da scheletri di caseggiati in costruzione. Bisognava attendere quello dell'agenzia. Ti sei appoggiato al muro, cercando d'ignorare il profumo agrodolce della parietaria. Di fronte al palazzo c'era un cerchio di tre o quattro ragazzotti sui tredici, quattordici anni. Appollaiati su dei motorini, ridevano raccontandosi cose ad alta voce, quasi urlando. Capelli cortissimi tenuti incollati da gelatina, qualche anello. Uno aveva anche l'orecchino. Hanno smesso di parlare guardandoti. Quello con l'orecchino si è acceso una sigaretta mormorando qualcosa. Ha atteso che tu entrassi o te ne andassi. Dopo un po' ti ha chiesto risoluto chi cercavi. Hai dato le tue spiegazioni. Le ha trovate esaurienti e ti__hadimenticato, gettandoti via insieme alla sigaretta, per mettere in moto e partire, iniziando un corto andirivieni, un carosello di scatti, impennate, acrnbazie su una sola ruota. È andata avanti così per qualche minuto, fino all'ultima brusca frenata, che lo ha riconsegnato violentemente al gruppo dei suoi amici. Quelli hanno abbandonato i sellini per non essere travolti. Un motorino è stato investito ed è rovinato al suolo. Il giovane centauro invece è riuscito a mantenere l'equilibrio. È stato aggredito da una pioggia d'insulti. Si è difeso vincendo le altre voci, schivando uno schiaffo, urlando che lui aveva previsto con esattezza il punto preciso dove fermarsi, ma aveva sbandato. Intanto un ragazzo in canottiera nera e jeans, rialzato con decisione il suo motorino, gli si è avvicinato con la bocca aperta, come a trattenere un urlo, e lo ha colpito con un pugno sulla spalla. L'altro ha subìto impassibile. La pace era fatta. Ora si limitavano a prenderlo in giro, con battute sempre più brevi, mentre lui se ne stava seduto a controllare il corretto allineamento fra manubrio e ruota. Un rumore assordante ha zittito tutti; dapprincipio hai creduto stesse arrivando una gigantesca moto, poi hai visto l'elicottero volare basso sulle case. Era azzurro, si distingueva la scritta POLIZIA. Il fragore si è dissipato fra i tetti, restituendo le voci. Sono ricominciati i discorsi dei ragazzi. Uno racconta di un amico che è bravissimo a richiamare i cani. Li attira con voce suadente e con un largo sorriso. Quelli si avvicinano fiduciosi e lui, giù! gli affibbia una gran botta sulla testa. Tutti hanno riso, ragazzi abbastanza cresciuti, con già negli occhi quell' espressione di chi non si aspetta niente di buono da nessuno, e diffida. Intanto il narratore mimava alla perfezione la gran piattonata assestata dall'alto in basso. Abbassando un po' la voce, quello con la canottiera nera ha descritto un certo giardino, dove il padrone tiene un cucciolo di tigre alto così. Non gli hanno creduto; sono incominciate le scommesse, le risate, la scherma dei finti colpi. E il tizio dell'agenzia non arrivava mai. Il bar era deserto, nuovissimo. Meglio prendere un caffè. L'uomo seduto alla cassa non ha risposto al saluto. Ha preso i soldi, e intanto considerava con soddisfazione un grosso fuoristrada parcheggiato davanti all'entrata. Il bari-sta-si è -scos-soda una meditativa-sonnolenza, cominciando ad armeggiare lentamente con la macchina del caffè. Il locale era vuoto, davvero ben messo. Non è una novità che lì abbondino esercizi lussuosi e desolati. Sorgono in brevissimo tempo, quasi nessuno ci va. Negozi fantasma, non osservano un orario preciso, non attendono alcuna clientela. Dalla vetrina, a un certo punto, hai notato un po' di animazione: era arrivato un altro ragazzo su una motociclettina tutta gialla e carenata. Parlottavano, riuscivano a capirsi nonostante il nuovo venuto continuasse a smanettare. Quindi la moto è partita in