Linea d'ombra - anno X - n. 71 - maggio 1992

DUE RACCONTI Miguel Targa traduzioni di Antonio Fiorillo e Elena Almeida Esteves Miguel Torga o delle radici Luciana Stegagno Picchio Miguel Torga è pseudonimo dello scrittore portoghese Adolfo Rocha e torga in portoghese è nome collettivo di quelle ericoidi selvagge dalle radici dure e dall'arbusto tortuoso che nascono nei luoghi incolti e che le popolazioni locali usano come povero combustibile. Dal- )' arido groviglio della torga spunta inatteso un piccolo fiore azzurro: e nella metafora implicita nell'adozione del nome da _parte del poeta, quel fiore potrebbe essere la poesia. Lo pseudonimo si fa così programma di letteratura e di vita, ma soprattutto impegno di fedeltà a quella dura, imprescindibile radice che è la patria, e, nella patria, a una regione come il Tnis-os-Montes. Qui, a S. Martinho da Anta,.all'ombra minacciosa.e protettiva.della serra.doMarao, Torga è nato, il 12 agosto 1907 e qui torna, a ritrovarsi ("Vado e vengo. Laggiù mi perdo e qui mi ritrovo", Diario, 1989). È la fascia più marginale e isolata del -Portogallo, la più chiui;a entro un i;uo viluppo di tradizioni patriarcali e paesane: il Nordest, come oggi si dice, in analogia con il povero e desolato Nordest del Brasile. Dopo un'infanzia paesana, un'ado_lescenza marcata dal precoce apprendistato di lavoro nel Brasile dell'emigrazione portoghese e poi, in patria di nuovo, dai sofferti studi di medicina e da viaggi "di riconoscimento" un po' dappertutto nel mondo, Torga comunque vi ve ormai quasi da s.empre a Coimbra. Della città,Jo si sente subito quando vj si approda, è il fiore all'occhiello, con la serie imponente dei suoi libri sciorinata in prima fila nelle librerie del centro, con la lapide che ne indica la casa che lo ebbe ospite negli anni universitari, e un po' dappertutto, nelle fotografie di ogni stagione della vita, il suo volto teso e grifagno, i suoi occhi che ti inseguono come una sentenza o una condanna. L'aggettivo che, da più di mezzo secolo, connota nella manualistica nazionale e internazionale questo nume tutelare e questo emblema delle lettere portoghesi è "tellurico": in sottordine, "cosmico". Passati quasi tredici lustri dall'esordio che nel 1928 aveva rivelato in uno scontroso studente trasmontano il bardo di forte ispirazione lirica e di violente audacie espressive, gli aggettivi potrebbero forse essere corretti con una caratterizzazione meno categoriale e univoca: ma in quel "tellurico" ancora oggi Torga si riconosce. Perché il tellurico implica non solo il viscerale attaccamento ad un suolo, ma anche l'imprevedibilità di scosse sismiche, l'irruenza di colate laviche implacabili. E Torga, anche nella mitologia spicciola delle lettere portoghesi, è tutto questo: duro, terragno, passionale, irruento. Ma anche umano, terribilmente umano. È l'unico personaggio, prima del caso Saramago, per cui i suoi connazionali abbiano chiesto quasi con impazienza al sinedrio di Stoccolma un Nobel finalmente per la l~ngua portoghese. E l'unico che da quegli stessi connazionali, abituati al colloquio _ravvicinato e grandiloquente con uomini del passato da loro raccolti in un insieme di defensores patriae che, nella concezione catechetico-guerriera nazionale, si è per molto tempo identificata con quella dei defensoresfidei, sia stato insignito del titolo di defensor hominis: nella sua triplice veste di cittadino, di medico e di letterato. Scrittore che scrive in epigrafe alle sue opere "Nessuno è felice da solo, neppure nell'eternità", ma che anche si rifiuta di commentarsi perché "nessun albero spiega i suoi frutti, anche se è contento che glieli si mangino". In quel 1928 del suo esordio poetico, un secondo personaggio esordiva alla grande sulla scena portoghese: ed era un collega del dottor Adolfo Rocha, laureato come lui in quell'Università di Coimbra che dell'Accademia