Anima, sentendosi sempre più colpevole, guardava, guardava e vedeva qualcosa che lo atterriva; il ragazzo, ignaro, vedeva soltanto il cruccio datogli dal non comprendere. Ed i tre costituivano come un'oasi di disperazione nel calmo deserto del villaggio. Nessuno di loro si parlava, eccetto il figlio, che domandava al padre la benedizione, il padre che gliela dava, ed il saluto incerto e appena accennato di Grand' Anima quando incontrava Isacco. Continuavano, però, a sbirciarsi l'un l'altro, come se nessuno di loro volesse perdere, per l'eternità, l'appuntamento con qualcosa che spazzasse via dal cielo delle loro vite la nuvola oscura che lo velava. Finalmente giunse il momento. Grand' Anima tornava da una visita alla figlia e ai nipoti, a Bobadela, quando Isacco, che gli teneva dietro come un segugio, gli bloccò la strada. Testimoni solo Dio ed Abele il quale, senza che il padre lo scorgesse, lo seguiva come un'ombra e assisteva da dietro un masso a quanto stava accadendo. "Non uccidere ..." Ma questo era nel Vangelo. Secondo un'altra legge, il Grand' Anima sapeva bene come sono difficili certe strade. 73

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