una fragorosa accelerata. STORIE/DI SANTIS Finito il caffè, sei uscito senza salutare. Tornato al tuo posto, hai deciso di esaminare l'ingresso della tua nuova, possibile casa. È un androne scarno, le cassette delle lettere sono sfondate, sulla bottoniera del citofono ci sono molti cognomi per ogni appartamento. Intanto i ragazzi tacevano guardando l'imbocco della stradina, aspettavano cavalcando i loro immobili motorini. Ti sei ricordato che erano i Tartari a vivere gran parte della giornata senza mai scendere dai cavalli. Il più giovane dei cavalieri ha disteso un braccio al di sopra della testa, ha aperto la mano, l'ha osservata ruotare nell'aria come un girasole dischiuso, quindi l'ha ritirata appoggiandola al fianco, e ha chiesto agli altri se l'indomani volevano andare al mare. Nessuno gli ha risposto, ma tutti erano intenti a saggiare l'aria. Il mare. Andarci significa partire di primo mattino con i motorini, i sacchetti delle colazioni, imboccare la vecchia strada degli Americani, la doppia carreggiata. Una decina di chilometri di asfalto sconnesso, costellato da depositi di rottami, inseguito da paesi tutti uguali. Conduce alle spiagge. Bisognerà evitare le insidiose macchie d'olio, i troppo veloci camion che ti superano sputandoti in faccia fumo amarognolo, infine arrivare a ciò che resta di una pineta che annuncia l'arenile. Per raggiungere il mare bisogna sfuggire alla periferia: prima era campagna viziata e indolente per la troppo fertile terra vulcanica, ora è un susseguirsi di fabbricati, riserve abitative dal tono opaco, eppure popolatissime. Sì, in fin dei conti ci vive tanta gente in quel posto, e potevi viverci anche tu. Al massimo, ogni tanto, tornando a casa, qualcuno ti avrebbe chiamato con fare gentile e giù! una bella piattonata sulla testa. Il palazzo, i ragazzi, la funzionaria, il tuo quasi ex padrone di casa, il barista e l'agenzia. Volevi andartene, lasciar perdere. Pensavi: sai che bello abitare con i Tartari sempre parcheggiati giù dabbasso con le motociclette, gli anelli, la brillantina e chissà che altro. Poi, ricordi? è tornato il ragazzo con la moto gialla. Aveva dei rombi di carta da imballaggio sotto un braccio. Gli altri subito se ne sono impossessati. Li hai visti andare verso il prato tenendo i rombi in alto. Dapprincipio non hai capito, eppure gli aquiloni hanno preso a volteggiare. I ragazzi correvano, e i fili si tendevano sempre più. Quello con la moto li ha seguiti anche sull'erba, ma guidava piano, per poter guardare in alto. Aquiloni. Nemmeno credevi ne esistessero ancora, e addirittura di carta, fabbricati con spago e legnetti. Il tipo dell'agenzia non si è nemmeno visto, ma non ha importanza, in qualche modo si farà. Anche perché gli aquiloni hanno sorvolato velocissimi la strada degli Americani, ignorando traffico e buche. Avidi del primo spazio libero si sono inseguiti fino alla pineta, ora già planano sul mare, mirando verso il largo. Ritornano.fermandosi nel cielo. Lentamente si dilatano, divengono smisurati pannelli. Alcuni sono completamente bianchi, altri iniziano a riempirsi di venature colorate. Ogni pannello compie il suo corso colmandosi di colori. Quando le tinte diventano sature, il pannello rifluisce verso il proprio centro, scompare. È tutto un migrare calibrato di strisce cromatiche, ora rettilinee, ora spirali avvolgenti. Alla fine rimane un solo foglio bianco. Si piega a inventare un uccello: larghe ali triangolari, slanciata fusoliera, becco aguzzo. Sosta sull'orizzonte per colorarsi. Le ali sono ancora grigie, ma tu hai trovato qualcosa per incominciare i sogni, ora puoi dormire. 67
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