Linea d'ombra - anno X - n. 71 - maggio 1992

STORIE/DE SANTIS parlavano della giornata di lavoro appena finita, delle loro signore. Una, dai capelli lunghi che ancora custodivano giovinezza, si è lamentata di un dolore al gomito: era caduta da una scaletta mentre puliva i vetri. Le hanno dato consigli e raccomandazioni, con voci dai toni troppo lunghi e accorati. Quando le altre non hanno avuto più nulla da suggerire, lei ha abbassato il capo rimanendo raccolta. Si è scossa rialzando di scatto la testa. I capelli le sono volati sulle spalle, liberandole il volto e gli occhi che hanno preso a guardare fuori dal finestrino. Le donne vengono dalla periferia al mattino presto, lavorano nelle case delle signore, da dove ritornano nel tardo pomeriggio. Non ti sei voltato quando hai sentito due voci femminili parlottare di figli. Cantilenavano di un giovane, un bravo ragazzo, che, non si capiva il perché, spesso la notte non rientra a casa. Il pullman ascoltava ogni cosa arrancando fuori del quartiere, sopportando salite e discese. Le fermate, se deserte, venivano ignorate. Aveva fretta, procedeva tremando nelle logore strutture. Sempre più veloce, man mano che la periferia si faceva avanti con i suoi prati puntati da cumuli di detriti e sfasciumi, con le sue palazzine grigie, i rari negozi, gli anonimi crocicchi. Uno era abitato da una maiuscola, solitaria madonna di pietra. Poi, proprio al centro di un esausto lago d'erba, ti è parso di scorgere una grande barca disalberata, coricata su un fianco. Il mare è lontano da lì, eppure hai visto un vecchio battello arrugginito svanire dietro la prima curva. Ti sei chiesto se già i sogni avevano preso a invadere il giorno, per custodirti, o se davvero esisteva una barca a vela, dimenticata in un prato di periferia. Da quel momento il grigio -siè intessuto lungo i vetri dei finestrini, fino a .filigranare srotolata pellicola. U.n fotogramma era la sezione di un partito politico con qualche tavolino all'aperto, per strada. Dopo è stata la volta di un biliardo, dentro i neon erano già accesi. Quindi la piazzetta di un paese con uomini di ogni età, fermi, in gruppetti o da soli, ad attendere. Solo ora capisci che aspettavano, pazienti e silenziosi, di trasformarsi in statue per poter prendere a galleggiare nella stanza proibendoti il sonno. Lungo il ciglio di una sbrindellata via un angolo del finestrino inquadra un vaso con fiori freschi, cenotafio di petali e corolle per segnare il punto preciso dove qualcuno è caduto vittima di un agguato o di un incidente. Fiori di periferia segnano più di una strada, sono sempre freschi e nessuno mai li tocca. Lo scorrere dei fotogrammi della memoria ti fa rigirare nel letto per cercare di respirare meglio. Senza rendertene conto accendi di nuovo la luce. Bevi un sorso d'acqua. Ti guardi intorno. La casa c'è ancora. L'ennesima sigaretta ti consente di tornare al buio, bruciare i fotogrammi, passare ai fatti, i principali, i più importanti. Quando sei giunto nel paese, hai seguito le istruzioni che il tipo dell'agenzia ti aveva dato per telefono. Dovevi arrivare nella piazza con l'ufficio postale, e poi domandare. La piazza ha giardini e scuola elementare. Sei sceso, e hai tirato un sospiro. Sembrava tutto normale: panchine con vecchietti, un chiosco con gelati alla frutta, negozi. Il tabaccaio ti ha fornito le prime indicazioni, è stato gentile. Uscendo ti sei chiesto se era proprio vero che quelle vie appartenevano al paese che lamenta, nella provincia, il maggior numero di morti ammazzati. Suggerimento dopo suggerimento hai preso per svolte secondarie. Più ti allon66 tanavi dalla piazza e più i negozi divenivano radi, inspiegabilmente eleganti. Stradine solitarie con isolate boutiques. Una macelleria esponeva all'esterno, appesi a dei grossi ganci, conigli squartati, salsicce, brandelli di callosa carne chiara. Nessuno sui marciapiedi. Silenzio. Una villetta con fiori e patio, all'ingresso auto parcheggiate, tutte nuove e di grossa cilindrata. Hai seguito i vicoli con antichi cortili, aie di quando lì era tutta campagna. Ora muri puntellati che sfociano in slarghi da dove si dipanano viuzze strette da edifici di cemento. Nessuno a cui chiedere. Fino a quando una ragazza, appena uscita da un portone, ti ha saputo indirizzare. Ti ha risposto dopo averti squadrato diffidente, dopo aver piantato i suoi occhi nei tuoi, per riaffermare che lei stava solo facendoti una cortesia. Quando l'hai ringraziata, ti ha concesso un saluto, e rapida, sinuosa nella sua stretta veste gialla, si è allontanata con lunghi passi. Un'auto ti ha superato seminando il baccano dello stereo; immediatamente ecclissandosi dietro la prima cantonata. La luce del pomeriggio allungava la tua ombra fino ad un'officina. Il meccanico contemplava l'interno di un cofano. Istruito dal risuonare dei tuoi passi hai contato svolte e traverse. Alla fine sei giunto alla meta. Non c'era il numero civico, ma a parte l'altro palazzo con il bar, quello era l'unico fabbricato della stradina, che presto finisce in una spianata di verde asfittico, interrotto, giù in fondo, Napoli, Secondigliano (foto di Musella/ Agenzia Contrasto).

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