Linea d'ombra - anno X - n. 71 - maggio 1992

e con uno scarto .che non _è melenso antropomorfismo disneyano, ma, come sempre, condanna di un'umanità che non riesce ad essere in armonia con un mondo, cui visceralmente, telluricamente appartiene. Torga è anche l'autore dei Contos (1941,ed. rivista 1976) e dei Novos Contos daMontanha (1944, ed. 1977), in cui, in quadri per lo più.dolenti tolti dal quotidiano, è riversata un'esperienza di medico condotto che fa pensare ali' Axel Munthe del San Michele: ma più duro, più autentico e disperato. Il libro più bello però resta l'autobiografia della Criaçiio do Munda, specie quella delle due prime giornate (Os dois primeiros dias, 1937; 4° ed. rifusa 1969): un libro che gli anni hanno pulito senza scalfirlo, dandogli un brillìo basso, di rame casereccio. C'è poi il Torga poeta, che rimarrà in alcuni palpiti di amor filiale, in alcuni scatti di Orfeo ribelle ( Orfeu rebelde, 1958, 1970). Quanto al drammaturgo, autore tra l'altro di un eterodosso Para[so (1949, 1977), era certo il più difficile da digerire nel Portogallo di Salazar: proibitissimo sempre. La vittoria finale è stata peraltro sua, di Torga. L'edificio che Salazar, il dittatore eterno, il dinosauro della politica europea, aveva costruito nell'ombra è crollato come un castello di carte. L'opera letteraria del dottor Adolfo Rocha, alias Miguel Torga, resiste intatta in un Portogallo che si è colorato di Europa. IL GRAND' ANIMA Riba Dal è un paese di non cristiani. Per tutto l'anno don Giovanni vi impartisce benedizioni, assoluzioni, battesimi e vi insegna il catechismo per mezzo di domande e di risposte: "Chi è Dio?" ''È l'Essere perfettissimo, creatore e signore del Cielo e della terra." Nella voce di quella gente c'è una tale fermezza che nessuno potrebbe sospettare la realtà di un binomio quale l'esistenza del Pentateuco e il·mistero della Incarnazione di Nostro Signore. È un fatto, però. E nell'ora del trapasso, quando al moribondo importa tanto della legge mosaica quanto di quella degli Evangeli, prima che don Giovanni arrivi a dare gli ultimi ritocchi alla purezza della pecorella, uno "strangolatore" si prende la briga di far in modo che la lingua non riveli, nell'ultimo rantolo dell'agonia, la diversità di un segreto. Di codesti servi di Mosè che si preoccupano di abbreviare i dolori di questo mondo e di difendere i principi di quello, il più importante di cui resiste la fama è il Grand' Anima. Alto, brutto, col naso adunco, abitava a Destelhado, in una strada dove il vento dalla Galizia soffia ancora con il suo sibilo tutto l'anno, senza posa. Colui che vi giungeva per chiamare quel padre della morte, doveva montare la rampa lottando come un battello contro il mare in tempesta. Che il diavolo se lo portasse, quel vento! Neanche per sogno! Com'era deciso il Grand' Anima nella sua casa d'angolo, accanto al fuoco, altrettanto deciso era quel vento della malora, sempre pronto a spazzar via tutto . Non aveva ancora varcato una porta e già la voce correva: "È zì Grand' Anima! È zì Grand' Anima!" "Eccomi! Son qua!" E di lì a poco il moribondo avrebbe trovato la pace fra le mani e sotto il ginocchio di Grand' Anima. 72 Entrava, passava imperturbabile e silenzioso tra la folla che da tre giorni, lì nella anticamera, aspettava impaziente l'ultimo respiro dell'agonizzante, entrava nella stanza, chiudeva la porta, e di lì a poco ne usciva con una serenità sul volto almeno uguale a quella che aveva lasciato al morto. Coloro che erano rimasti in attesa lo guardavano con terrore e gratitudine. Talvolta una voce, o l'altra, dopo che era uscito, pigliava animo dal fondo della coscienza e protestava: il giorno seguente, però, accadeva che fosse la stessa bocca che, dall'alto di Destelhado, sovrapponendosi al ruggito del vento, gridava: "Zì Grand' Anima! Zì Grand' Anima!" "Eccomi!" E in men che non si dica, eccolo presentarsi alla porta. Quando giunse l'ora di Isacco, fu uno dei suoi figli, Abele, che arrancò su per l'erta. Il ragazzo era eccitato, per via dell'animazione che aveva raggiunto il colmo nella casa e della voce strana con cui la madre lo aveva mandato a chiamare zì Grand' Anima, ed anche per via del vento. "E allora, figliolo, che cos'ha tuo padre?" Il ragazzo sbirciò il viso secco dello strangolatore. "Febbre ..." "Bene, andiamo allora ..." "Che gli farete, zì Grand' Anima?" "Vederlo ..." Giù per la scarpata, solo il vento parlava. Roco dalle urla, sempre sullo stesso tono, di continuo, era in lui che trovava espressione lo stato d'animo di entrambi: l'uno, il ragazzo, inquieto, nervoso, su un'onda di presentimenti confusi che non c'era verso gli uscissero di mente; l'altro, il vecchio, rassegnato al destino di abbreviare la morte come a un fiume il suo corso. C'erano lacrime, nella casa, a partire dalla soglia. L'arrivo di Grand' Anima, però, le fece trattenere tutte. Dietro i suoi passi misurati e gravi, lungo il corridoio, incombeva un'angoscia muta, col fiato sospeso. "Cosa gli farà, mamma?" domandò Abele, non riuscendo più a trattenersi, non appena la porta della camera si fu chiusa. La risposta al figlio, Lia la diede con due lacrime silenziose che le correvano giù per le gote. Nella sua stanza, Isacco, sul letto zuppo di sudore, pareva essere alla fine. Bianco, con due occhi perduti nel fondo, rassegnato come chi aspetta l'ordine di spiegare le vele. Era malato da quindici giorni. Un febbrone tale che il dottor Samuele si è dato per vinto. È venuto, è tornato ed ha finito per consigliare che preparassero pure la cassa. Ma siccome Isacco era fatto del miglior cedro del Libano, della sua parte più consistente, dopo quella condanna la febbre lo ha ancora tormentato per sei giorni, senza divorarlo. E sempre con lo sguardo animato. Si lamentava, gemeva, si spegneva, ma sempre con quei due grani di giavazzo che scintillavano. Alla fine, tuttavia, gli è calata sul volto un'ombra strana; e la moglie, Lia, ha rinunziato a ogni speranza. Ancora due giorni, e siccome nella stanza la signora Rosa aveva accennato all'opportunità di una confessione, un fratello di Isacco, Daniele, si è avvicinato alla cognata e, come per caso, ha pronunziato il nome di Grand' Anima. Dapprincipio la moglie ha resistito quanto ha potuto. La prospettiva, però, che don Giovanni le venisse in casa, l'ha fatta cedere. Appena giorno, con una voce

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