Linea d'ombra - anno X - n. 71 - maggio 1992

e la parte di società che la sinistra ha dichiarato di difendere, a rappresentare quel pezzo di mondo - del mondo di ognuno di noi, intendo, delle sue speranze, dei suoi progetti, delle sue esperienze - che la sinistra dovrebbe rappresentare. Gli ultimi tempi, anche a giudicare da quel buon punto di osservazione che è stata la campagna elettorale, non hanno invece mostrato l'emergere di questa sinistra necessaria. Anche le forze politiche più interessanti, come i Verdi e il Pds, sono apparse ripiegate nella difesa del proprio spazio più o meno tradizionale, incapaci di proiettare le proprie idee forti - l'ecologia, la democrazia - oltre i limiti delle rispettive collocazioni. Gli stessi modesti risultati elettorali sono perciò apparsi, oltre che segno di quelle non più congiunturali difficoltà della sinistra, risultato di una opzione di pura sopravvivenza. Per il Pds in particolare questa scelta aveva forse mille ragioni oggettive. Ma l'ossessione continuista che pare essersi impadronita del gruppo dirigente, dalla revisione di giudizio sulla lettera di Togliatti, non più "agghiacciante", fino all'ultimo slogan elettorale di Occhetto ("Siamo noi il vero partito comunista") ha fatto precipitare all'indietro il lavoro di Sisifo che il Pds, o meglio una sua parte chissà quanto consistente, stava compiendo per uscire dalle secche della sua storia e della sua sconfitta. Anche se forse non hanno indebolito il suo risultato elettorale. Da questo punto di vista il dramma del Pds sta tanto nella sua debolezza strategica quanto nell'assenza, all'esterno, di interlocutori validi e non preconcetti, nella debolezza di una pubblica opinione democratica, nella sordità di un ceto intellettuale che è riuscito a ridurre anche la grande questione referendaria a simbolo di una lista tipo "Caccia e pesca". Questa mancanza di risposte esterne ha indebolito l'innovazione contenuta in potenza nell'idea del Pds. Ma non basta a spiegare il ripiegamento continuista. IL CONTESTO Non è diverso il cammino finora percorso dai Verdi. Anche qui il prevalere di logiche antipartitiche è evidente. Ma bisogna ragionare, senza che diventi un attenuante, anche sul disinteresse nazionale, e non solo elettorale, per le questioni ecologiche, al di là delle retoriche di convenienza. Questo intreccio tra debolezze interne e caratteri della situazione oggettiva paralizza oggi la sinistra, al di là del ruolo istituzionale che per l'impresentabilità altrui potrebbe ancora riuscire a giocare. Qualunque formula governerà questo paese, è l'iniziativa, il movimento, l'identità della sinistra che manca. E dunque è la sua necessità che è in discussione. Una sinistra necessaria non è infatti quella che si limita a ripetere le sue verità e i suoi luoghi comuni, anche quelli più nobili e incorrotti. Una sinistra necessaria è quella capace di collocarsi all'altezza dei problemi del tempo. Senza titanismi, è la parte della società che non si accontenta dell'esistente e mira a migliorarlo: non a correggere la storia e gli uomini, ma a migliorare la loro qualità. Solo così ha senso l'esserci della sinistra, e il suo lottare perché, per esempio, la crisi economica non punisca i deboli e la crisi istituzionale accresca e non diminuisca la democrazia. Ma allora non è questione tanto dei voti che si prendono oggi. Il 15%, il 16% o il 17% può essere poco o molto: dentro l'onda conservatrice può darsi che lo spazio della sinistra non sia molto più esteso di questo. Il problema è la qualità di quel consenso, è la qualità della sinistra. Sono le sue idee e le sue proposte, la sua capacità di riflettere sulle trasformazioni del mondo e di interpretare le sue tensioni. Di incalzare il qualunquismo populista di destra e di "sinistra" senza concedergli nulla. Di liberarsi dai trasformismi e dagli opportunismi, dagli attendismi e dall'immobilismo della tradizione, di rompere la propria continuità. Questa è la battaglia, culturale prima ancora che politica, che sta davanti a chi pensa che la sinistra sia necessaria. Il nostro passato e la speranza Christa Wolf e Kazimierz Brandys traduzioni di Alberto Noceti e Marzenna Smolenska Quello che segue è il testo dell'incontro tra Christa Wolf, Kazimierz Brandys e il pubblico milanese, organizzato nel quadro della manifestazione "Nord Sud Est Ovest' da "Linea d'ombra" e la Provincia di Milano, il 19 marzo scorso. Christa Wolf (Landsberg, Germania 1929) è la nota autrice di Riflessioni su Christa T. (edizione italiana Mursia), Nessun luogo da nessuna parte (Rizzoli), Anni d'infanzia, Il cielo diviso, Cassandra, Premesse a Cassandra, Guasto, Sotto i tigli, Recita estiva, Pini e sabbia del Brandeburgo (tutti nelle edizioni e/o). Kazimierz Brandys (Lodz, Polonia 1916) ha preso parte alla lotta contro l'occupazione nazista ed è stato in seguito comunista. Esule a Parigi dal 1981, le sue opere sono pubblicate o ripubblicate in Italia presso le edizione e/o (il diario Mesi, i racconti lunghi o romanzi Sansone, L'arte di farsi amare, Rondò, Variazioni postali, il saggio Hotel d'Alsace e altri due indirizzi). Christa Wolf. Questa mattina, conversando per la prima volta con Brandys, avevo un'immagine davanti agli occhi. Erano le coordinate che determinano le nostre vite, segnate da nomi di città: Varsavia, dove Brandys ha trascorso la maggior parte della vita, e Parigi, dove egli vive attualmente; nel mio caso, Berlino e la città in cui viviamo questo incontro, Milano. Esse formano un crocevia il cui centro potrebbe rappresentare in un certo senso il centro dell'Europa. Forse è anche il caso di dire che sono nata in una città, oggi polacca, al di là dell'Oder, che ho visitato l'ultima volta circa un anno fa. La storia comune dei polacchi e dei tedeschi è una storia fatta di aggressioni e di oppressione da parte della Germania, in particolare durante la prima metà di questo secolo; è una storia che ha influenzato in maniera determinante e segnato profondamente la vita di entrambi. Oggi probabilmente entrambi nutriamo la speranza che tra i nostri due popoli la storia possa prendere un corso diverso, di pace e di amicizia- come tra vicini che possono darsi qualcosa a vicenda e non come tra vicini che, con indifferenza e disprezzo, con pregiudizi e incomprensioni, altro non possono fare che impoverire insieme. Da decenni Brandys è per me un autore estremamente importante, ho letto ogni suo libro (quanto meno quelli usciti in traduzione tedesca) e la mia visione della Polonia, della storia polacca, ma anche della letteratura moderna è influenzata anche dai suoi libridalle lettere alla signora Z. e Joker, uno dei miei libri preferiti, sino al Diario di Varsavia e a Rondò. E devo dire che questi libri mi hanno dato anche forti impulsi morali per quanto riguarda il mio atteggiamento in una società che inizialmente approvavo, soprattutto per i suoi inizi antifascisti, nei confronti della quale ho assunto via via posizioni piu critiche e che ho cercato quindi di analizzare studiando i meccanismi che la reggevano. Credo che anche tra la Polonia e la Germania si deciderà la questione se questa "linea d'ombra" che co~e ~ra i Paesi ~ncor~ ricchi del! 'Europa occidentale e dell'economia d1mercato e 1Paesi 5

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