portoghese rappresentava e rappresenta tuttora la roccaforte dotta e conservatrice. Solo che, mentre il legnoso Adolfo Rocha era uscito dalle aule conimbrigensi dottore in Medicina, percorso da brividi di rivolta e di fraternità universale, l'altro, il forbito Ant6nio de Oliveira Salazar ne era uscito dottore in legge ed era subito divenuto l'economista per antonomasia dell'Università e del Paese. Era accaduto peraltro che del professor Antonio Salazar tanto il cittadino dottor Adolfo Rocha, quanto il suo alter ego letterario Miguel Torga, si fossero dichiarati immediatamente ed irriducibilmente nemici. Il che non avrebbe certamente facilitato la loro vita. Adolfo Rocha, subito dopo la laurea e col suo nome anagrafico, aveva aperto ambulatorio medico, prima nel remoto paese natale transmontano, e poi di nuovo lì, nel centro di Coimbra, dove gli amici letterati e gli estimatori di ogni paese lo andavano a cercare nella casa contrassegnata da una vistosa targa professionale e attendevano il loro turno fra un vecchio che li intratteneva sui propri dolori alle gambe e una giovane magra con un bambino in braccio che il dottor Rocha aveva aiutato a venire al mondo. Poi, varcata la soglia, si trovavano dinanzi Miguel Torga col camice bianco di Adolfo Rocha. E da un armadio in fondo alla stanza, saltavano fuori, fra scatole di medicinali e pacchi di cotone, i libri freschi di stampa, non ancora diffusi e già superati da seconde, terze, quarte edizioni, piene di varianti, segno di un'insoddisfazione formale che era desiderio di perfezione, ricerca solitaria di un'espressione sempre inferiore alle attese, sempre perfettibile. Da questo rovello sono uscite alcune delle pagine più limpide della prosa portoghese. Come se fossero state scritte di getto, con quei periodi brevi, paratattici, illuminati da improvvise trovate lessicali. Torga poeta, Torga narratore, Torga drammaturgo. I tre procedono d~ sempre mano nella mano. Da cinquant'anni Torga scrive un Diario, gmnto ora al suo sedicesimo volume. E nel diario i testi poetici si alternano alle notazioni personali, alle riflessioni di viaggio, ai discorsi, ai dialoghi fissati memorialmente da una realtà che è subito decantazione. Non si può capire Torga, ma forse nemmeno decifrare bene il P?rtogallo di ieri e di oggi senza aver frequentato almeno in parte questo giornale nato nel I932 nel nome di Arnie! ("Chaque jour nous laissons une partie de nous-meme en chemin") e in cui, ad esempio, troviamo annotato alla data del 3 dicembre 1935: "È morto Fernando Pessoa. Appena letta la notizia sul giornale, mi sono chiuso alle spalle la porta ?ell' am~ulatorio e via per i monri. E sono andato a piangere con i pini e 1burroni la morte del nostro maggior poeta di oggi, che il Portogallo si è visto sfilare chiuso per l'eternità in una cassa, senza nemmeno domandarsi chi era". Come a dire che non tutti i portoghesi hanno scoperto il loro poeta solo recentemente, estraendolo a piccole dosi dal baule dove se ne stava addormentato. M~ se i! ~!aria è ~orse la miglior strada alla conoscenza di Torga u~mo, 1 testi pm ce!ebn son? altri: da quel fortunatissimo Bichos (1940, 9 ed. 1978: alcuni racconti da questa e dalle altre raccolte assieme a ?ra~i del Diario e a u_nascelta di peosie sono stati tradotti in lingua italiana da Elena Alme1da Esteves, Novelle, ed. Magma, Roma I974, in parte riproposti in Frontiera, Marsilio 1986), in cui il narratore ha rinchiuso nel cesello d'una prosa folgorante la sua personale Arca di Noè (non per nulla Arche è il titolo della recente traduzione francese). Storie di an(m~li, N~ro il segugio, Mago il gatto, Tenoiro il gallo, Miura il toro, ma visti dal d1dentro, con uno straniamento di lettere persiane che non è da uomo a uomo, da patto sociale a patto sociale, ma da animale a uomo, 71

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