Linea d'ombra - anno X - n. 71 - maggio 1992

lingua parlata dai neri. Un linguaggio che si è insinuato nella cultura quotidiana così profondamente da non poterlo più sradicare o isolare. Parole che ormai tutti usano in America e nel mondo, quali OK, guy, hip, sono termini autenticamente di origine africana, "veicolati" ct'agliamericani di colore, di generazione in generazione. Inoltre, i neri hanno un modo particolare di esprimersi, per scelta, sequenza e ritmo di parole. Questo potere della parola afro-americana, trasmessomi dai miei genitori, così vivace e degno di sviluppo, andava onorato e tradotto in letteratura. Le sue scelte culturali non lasciano spazio a equivoci ... Io condanno l'arte fine a se stessa; è un'idea nuova, fresca e ingenua che ha solo 80 o 90 anni ...L'arte non è solo arte; è unmodo per descrivere il mondo nel quale si vive, e attraverso il quale l'artista si esprime. L'arte ha una "missione" da compiere. In questo senso; deve contenere ed esprimere una "epifania", deve poter "scioccare", o perlomeno colpire e farsi riconoscere. Deve contribuire a definire e conoscere con maggior chiarezza il nostro mondo. Non deve necessariamente costituire una soluzione; non è una medicina, o un'aspirina, non ci libera dal mal di testa. Ma ci aiuta ad avanzare, a progredire verso quella che mi piacerebbe definire la "vera" civiltà. Ecco a cosa deve servire l'arte. Ma nel!' attuale contesto di degrado culturale, cosa si aspetta la Morrison da quanto scrive? È difficile spiegarlo. Vorrei che leggendo le mie pagine il lettore si senta completamente solo con le mie parole, che la "voce" del mio testo diventasse sua; una sua seconda voce. Che l'autore svanisse, per diventare il lettore stesso; completamente coinvolto nelle parole e nei silenzi del testo. Vorrei che il lettore fosse una frazione di secondo in anticipo sui personaggi del mio testo; e che i loro sguardi, i loro occhi fossero anche i suoi. Deve essere confortevole perdersi nella mia pagina; ma si deve provare anche un po' di paura ... perché sono pagine piene delle terribili vicende di cui la vita e il mondo si nutrono. Ma in pari tempo, poiché la pagina è ormai sua, essa deve costituire un'affermazione della vita. Passato e presente si mescolano sistematicamente, sia per temi che per forma, nella prosa stessa, ricercatissima, di Toni Morrison ... Scrivo, e riscrivo, e riscrivo, perché voglio che il libro sembri scritto in poche ore. Per me è importante sapere che parte della nostra cultura - può essere il linguaggio, o le parole, o la musica, lo stile; qualsiasi cosa ... - è fonte di interesse e di stimolo per molti settori della popolazione americana. Ma ancora più importante è sapere che senza la nostra cultura, l'America è incompleta e incoerente. A me sembra che negli Stati Uniti ci sia finalmente una leadership che comincia a capire la letteratura nord-americana; che ha capito che senza il contributo e la presenza degli scrittori di colore, essa è priva di coerenza. Così come non si puo parlare di musica "indigena" statunitense senza tener conto della musica e dei musicisti di colore. Forse è finalmente giunto il momento di smetterla con i rifiuti e con le esclusioni; sono ridicoli e superflui. INCONTRI/MORRISON Non interessano più alle nuove generazioni, uscite dalla seconda guerra mondiale, e soprattutto dalla guerra del Vietnam, con orizzonti più ampi. Almeno le barriere artistiche stanno scomparendo. Io constato che i miei studenti, qui a Princeton, sono stanchi delle costrizioni imposte dal razzismo alla loro vita intellettuale. Il razzismo è una camicia di forza. Il suo romanzo Beloved (con il quale nel 1988 ha vinto il Premio Pulitzer) è dedicato - semplicemente - a: "Sixty million, and more". Sessanta milioni, e più: di schiavi neri, ovviamente, morti per edificare una società che non è loro. 60 milioni di individui scomodi, che in molti vorrebbero dimenticare. Ma si può, ed è giusto farlo? Non dovrebbe più esserlo. A me sembra che il nostro rapporto con il passato potrebbe essere un po' più generoso, e anche affettuoso. Non servirebbe a nulla liberarsene, dimenticarlo o ignorarlo, solo perché è sgradevole. Il nostro è un passato senza fine; sospetto sia più infinito del nostro futuro ... Il fatto è che dal passato si possono trarre utili insegnamenti, ed evitare di ripetere errori superflui. Molti di quegli errori non ci servono a niente, ma non ce ne possiamo liberare: tutti, però, costituiscono fonte di informazione, ci dicono come eravamo, sono il ritratto della nostra storia e della nostra identità. Evitare il passato, fingere che non sia mai esistito, mentire, illuderci sulle sue caratteristiche- qualunque esse siano - è un grave errore; influenza negativamente il nostro processo di crescita, il nostro diventare adulti; la scelta di calarci completamente in noi stessi, di prendere possesso del nostro corpo e della nostra mente. E questo anche a livello individuale. Fingere di non aver avuto un'infanzia, o illudersi che in essa non ci siano stati episodi difficili, limita e paralizza la crescita; e la possibilità di uscire dal passato, di raggiungere la felicità. Cioè, di raggiungere uno stato di coscienza che ti permetta di capire che appartieni, che appartieni davvero alla tua comunità, al mondo che ti circonda. E che c'è ancora un sacco di lavoro da compiere ... Alla deleteria litania nazionale sulle virtù dell'individualismo a stelle e strisce, lei oppone l'immagine di una comunità etnica nella quale le donne svolgono un ruolo di profonda coesione, dispensando affetto, salvaguardando la cultura del gruppo. Così facendo, lei aggiorna in continuazione il romanzo del suo popolo, valutando con la dovuta severità il "tradimento" della borghesia nera. Cosa può costituire una fonte di interesse e creare un legame tra uno scozzese e un greco, in un nuovo paese? Ci sono molte probabilità che i due manterranno le stesse abitudini, e le stesse differenze, che avevano in Europa. Si batteranno per poter affermare che uno è più americano dell'altro? Non credo proprio! Cosa è successo in America? Che si sono trovati già pronto, a loro totale disposizione, un "altro"; qualcosa che essi non erano, e a proposito del quale tutti potevano trovarsi d'accordo. Qualcuno deliberatamente, e in pari tempo incidentalmente "costruito" per unirli; una "presenza" di colore. Che, per motivi razziali, di gerarchia razziale, era "meno di"; non era solo "diverso da", era proprio "meno di". Meno di tutti loro, europei bianchi. Cosicché qualcuno che si trovava catapultato con la forza 45

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