INCONTRI/MORRISON LACRIMEE MAGIA Incontro con Toni Morrison a cura di Matteo Bellinelli Toni Morrison (Lorrain, Ohio, 1942) ha scoperto e fatto pubblicare come redattrice della Random House le opere di maggior successo della recente letteratura afro-arnericana. Insegna "scrittura creativa" alla Rutgers University, New Jersey. Tema centrale dei suoi romanzi, in cui è da segnalare lo spessore metaforico della scrittura. è la perdita dell'identitit dei neri, analizzata nei momenti della storia americana in cui il loro patrimonio culturale è stato particolarmente minacciato. Tra le sue opere L'occhio più azzurro (1971); Sula (1973); Canto di Salomone (1977); L'isola delle illusioni ( 1981); Amatissima ( 1987). Le interviste con Toni Morrison, Ishrnael Reed e August Wilson sono state realizzate per la Televisione della Svizzera Italiana (Lugano), che ringraziamo. Cosa significa esattamente "nero", oggi? In questo paese, "nero" è diventato sinonimo di "povero". Agli americani non piace parlare di "classi"; questo dovrebbe essere uno stato privo di classi. E quindi ne è ossessionato. In America, quando si intende parlare del "confronto" con i poveri, o dei problemi che il capitalismo genera, in modo selvaggio, tra i diseredati, la parola "povero" non la si pronuncia mai; si dice semplicemente "nero". O si cita qualche altro gruppo etnico facilmente identificabile con la povertà. Questo al fine di tacere e ignorare un'osservazione elementare; e cioè che in questo paese esistono una esigua classe enormemente ricca, una classe media che paga per tutti; e tonnellate e tonnellate di poveri, sistematicamente emarginati dalla società americana. E finché si riesce ad escluderli, tutto funziona al meglio; per prosperare il capitalismo ha bisogno di una "classe" di poveri. Le lotte del movimento civile degli anni Sessanta e la guerra del Vietnam hanno modificato gli umori - un po' meno la sostanza ... - del! 'America profonda liberando nuove sensibilità, aprendo piccoli squarci nella corazza di dogmi e verità- presunte o reali-che ha a lungo avvolto e immobilizzato la nazione. Ora nelle grandi Università c'è spazio anche per i neri, la loro storia, la loro cultura ... 44 Ero sposata, avevo già un figlio, e le mie letture si erano in pratica arenate. Ero affamata di qualcosa che allora non sapevo come raggiungere; e cioè un tipo di letteratura rappresentativa di una cultura, di una vita, di una lingua - meglio, di un linguaggio - con prospettive diverse. Sembra che stia dicendo che non esisteva una letteratura di, e sulla gente di colore, sugli afroamericani; cosa che non è vera. La letteratura esisteva, e così pure la sua storia; ma non venivano insegnate nelle nostre scuole, non erano oggetto di analisi. Si trattava quasi di letteratura underground, clandestina. In ogni caso io allora, a Lorraine, nell'Ohio, dove abitavo, di letteratura di colore non ne vedevo quasi; e quel poco che mi capitava tra le mani era letteratura di contestazione, che cercava di convincere il lettore. Si avvaleva inoltre di una "voce" che preferiva indirizzarsi a chi non faceva parte della nostra comunità e della nostra cultura. Come se fosse più importante - e sono sicura che allora fosse giusto così ... - persuadere e con vincere, e così pure mettere in mostra il nostro cuore, e gli elementi della nostra cultura, a uso dei bianchi d'America. Cosicché io mi sentivo spogliata e privata della mia cultura; provavo la necessità di conoscerla e frequentarla in modo diretto e personale, esclusivo, quasi viscerale. Avevo bisogno di toccare con mano i nostri "testi sacri". È stata l'esigenza di quel tipo di letteratura che mi ha spinto a scrivere; perché solo così avrei potuto leggere le pagine di cui più avevo bisogno. La mia vera educazione è consistita nello spogliarmi dell' educazione ricevuta, nel tentativo di liberare il linguaggio dalla polvere che lo soffocava, ridandogli forza e freschezza, potere, magia. Ho dovuto espellere dalle mie pagine lo sguardo dell'educatore, che era bianco; lo sguardo del giudice, che era bianco. Ho dovuto così ripercorrere molto cammino a ritroso, fino alla mia adolescenza e alla mia infanzia, per riscoprire e riprovare cosa fosse per me la vita, allora; e non solo nella mia immaginazione. Ho dovuto "ricostruire" la vita della mia famiglia, della nostra comunità, per capire cosa vi fosse di gratificante, cosa fosse stimolante; o cosa invece fosse problematico e fonte di paura. Ecco in cosa è consistita la mia vera educazione. I miei genitori sono stati molto importanti nella mia vita. Non mi hanno aiutato a capire cosa volessi fare, a scegliermi una professione; e questo proprio perché le loro preoccupazioni principali erano immediate, pratiche e quotidiane, di natura economica. No, i miei genitori mi hanno offerto insegnamenti molto più profondi; e cioè mi hanno trasmesso le informazioni sulla vita delle loro famiglie, e mi hanno fatto dono della forma di espressione da loro usata. I loro racconti, i loro aneddoti, la loro scelta di "strategie narrative" al fine di insegnare, di sottolineare, di modellare una particolare sensibilità morale. Inoltre, mi hanno dotato di una lingua; una lingua possente, intensa, ricca di immagini. Mi ha sempre infastidito osservare come il modo degli afroamericani di parlare l'inglese sia sempre stato considerato non solo poco educato, o sgrammaticato, ma proprio privo di valore e di interesse. A me sembra vero il contrario; e cioè che tutto quello che è veramente vivace e nuovo nella lingua inglese americana, al di fuori della terminologia scientifica o tecnologica, lo si deve alla
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