PAROLA DI SCHIAVO Incontro con August Wilson a cura di Matteo Bellinelli August Wilson è nato a Pittsburgh (Pennsylvania) nel 1945, ed è cresciuto, insieme a cinque fratelli, nel distretto di Hill, il ghetto nero della città. Il padre. bianco, di origini tedesche, faceva i I panettiereenon viveva con la famiglia. A quindici anni Wilson lascia la scuola e passa il suo tempo alla biblioteca pubblica. Coinvolto negli anni Sessanta e Settanta nel movimento di Black Power, si considera tuttora "un Nazionalista Nero ... Da scriuore di racconti diventa autore di testi teatrali e, insieme a Rob Penny, fonda negli anni sessanta una compagnia teatrale di attivisti neri. Nel 1978 accetta un lavoro per lo Science Museum of Minnesota: deve scrivere brevi pezzi teatrali per introdurre le mostre. Nel 1987 vince il premio Pulitzer per il dramma Fences, che ha vinto anche quattro Tony Awards e il New York Drama Critics Circle Award. Il dramma è stato paragonato a Morte di uncommesso viaggiatore di Atthur Miller. "Sono un uomo invisibile", scrive Ralph Ellison nef.romanzo Uomo invisibile, del 1952. "Sono invisibile semplicemente perché la gente si rifiuta di vedermi. Quando mi avvicina, vede solo ciò che mi circonda, vede se stessa, o invenzioni della propria immaginazione - vede di tutto, tranne me". È vero, (celo ricorda Mario Materassi ne Ponte sullo Harlem River) il bianco americano non "vede" il negro, non ne conosce la disperazione, non ne vuole immaginare le condizioni di vita. Eppure in America non ci sono mai stati così tanti neri poveri, o in carcere; tanti ghetti urbani; tante bande criminali nere; e di conseguenza ancora più paura, più odio, più segregazione. Il razzismo rimane il dilemma morale al centro dell'esistenza americana. La tragedia del razzismo anima le voci del passato, le voci della strada attraverso le quali si snoda l'opera teatrale di August Wilson, il maggior drammaturgo di colore d'America. Dai primi anni Ottanta, lei si è consacrato alla stesura di dieci testi teatrali destinati a ritracciare e riassumere il senso della vita dei negri d'America in o_gnidecennio del ventesimo secolo. I temi della sua indagine sono la ricerca, da parte degli americani di INCONTRI/WILSON origine africana, della propria identità; la loro affermazione in un clima sociale ed economico ostile; lo sviluppo di un linguaggio originale in grado di esprimere la straordinaria ricchezza della ·tradizione orale afro-americana. La sua opera più recente Two trains running è ambientata negli anni Sessanta, e ha per protagonista un uomo semplice, Hambone, che rivendica con insistenza ad un esercente bianco un prosciutto che sostiene - a ragione - di essersi guadagnato con il proprio lavoro. Per me, Hambone è un po' il simbolo dell'America di colore, costretta ad aspettare all'esterno della porta d'accesso alla società americana, e a dire: "vogliamo il nostro prosciutto"; cioè, vogliamo partecipare alla gestione di questa società. Il racconto si sviluppa in modo tale che alla fine e dopo la morte di Hambone, un giovane di colore, da poco uscito da un penitenziario, attraversa la strada, sfascia la vetrina del negozio di commestibili e si prende il prosciutto rivendicato da sempre da Hambone. Con questo voglio suggerire che nel 1969 sta finalmente nascendo un nuovo uomo di colore, in America, col quale la società bianca dovrà fare i conti; e che noi negri non resteremo più disciplinatamente in fila, fuori dalla porta, in attesa del nostro pezzo di prosciutto. Ripercorrendo sul palcoscenico l'odissea dell'America di colore, lei sta riscrivendo la storia del teatro americano. Strano destino, per un ragazza del ghetto di Pittsburgh. Lei è nato 46 anni fa, come Freddy Kittel, figlio di Daisy Wilson e Frederick August Kittel, un panettiere tedesco rosso di capelli che lei ha sostenuto non ha mai contato nulla nella sua vita, essendosi lei culturalmente sentito sempre esclusivamente nero. Il suo futuro di adulto sembrava già tracciato nelle difficoltà che ogni adolescente incontra nel ghetto, anche solo per sopravvivere. E nella decisione, quasi suicida, di abbandonare la scuola ... Ho lasciato la scuola perché in realtà non mi sentivo sfidato e stimolato a sufficienza dalla scuola pubblica che frequentavo a Pittsburgh. Avevo appena svolto una ricerca di venti pagine su Napoleone, e l'insegnante mi accusò di averla copiata, di non esserne l'autore. Mi difesi solo dicendo: "L'ho scritta io; punto e basta". Mi diede una nota d'insufficienza, io gli strappai le venti pagine sotto il naso, le gettai nel suo cestino e lasciai la scuola per sempre. Però non volevo che mia madre venisse a sapere che avevo abbandonato gli studi; così tutte le mattine mi alzavo presto; poi andavo alla biblioteca pubblica, dove leggevo per ore. Alle tre del pomeriggio tornavo a casa, come se niente fosse. Dopo un paio di mesi, però, confessai tutto a mia madre ... Tra i 15 e i 20 anni ho davvero trascorso gran parte del mio tempo in biblioteca, educandomi da solo. "Chi conosce se stesso non potrà essere fatto schiavo"; è il motto che anima i personaggi dei suoi drammi, cinque sinora. E che spiega pure la scelta di libertà che ha contraddistinto la sua vita... All'età di 21 anni, vivendo a Pittsburgh in condizioni molto difficili, negoziando con la vita, quotidianamente, la mia sopravvivenza, mi chiedevo lucidamente se sarei mai arrivato ad averne 22, di anni. Un giorno osservai un vecchio di colore che camminava per strada-aveva sui 65 anni-mi chiesi: "Come diavolo ha fatto 49
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